Giovedì, 31 luglio 2008
Propongo qui - su suggerimento di Enrico Pietrangeli, anch'egli presente su IE - il testo "Petali - Parole di desiderio" di Ugo Magnanti, poeta, performer, insomma artista. Rispondendo ad alcune mie perplessità, Magnanti mi fornisce le seguenti indicazioni, di cui suggerisco di tenere conto anche nella lettura, sia essa interiore o a viva voce, usando in aggiunta anche un pò di immaginazione performativa:
Si tratta di testi scritti per una perfomance realizzata a maggio e giugno scorsi alla Casina delle Civette di Villa Torlonia a Roma (v. notizia qui). La performance, e i testi, prevedevano una lettura a due voci, che ho fatto con la poetessa Sara Davidovics in veste di una sorta di eco: le parti sottolineate dei testi sono quelle lette anche dalla Davidovics, oltre che dal sottoscritto; gli apici indicano il numero di ripetizioni delle frasi, o dei versi: una ripetizione, dove c'è il 2, e due ripetizioni dove c'è il 3. Quindi gli apici non rimandano a nessuna nota, sono solo indicazioni di lettura. Confermo poi, contenutisticamente e graficamente, "con slancio lo stabilirei strasecsi".
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Lunedì, 28 luglio 2008
Una poetessa che non conoscevo, "scoperta" per caso leggendo un giornale durante le mie vacanze in Val Badia. Poetessa di lingua ladina, scrive anche in italiano e le sue poesie sono state pubblicate di recente da Einaudi. I testi qui presenti sono gli unici che sono riuscito a reperire in rete.
Giuseppe
albanese che ti alzi ogni giorno e ti separi
é tempo per una madre
e un bambino di nuovo
a scontrarsi con altri corpi
in questa terra che non vuole
chi senza origine non é piú nessuno
Giuseppe di Galilea
che ora sei di ovunque
da dove si fugge - ancora ieri
ed é giá oggi
a ficcar le mani nella terra dei tuoi padri
tra le foglie secche di alberi fucilati
questo nome ora é profugo nel mio giardino
e io pronta a serrar le porte
a te che chiedi il mio sorriso e un soldo
- come il mondo
ho violato l’anima e la tua esistenza -
questo é un attimo secolare
e chi é nessuno sono io
in questa casa a guardarti
fuori che ti allontani
il vestito di Angelina
Angelina corri a casa
c’é chi spara - e c’é chi cade -
corri corri - Angelina dal vestito
che ha le forme di chi nasce
- Angelina della vita -
dai mille volti che mi passano davanti
e altrettante disperazioni
- questo nome sono gli anni
religioni e guerre - ora come sempre -
niente cambia e troppo muore
madri e madri e Angelina
- che in Israele o in Palestina
il sentimento resta uguale -
donne gravide a far da cena
a gremire i popoli - e le preghiere
perché tornino i loro padri
Angelina corri a casa
corri corri - Angelina
delle nostre gravidanze -
quanto odio a seppellire
- e quanto pianto -
eppure oggi é recente sangue
/600 morti in Terra Santa,
dei quali 500 i palestinesi
dal settembre 2000 fino adesso
finita di scrivere il 23.V.2001/
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Sabato, 19 luglio 2008
Qualche giorno di ferie. Un pò di riposo è necessario, ma c'è tanta voglia di tornare, per moltissime ragioni. Il blog riprenderà grosso modo intorno alla fine di Luglio. Potreste approfittarne per fermarvi qui un pò più dei pochi nanosecondi che solitamente si dedicano alla scorsa di un post (eh sì, Internet è troppo veloce per la poesia, dovremmo tutti rallentare un pò). Poichè uno dei limiti dei blog è che dopo un pò non sai più cosa c'è "sotto", cioè nelle vecchie pagine, potreste fermarvi, dicevo, e dare un'occhiata in giro, credo che qualche post che merita ci sia. In oltre 260 articoli Imperfetta Ellisse infatti ha ospitato o ha parlato di:
