Giovedì, 7 aprile 2016
Pubblico qui qualche testo da un libro pubblicato qualche anno fa, nel 2009, e che ho letto nella sua interezza solo di recente, con un ritardo un po' colpevole perché ritengo che sia oggi indispensabile (e chi mi conosce sa quanto raramente usi questa parola), mentre era certamente necessario quando uscì. Si tratta de "Il commento definitivo- Poesia 1984-2008", antologia di opere di Jean-Jacques Viton a cura di Andrea Inglese (Ed. Metauro, 2009), che firma anche il bello e illuminante saggio introduttivo (che è possibile leggere per intero QUI), arricchita da una postfazione di Nanni Balestrini, 23 glosse ad un'autobiografia perduta di J.J.V. con omissis (...) voluti dallo stesso, in realtà una prova poetica in piena sintonia con l'autore a cui rende omaggio. Come ho detto altre volte in passato, ogni selezione - compresa questa ovviamente - è arbitraria e feroce, a maggior ragione nei riguardi di un autore come Viton. Cosa di cui Inglese è perfettamente consapevole quando scrive:"A partire dal tema del viaggio, ad esempio, ognuno dei libri citati costruisce non solo uno specifico percorso testuale, fatto di richiami e relazioni interne, ma soprattutto una propria modalità stilistica, ritmica e narrativa di definire il viaggio stesso. È quindi a livello del singolo libro e non del singolo testo poetico che si deve comprendere e valutare il lavoro di Viton. Ogni testo, che sia breve o lungo, è costantemente inserito in una rete di relazioni con le altre serie di testi (capitoli o sezioni). Questo fatto, di conseguenza, rende particolarmente delicata l’operazione selettiva di tipo antologico. Ciò che si rischia di perdere è la connotazione particolare che la serialità delle sezioni proietta su ogni singolo testo, privandolo dello sfondo di variazioni e riprese in cui è inserito". Non ostante questo, cioè che quello qui trascritto non è Viton e non è solo Viton ma solo una sua "parte", una lettura anche forzatamente rapsodica di questo autore è oltremodo stimolante e coinvolgente, se si presta ascolto o si cerca di intravedere il "testo poetico ininterrotto" sotteso all'opera di Viton, la sua "mobilità perpertua del punto di vista" in una "prospettiva documentaria e allucinata" che prende in esame "l'evidenza idiota e opaca del mondo" e i suoi scarti, come puntualmente annota Inglese. Ho cercato pertanto di riproporre una intera sezione dell'antologia, credo mai pubblicata prima in rete, proprio per rendere per quanto possibile quella continuità a cui accenna Inglese. La sezione è tratta da Patchinko (2001), il cui titolo fa riferimento al noto flipper verticale giapponese. I titoli dei brani sono a tutti gli effetti delle indicazioni musicali, si suppone di "esecuzione" del testo da parte del lettore. Altri testi di Viton da "Il commento definitivo" sono reperibili QUI, QUI, QUI e QUI.
Continua a leggere "Jean-Jacques Viton - da Il commento definitivo"
Mercoledì, 18 aprile 2012
Lunedi 23 aprile pros simo Andrea Inglese sarà ospite del Dipartimento di Lingue e Letterature Romanze - Laurea in Traduzione dei Testi Letterari e Saggistici dell'Università di Pisa (v. locandina completa QUI). In quell'occasione Inglese, attento interprete della poesia contemporanea francese e dello scambio sempre vitale tra quella e la poesia italiana, introdotto da Alberto Casadei, parlerà del suo libro "Commiato da Andromeda" (Valigie Rosse, 2011, Premio Ciampi), parte di un più ampio lavoro che ha per centro la città di Parigi, e leggerà e commenterà testi tratti dalla raccolta di Jean-Jacques Viton "Il commento definitivo - Poesie 1984-2008" (Metauro, 2009, postfazione di Nanni Balestrini) che lo stesso Inglese ha tradotto e curato. Seguirà un laboratorio di traduzione che avrà per oggetto un componimento di Viton, "la chute ne s'improvise pas".E' possibile leggere testi di Viton QUI e QUI, mentre la prefazione della stesso Inglese a "Il commento definitivo" è reperibile QUI. Un brano tratto da "Commiato da Andromeda" è invece reperibile QUI.
