Il tocco abarico del dubbio – Angela Caccia – Fara Editore, 2015
Molta poesia ha interesse a trasformarsi in un dialogo vivo e profondo tra le persone e le cose attingendo alla natura e ai valori esistenziali. I
contenuti, quindi, diventano fatti tangibili che rievocano la memoria cogliendo sentimenti e necessità. Alcuni testi poetici passano dalla riflessione alla
narrazione in modo ininterrotto così come accade per Il tocco abarico di Angela Caccia. Il contributo ideologico della silloge, divisa nelle
cinque sezioni, approda in un universo poetico che sfida le tendenze creative, ma mira a evidenziare la propria fedele visione del mondo/poesia con
l’utilizzo armonioso e intimista della voce ritmata/musicale. La scelta del racconto, in quanto movimento, consente a chi versifica di avere una locazione
di privilegio rispetto a chi legge: infatti l’autrice cristallizza ciò che è mutevole nel nostro tempo, affinché tutto possa essere accessibile all’essere
umano moderno. Tutto è incarnabile: le forme comunicative del dubbio corteggiano il grave peso del silenzio e della solitudine esistenziale e molto spesso
ciò accade perché l’essere umano vive l’orfanità o l’abbandono del Mistero.
Fantasie
Lo stesso copione: piove.
È un tempo che strina a
puntino le piume
e poi le tarpa
serrate le porte
che il dolore non vada oltre.
Su di lui
come sciacalli
un girotondo di mosche.
Lo sguardo su una cartolina
profana il reticolo di falso
mi perdo nel notturno di un paesaggio
una carezza la colatura della sera
– quant’è quieta la luce di una finestra accesa! –
sono io quell’orma nel vicolo cieco?
io l’ammasso di venti senza scampo?
Anche qui
ulula un randagio
prega la sua luna
resta la notte.
*
E non è la mia pena
a mia madre
C’è un paese in me
che non conosci
periferia
fessure di cielo
si dimena
un vento di conchiglia che
maledice le sbarre.
Dove cadi nelle tue secche,
cosa popola la mente limosa,
difficile raggiungerti
esserti mano voce sguardo
si scioglie il grumo
– l’ultimo che ti tempesta –
e non è questa la mia pena.
Sei il verso già scritto
che ritorna,
un’ossessione
la mia compagna di viaggio
ma non è la mia pena.
Nell’ultima stesura del racconto
la tua penna scrive a tratti,
nel solco bianco le piume
di un’aquila che muore
e non è la mia pena
chi reggerà fino a lì il tuo passo?
*
Scemerà il vento
non riempirai più la finestra
cadranno le mie sbarre
sarai altro
altrove
nell’incavo di mani più grandi
(Angela Caccia è nata e vice a Cutro (KR). Tra i concorsi vinti: Piazzetta (Salerno), Siracusa, Feile Filiochta Internationale Poetry
Competition 2003 (Dublino), Fiurlini (Olanda), Colapesce 2012 (Messina), medaglia Presidente Repubblica al premio Insanamente 2012 (Rimini), Convivio 2012
(Giardini Naxos). Nel Fruscio Feroce degli ulivi (Fra 2013, prefato da Davide Rondoni, ha vinto il Premio Massa Città fiabesca e il Concorso Città di
parole Firenze; II class. al Premio Pascoli Barga; III class. ai Premi Di Liegro 2013 e Camposampiero 2014).
Poesie della fame e della sete – Francesco Iannone – Ladolfi Editore 2014
Un buon libro di poesia non ha età perché dialoga continuamente con il passato e con il presente e sicuramente anche con il futuro. Un buon libro di poesia
ha diverse esistenze perché riesce a delineare differenti tratti di generazioni e sopravvive alle idee, alle immagini. Ecco cosa accade quando la poesia è
viva, sorprende, è forza espressiva della parola, è ‘un’operazione interiore’ (C. Mitosz). Francesco Iannone nel suo libro dal titolo Poesie della fame e della sete – Landolfi Editore 2014, impiega robusta immaginazione per narrare il mondo. L’autore tratta la quotidianità
domestica e gli accadimenti familiari con meditazione e vitalità stilistica ora surreale, ora sacrale, quasi in modo fanciullesco, ma non puerile, come a
voler entrare in contatto intimo con lo stupore, con la polpa più pura delle cose, così come solo la nervatura dell’animo del poeta può fare. Le intuizioni
estetiche, i guizzi poetici, il verso essenziale hanno il potere di far trasformare gli oggetti e le persone: noi stessi diventiamo materia primaria del segreto, della visione che lavora nella mente del poeta. In quest’opera prima, l’arte realizza le proprie premesse e le svolge nella maniera più
vera, piena.
Perché solo non morire conta
in quest’aria provvisoria d’autunno
che accarezza gli alberi e poi li spoglia
come fossero una donna bella.
La resistenza al nulla è una lotta
che lascia ferite e tagli
è un labbro squarciato da un pugno
è un figlio espulso da un utero contuso.
Ci sono case che accolgono chiunque
e finestre che restano chiuse per sempre.
*
Imito il crollo
di un tetto sconfitto dal peso
il laccio del vento stretto
intorno al collo delle foglie
imito il sole disceso
a far meno freddo l’inverno
a vegliarlo in silenzio nel sonno.
Tremare è utile, dici, conviene,
lo documentano le cose
tutte contratte in attesa dell’estate.
*
Ma qui, in questa vita, dimmi
se il colpire del vento significa qualcosa
se il volteggiare di un uccello nell’aria indica una via
e il sanguinare di quell’albero
ferito da un auto all’improvviso
perché non lo sana questo primo sole estivo?
Dimmi, ti prego,
se infine tutti insieme partiremo
e nei sedili stretti ci terremo
le mani come a stringere un patto
un fiore morto che riprende a respirare da solo.
*
Chissà se per sempre avremo
la disponibilità dell’erba a accettare un peso
la gioia dell’uccello sceso a baciare la terra
mentre piroetta in cerca di cibo.
E poi chissà se un giorno guariremo
da questo male che non placa, non perdona,
se ancora con le unghie gratteremo
le ferite vecchie fino a farle sanguinare di nuovo
se pure ascolteremo gli alberi cantare e i gerani
dai colori vari sorridere a primavera.
Chissà cosa genera un seme e poi perché
quel fiore muore, così, senza un motivo,
senza una ragione?
(Francesco Iannone è nato a Salerno nel 1985. Suoi testi sono apparsi su numerose riviste, fra cuiClanDestino, La Clessidra, Italian Poetry Review e Gradiva. È incluso nell’antologia La generazione entrante. Poeti nati negli anni ottanta (Ladolfi, 2011, a cura di Matteo Fantuzzi, nota critica di Massimo Morasso). Ha pubblicato
la silloge Pietra Lavica sulla rivista Poesia, introduzione di Maria Grazia Calandrone. Poesie della fame e della sete (Ladolfi,
2011, 2012, 2014, premio L’Aquila opera prima, finalista premi Beppe Manfredi e Penne) è il suo primo libro. Collabora con la rivista Atelier).
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