Rina Accardo, Kim Addonizio, Alivento, Viola Amarelli, Lucianna Argentino, Alessandro Assiri, Pierluigi Bacchini, Federico Batini, Giacomo Bergamini, Miron Bialoszewski, Egon Bondy, Ives Bonnefoy, Jacopo Bosio, Gianni Buttafava, Lorenzo Carlucci, Elisa Castagnoli, Roberto Ceccarini, Fabrizio Centofanti, Enrico Cerquiglini, Sabrina Colandrea, Filippo Davoli, Francesco De Girolamo, Michel Deguy, Gabriel Del Sarto, Vìncenzo Della Capa, Joachim Du Bellay, Andrea D'Urso, T.S. Eliot, Gian Franco Fabbri, Matteo Fantuzzi, Teresa Ferri, Franco Fortini, Robert Frost, H.G. Gadamer, Gabriella Garofalo, Giacomo da Lentini, Allen Ginsberg, Georgi Gospodinov, Gruppo H5N1, Zbynek Havlicek, Domenico Jervolino, Alain Jouffroy, Donald Justice, Krzysztof Karasek, Jane Kenyon, Stefano Lorefice, Paola Lovisolo, Amy Lowell, Andrea Margiotta, Francesco Marotta, Massimo Miccoli, Jaroslaw Mikolajewski, Eugenio Montale, Asmar Moosavinia, Bernard Noel, Davide Nota, Sandra Palombo, Angèle Paoli, Carla Paolini, Cesare Pavese, Sandro Penna, Enrico Pietrangeli, Marina Pizzi, Lorenzo Pompeo, Karl Popper, Antonio Porta, Dante Quaglietta, Giovanni Raboni, Paola Renzetti, Anila Resuli, Rainer M. Rilke, Alfredo Riponi, Ghiannis Ritsos, Rosa Salvia, Giuseppe Scapucci, Alessandra Sciacca Banti, Anne Sexton, Antonio Spagnuolo, Adriano Spatola, Wallace Stevens, Roberto Veracini, Matteo Veronesi, Cristiana Vettori, Stefano Vilardo, Derek Walcott, Lorena Zaccagnino, Adam Zagajewski.
Spero di essermeli ricordati tutti. Se qualcuno vi interessa lo trovate usando la finestrella "Ricerca veloce" (motore di ricerca interno) qui a lato. Oltre le mie poesie, che trovate nella categoria Homeworks.
Buone vacanze a tutti.
Giovedì, 17 luglio 2008
Pubblico qui una piccola selezione da "Quaderni dell'impostura" di Alessandro Assiri (Lietocolle 2008), accompagnata dall'introduzione di Chiara De Luca
***
Oggi ho aria a sufficienza per dubitare di tutto, per desiderare l'inutile e rifiutare un regalo, per stare chiuso tra le mani di mio padre e sorridere dalla sponda di una foto.
Scatto da una sedia vuota detestando gli oggetti per la loro nudità, la controversia solita per parole troppo scarne,alla fine è un presente da confidare e un passato che rimorde.
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Nessun incanto potrà mai essere sincronia, non c'è meraviglia se non nel distacco.
..e quel piccolo disagio che ogni volta m'inquieta se solo ti allontani, confonde le sirene con soavi armonie.
***
..estrometto parole, mentre dovrei invece espellere pensieri.
Quel pizzico di estate che si affaccia e poi veloce schiaccia un sorriso con tutto il suo peso
e sono lì ad aspettare il volto di questa vita cannibale, che anche il vento si stanca di portare, come sempre vorrei proteggerti dalla polvere,
ma in mezzo a noi carezze timide restano appese alle mani e ogni devastante diventa permanente, sbriciolando la paura di quel cielo sbagliato.
***
Sospeso in una bolla che confondo spesso con un senso di protezione, traffico con alcune malinconie. Mi nutro di storie, di pagine interrotte, parole smozzicate dal significato ambiguo. Ogni scrittore teme l'esplicito come ogni pittore teme il vero, al confine di ogni disperazione dove si alza il velo sul risibile e tutto ritorna buffa farsa e noi saltimbanchi a giocare ai birilli.