Venerdì, 18 marzo 2011
L'aver incrociato per caso, secondo le dinamiche oscure e virali che (ir)regolano Facebook, un tipo dal bizzarro nickname di Leo Earrings, mi ha riportato alla memoria qualcosa che avevo letto (e scaricato) tempo fa, mi sembra su Absolute Poetry. Si tratta di Dismissione di Fabio Orecchini (ecco qua!), che poi ho scoperto essere diventato un libro, uscito per Polimata nel 2010 con postfazione di Andrea Inglese. Ne propongo alcuni brani, tratti dal documento che avevo, ignorando però se poi corrispondano alla stesura definitiva su carta. Sono comunque già sufficienti per farsi un'idea di un libro in cui l'idea "politica" e quella poetica del canto trovano un significativo equilibrio e un potente impatto. Inutile definire questa come poesia della crisi o poesia civile o chissà cos'altro. Quello che conta, qui e ancora, è l'istituirsi della poesia come mezzo altamente titolato di denuncia e di indagine della realtà sociale, di uno spirito del tempo, buono o problematico che sia. E mezzo, bisogna aggiungere, flessibile nei modi e nei linguaggi, capace di "sporcarsi" (o contaminarsi, dice Inglese) senza perdere la propria peculiarità. Capace di riappropriarsi di un territorio. Di narrare.
La dismissione è un libro che […] ci introduce in quella zona incerta che sta tra oblio e attualità, tra testimonianza orale e ricostruzione storica, tra fine dell'epica industriale e inizio della tragedia post-industriale. Orecchini evoca […] la Dismissione: declino dell'industria pesante, lavoro operaio, operai uccisi dal lavoro. […] Ponendo subito l'orizzonte della scrittura ben al di là dell'esperienza individuale, in un territorio più ampio, dove si è costretti a misurarsi con le forme collettive del vivere, dalle storie famigliari alle vicende di classe. […] Orecchini utilizza dei personaggi – madre e padre – e degli interni familiari, ma non è propriamente leggibile una storia. Ciò che domina le prime tre sezioni è l'intrusione corrosiva e velenosa del mondo lavorativo nell'intimità familiare. […] Come se le figure umane sedimentassero alla stregua di sostanze materiali in seguito ad un processo di dismissione. […] Il lessico contaminato evoca una scena di contaminazione. […] È l'amianto che contamina i lavoratori, è il lavoro che più in generale infetta i lavoratori, li corrompe nel fisico e nell'equilibrio mentale, ed infine è l'artificiale che s'introduce nell'animale, lo modifica irrimediabilmente, produce un ibrido mostruoso. La fabbrica scompare lasciando dietro di sé, negli uomini che l'hanno vissuta, un'impronta devastante, l'assenza di esperienza e di ricordi. […] Fino dove l'artificiale è penetrato nella nostra intimità animale? Fin dove […] è ancora ipotizzabile una lingua autentica, al riparo dalle contaminazioni delle forme di vita tecnologiche e dei giochi linguistici ad esse corrispondenti? […] Sono tutte domande, queste[…]. Ed è proprio attraverso di esse che Orecchini ha voluto costruire il suo libro.
dalla postfazione di Andrea Inglese (fonte: sito Polimata)
da Lamine RovineII. Rovine
7:02 a.m. - Stabilimento Fincantieri
Nella nebbia più gelida la morte liquida gli alberi muti immuni tramano autunni [oltre la carreggiata] tra le righe d'asfalto asfodeli sfogliano i rami, del moto apparente della morte non resta che rame, sterminato fogliame. Dall'ovario infero un calice subnullo il frutto una bacca carnosa e rossa monospermica cade e non c'è nulla che possa fermare la sirena risuona nel tempo come lamina ondula pochi minuti forse un'ora la trave cede e non c'è nulla che possa fermare
la [ri]produzione dell'ovvio l'abitudine al male
Continua a leggere "Fabio Orecchini - Dismissione"
|