***
..questa ostinata ricerca dell'approdo , questo contorno di terra che emerge dall'ansia.
Quale arte esiste senza migrazione, se l'immaginario è saturo come distinguere un turista da un profugo? L'essenza del viaggio è lo smarrimento, il procedere sbandando senza portare a casa il ricordo, concedere all'oblio la capacità di liberare spazio. Sono troppo ostile all'arte che trattiene, evidenzia troppa differenza tra l'esperienza e la distanza.
***
Da ciò che temo mi distacco per rifugiarmi nei luoghi del consono
gli spazi abitati di cose, di distanze conosciute
e un balcone dove godere il plenilunio
se è vigliaccheria magari me ne frego
di ogni esperienza dove non grava un capriccio, ma solo mare in odor di burrasca.
***
credevo nel comprendere nell'abbracciare tutto, lo sbocciare di un fiore , la tristezza di un lutto
..ma capire è un impotenza di fronte alla debolezza dell'agire, un esercizio di stile , un inutile frivolezza..
negli anni veloci manca il tempo per fare, per dedicare il tempo a elogiare l'errore, per svegliarsi al mattino con un cattivo sapore.
***
Al di fuori non c'è vita, solo cancelli e finestre sbarrate, solo i segnali dell'incertezza del tuo passaggio, e quell'infamia che ci scuote le spalle, per le notti ubriacate dal pretesto della nostalgia..e quanta viltà trabocca dalle mani, quanta immodestia per razzolare male. Ti nascondi dietro un velo e allora ti sorrido, nel colore diluito un’altra volta ti ritraggo.
***
Ogni tentativo di allargare un orizzonte, di dilatare uno spazio è un alibi per rimanere. Io ho un universo circoscritto da passioni brevi, il corto raggio dell'ultimo autobus, che penetra le mura sgretolate di questa città piovosa.
.. e tutte le volte che ho gridato: vado, per non sapere dire andiamo, avrei solo voluto sentirmi dire: resta.
***
Ho le mani vuote , ieri ho letto poco, così non ho niente da spiegarti e così si rischia di perdersi, perché vivi nel tempo che contraggo, nel dolore delle sillabe e in quello che non riesco a spandere. Poco più di niente e hai ragione, basterebbe carta e penna e tutte quelle verità, piccole, che raccontavo ad Anna. Non c'è niente di fertile in quelle stelle opache, solo gli istanti che passano come se tu fossi, tu che non sei perduta , ma soltanto imprevista...
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Lunedì, 14 luglio 2008
Egon Bondy (1930-2007) era un filosofo, scrittore e poeta Cecoslovacco, una delle personalità principali dell'underground praghese. Attivo negli anni '40 nel movimento surrealista, ha studiato filosofia e psicologia all'Università Carlo di Praga ed ha attraversato tutti i principali avvenimenti del suo paese, dall'invasione tedesca alla Primavera di Praga alla caduta del comunismo, avvenimenti che trovano eco nei suoi scritti (ndr).
"Nato nel 1930, Bondy si chiamava Zbynek Fišer: contrariamente a tanti non usò lo pseudonimo per celarsi ma per “denunciarsi” come ebreo… che non era. Infatti quando già nel 1948 lo spettro dell’anti-semitismo ricompare nell’impero sovietico lui, comunista sempre fuori dai ranghi, s’addossa un’identità fasulla che è a un tempo solidarietà con i perseguitati e sberleffo per l’anagrafe. E’ giovanissimo quando i comunisti sono perseguitati ma sceglie lo stesso di iscriversi al partito; è maggiorenne quando nel ’48 il suo partito va al potere e lui allora ne esce. Un tipino contro-corrente e dotato d’un certo coraggio. Da feroce oppositore del socialismo-formicaio di dipendenza sovietica non ha vita facile: vive di lavori occasionali, pubblica in clandestinità, fra minacce e tentativi di ricatto. Quando nel 1989 il “socialismo reale” perde la partita, secondo Fišer-Bondy è il momento giusto per inventare un Partito dei comunisti libertari. Una vita fuori dai ranghi". fonte: www.carta.org, che ringrazio
(gli altri poeti dell'est pubblicati sono reperibili con il tag corrispondente)
Continua a leggere "Poeti dell'Est 7 - Egon Bondy"
Venerdì, 11 luglio 2008
Sì, lo so, è come sparare alla Croce Rossa e se ne è già parlato a sufficienza, ma anche i poeti ridono e poi è troppo divertente questo Bondolizer 1.0 beta, ovvero il Generatore automatico di poesie di Sandro Bondi (Automated “Bond River Anthology”) nello stile del nostro Ministro della Cultura (trovate il marchingegno qui). Del Bondi è già stato pubblicato un florilegio nello stesso blog Il Gambero Rotto (anch'esso assai divertente) e anche, tra gli altri, in La Poesia e lo Spirito (v. qui)
Giovedì, 10 luglio 2008
Un articolo di Andrea Cammilleri su La Repubblica di lunedì scorso (v. più oltre qualche estratto), in cui lo scrittore dava conto della pubblicazione di tre Meridiani Mondadori dedicati alla Scuola Siciliana, mi rimanda ai bei tempi in cui studiavo filologia romanza e glottologia e avevo la fortuna di ascoltare menti indimenticabili come Tristano Bolelli. Con la Scuola Siciliana (1230 - 1250 ca.) andiamo alle radici non solo della nostra poesia, ma della nostra stessa lingua, quando, come dice Cammilleri, le parole erano nuove, non erano ancora state sprecate e scialacquate, ancora non avevano perso peso e colore. Continuo a pensare che non sia possibile prescindere da queste nostre radici, vicine o lontane nel tempo, almeno come dato storico e culturale. Che le si chiamino bacino culturale o tradizione, solo conoscendole si può amarle o odiarle, rigettarle o usarle in maniera dinamica come risorsa creativa. Da questo punto di vista mi sembra che ci sia fin troppa ignoranza...
Continua a leggere "La Scuola Siciliana"
Martedì, 8 luglio 2008
Francesco Marotta ripropone su La Poesia e lo Spirito (v. qui), con alcune aggiunte, i miei testi che aveva ospitato sul suo blog La dimora del tempo sospeso (Rebstein) qualche mese fa. Si tratta di poesie che appartengono a periodi anche molto distanti tra loro, cosa che credo si intuisca abbastanza, e tra esse qualcuna mi piace di più, qualcuna di meno, e forse oggi andrebbe scritta diversamente. Tutte le poesie che scrivo hanno una data, che qui è stata volutamente omessa. Se c'è un filo che le unisce spero che emerga per le solite vie traverse che la poesia percorre...
Ringrazio Francesco per l'amichevole attenzione e il patron Fabrizio Centofanti per l'ospitalità.
Sabato, 5 luglio 2008
Artista plastico molteplice, Georges Rousse associa la fotografia alla scultura, alla pittura o al disegno; sceglie luoghi d’abbandono, siti industriali in disuso, edifici disertati, lasciati all’oblio, già preda del silenzio . Negli anni 80 inizia a dipingervi sui muri presenze umane, figure in movimento portate dal respiro della sua figurazione libera. Le pitture si inseriscono nello spazio ispirandovi nuova vita; le loro silhouette incominciano a circolare in quei luoghi restituendoli al mondo dei viventi. Più tardi, a partire dal 1983, è la concezione astratta della visione architettonica ad essere investita; sono i volumi geometrici aggiunti come forme virtuali al luogo reale in una ridistribuzione dello spazio giocata sulla luce. Tali installazioni effimere sono, infine, fissate dall’istante ultimo e unificante dell’immagine fotografica. La fotografia in Rousse lascia traccia come una vera e propria “scrittura della luce al suo ultimo passaggio”.
Attraverso alcune immagini …
“Ho fatto una serie di immagini in Italia che si chiamano Embrasures dove gli spazi sono totalmente rossi e monocromi. Ho amato questa sensazione forte del rosso che è veramente uno spazio interiorizzato, e, allo stesso tempo, visivo e fisico. ” Siamo nel fuoco, chiaramente dentro la brace. C’è l’esperienza intima che si prova in questo faccia a faccia con il colore, immersi dentro la sostanza del rosso, a stretto contatto con la sua energia, la sua vibrazione incandescente quando gli interni del luogo iniziano a funzionare come una camera intima, proiezione dentro il sé, luogo di passaggio costante tra l’architettura e il corpo. A Latina nel 1987 George Rousse trasforma lo spazio attraverso l’immersione in un rosso monocromo; nella solitudine della luce vi fa sentire lo spazio come qualcosa di intimo, abitato e vivente, trasformato dalla sensazione che il colore imprime sulla vostra pelle. Il luogo diviene uno spazio sacro, essenziale e esistenziale. Si entra nell’opera come in un viaggio simbolico penetrando al più interno di sé stessi. Scrive a questo proposito Rousse: “Attraverso le mie foto cerco di ricreare, di riprodurre questa possibilità di entrare nell’immagine, nello spazio e che sia una relazione interiore e non semplicemente un’azione o una reazione visiva”. Si entra in questa camera rossa monocroma camminando attraverso corridoi che seguono ad altri corridoi e si è come portati, ad occhi chiusi, a contatto profondo con il sentire del corpo, verso questa regione del silenzio che confonde o espande i limiti della nostra percezione. Nulla è aggiunto, nulla di superfluo; solo la luce è sufficiente a creare un’incidenza sulla scena aprendo dei passaggi virtuali che conducono dall’interno all’esterno di sé.
Assenza Il vuoto e la sua materializzazione nello spazio. Usare la fotografia come “mezzo per” appropriare, tradurre, pensare, dare forma al vuoto in sensazioni visive. “Scrutando ogni porzione dello spazio ho capito che il vuoto era troppo grande e che bisognava in qualche modo riempirlo. O al contrario che bisognava rompere per ricostruire. Maniere di occupare lo spazio diversamente”.
Architettura,pittura, fotografia; “ Ho iniziato con la fotografia per cercare di sviluppare il mio proprio percorso;le mie referenze erano i grandi maestri americani della foto di paesaggi, d’architettura. poi ho desiderato intervenire direttamente sullo spazio fotografico propriamente detto. Non sull’immagine ma sulla realtà stessa. Ho dunque cominciato a dipingere dei personaggi sui muri. Come la proiezione dei miei sogni. Ho sentito che c’era una forte relazione tra lo spazio e la pittura e che questa traspariva attraverso la fotografia.”Le installazioni si nutrono dei luoghi che investono: restano “all’ascolto” dei rumori, delle sensazioni ma anche della materia, dei muri, degli accidenti che irrompono dal caso. Improbabili, incerti, sfuggenti, si rendono intangibili allo sguardo fino all’istante in cui sono captati dall’immagine fotografica.
Nudità Porte socchiuse, finestre aperte verso il cielo, l’idea di incandescenza, di purificazione, di un fuoco che purifica. Dare al luogo la potenza e l’aurea del vuoto. Come se quel vuoto diventasse completamente posseduto, abitato dalla luce e dal colore. Un luogo svuotato da ogni presenza umana e che possiede l’immanenza di quello che non è più, come in un sogno o in una visione. La materia si riduce a “l’evidenza luminosa del luogo”. E’ un po’ questa immagine effimera, quasi inesistente, appena percettibile che ci riporta in qualche modo all’a-luogo di una “profondità primordiale”, necessaria per dare senso alla nostra esperienza presente. Quello che la fotografia riesce a catturare. Attraverso lo specchio; traversata che resta la condizione essenziale di tale spostamento. Dallo spazio visibile al luogo visivo dell’immagine. Attraverso lo specchio.
Luce Fare astrazione del luogo per liberare la creatività del suo potenziale invisibile in una visualizzazione immaginativa. La luce lo espande, lo de-materializza. Quando qualcosa mi colpisce di uno spazio ci sono rapidamente linee che iniziano ad affiorare, in controluce, a prendere forma non ancora visibili a questo stadio ma di cui si percepiscono già i contorni vaghi, che appaiono e scompaiono a tratti. A poco a poco diversi rapporti di forza si disegnano. I luoghi non ci appartengono veramente: dobbiamo attraversarli temporaneamente, entrare nel loro ciclo vitale, inserirci nel loro respiro, prolungarne la vita che non posseggono più anche a costo di passare attraverso la loro distruzione. Se ci appaiono morti dobbiamo portarli verso un altrove vivente, risvegliare in loro quel respiro.
Traccia, colore. Un’apertura, semplicemente un’apertura. Una camera inondata di luce. Il riflesso di quella luce continua a fare schermo, a irrompere verticalmente e orizzontalmente nello spazio, a creare linee, improbabili figure. Svuotato e poi saturato dalla potenza del rosso monocromo esso si riveste di un’aurea,il sacro della sua forza spirituale.
Parole, scrittura, poesia visiva nello spazio
La poesia entra nella materialità del luogo. Rintracciare attraverso la presenza dei quattro elementi l’idea di creazione. La parola “Gaia” dal greco significa terra; “acqua” é l’idea di trasparenza, liquidità infinità. “Light” è la luminosità ma anche leggerezza. L’aria infine: inconsistente, vacua, effimera, vuota ma anche aerea, leggera, volatile, in mutazione costante, inarrestabile. Le parole: un altro modo per abitare lo spazio, qui attraverso la poesia.
Emergenze E’ in questi spazi vuoti che incomincia a proiettarsi una visione. Un’immagine approda in superficie come fosse sovrapposta a questo fondo disabitato, giocata in una tensione estrema tra “emergenza” e “sparizione”: la rivelazione di qualcosa che si lascia intravvedere inatteso, imprevedibile, ancora avvolto nei limbi dell’informe dai quali si è staccato a fatica come per un movimento sotterraneo, in controluce e inevitabilmente nutrito della propria morte. In questi spazi vuoti, disertati tutto può iscriversi, accadere; l’immagine può divenire visibile nella sua integralità, nella sua integrità, infine. Una superficie altra rispetto a quella nella quale ordinariamente si iscrivono le cose. La creazione su una scena sarebbe la riunione tra queste due superfici: il reale e l’irrazionale, il segreto e il manifesto, il visibile e l’invisibile. Ci fanno pensare a movimenti ampi, lenti, d’una semplicità estrema, indicibile : li percepiamo nella loro vastità e nel loro silenzio e che generano il vuoto di un “lasciare apparire”: movimenti in “togliere” in lasciar venire, fatti per aprire spazi per esistere, per esprimere.
Altre immagini dell'artista: http://www.georgesrousse.com/accueil.html
(gli altri aticoli "Riflessioni sull'arte" di Elisa Castagnoli sono reperibili seguendo i tags corrispondenti)
Martedì, 1 luglio 2008
Come avevo già annunciato, sabato scorso, presso la sede dell'Archeoclub di Sermoneta (LT), è avvenuta la presentazione del libro di Roberto Ceccarini "Giorni manomessi", edito da L'Arcolaio. Pubblico qui una piccola selezione dei testi, accompagnati dalla mia prefazione. Con l'occasione ringrazio i sermonetani, gente amante della cultura e di straordinaria ospitalità.
da La guerra sparita
il vero guaio della guerra moderna
è che non dà a nessuno l’opportunità
di uccidere la gente giusta
Ezra Pound
alzarsi in ore antelucane
prima del cannoneggiamento,
prima che si faccia la storia,
che negli ospedali psichiatrici
venga su l’odore dell’orzo
(del nord di Franz Stangl ).
tentare una sterile alzata,
dove pretendere una luce purissima,
che ci tenga al riparo da cose veloci
che battono il tempo, senza avere tempo.
dobbiamo fare i conti, dicevi: sfollare cimiteri.
un lavoro semplice, in comodato.
tua madre parla. mia madre ascolta.
a quest’ora il paese indossa il sole
e comunica da una radio a galena.
fare i conti, dicevamo.
con tutto e tutti.
disabitare le attese, le pretese.
passare come un sonnambulo
dinanzi all’ennesimo cadavere,
dentro le ombre, di un lavoro
tragicamente a cottimo.
*****
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