Venerdì, 5 dicembre 2014
Una recensione di Viviana Scarinci al mio poemetto "Camera di condizionamento operante" uscito nelle Edizioni dell'Arca Felice di Salerno, a cura di Mario Fresa, nell'ormai lontano 2009. Ringrazio sentitamente Viviana per due ragioni, la seconda delle quali è la più importante: per aver scritto con molta acutezza della mia poesia, cogliendone le ragioni non strettamente personali e semmai l'idea di fondo; e di aver ripreso, come mi ha detto, una vena e una voglia di scrivere criticamente di poesia, "sulla" poesia. Una cosa che sa fare bene (due begli esempi QUI e QUI) e che devo dire mi mancava un po'.
A volte la funzione di una domanda non è tanto quella di ottenere una risposta quanto di guadagnarsi un varco che schiuda sulla continuità di un discorso altrimenti discontinuo. Soprattutto se si tratta di poesia, la domanda assume di riflesso le stesse pause, ingiunzioni, esitazioni di un’inchiesta in cui non esistono risposte ma aperture su vere proprie camere di condizionamento.
Camera di condizionamento operante è un libriccino edito da Edizioni L’Arca Felice, l’autore è Giacomo Cerrai. Si tratta di un poema che fin dal titolo si rifà alla cosiddetta Skinner box che più o meno tutti abbiamo presente: quella gabbietta o scatola di vetro in cui viene posto a scopo sperimentale un topolino affamato. La gabbia è attrezzata per elargire cibo se il topolino apprende che c’è modo di averne in abbondanza. Ciò avviene secondo la forza che la cavia capisce di dover imprimere sul pulsante preposto all’elargizione. (continua a leggere QUI)
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Il poemetto è scaricabile liberamente dall'Area download (v. barra laterale destra), in formato pdf o epub. Chi desiderasse una copia cartacea può provare a contattare l'editore, ma dubito che ne abbia ancora copie. Su "Camera" aveva scritto in precedenza Daniele Santoro (v. QUI)
Mercoledì, 19 giugno 2013
Daniele Santoro ha pubblicato sul n. 55 della rivista "I fiori del male" (Maggio - Agosto 2013) una sua lettura della mia piccola raccolta "Camera di condizionamento operante", edito da L'Arca Felice nel 2009. Una recensione precisa e acuta, in cui Daniele, che ringrazio sentitamente, ha colto molti punti essenziali. Ricordo agli amici che seguono Imperfetta Ellisse che è possibile scaricare una copia digitale (in formato epub o pdf) dall'area download (v. barra laterale destra). Non so se l'editore dispone ancora di qualche copia cartacea.
Martedì, 24 novembre 2009
Roberto Matarazzo, che ha amicalmente illustrato la mia plaquette "Camera di condizionamento operante", aggiunge questa nota a margine sul suo lavoro, pubblicata anche su Erodiade, Libri e dintorni ecc. Lo ringrazio di cuore.
Presentare un lavoro sinergico svolto con l’amico Giacomo Cerrai non mi è semplice.
La plaquette, Camera di condizionamento operante, Edizioni L’Arca
Felice di Salerno, introduzione, coltissima, di Mario Fresa, e con mio
pensiero visivo oltre che con ulteriore figura in bianconero, ha
eleganza e leggerezza, poesia alta e ideatività sorprendente.
Quando G. Cerrai mi propose di contribuire al suo lavoro rimasi
piacevolmente colpito dallo stesso invito: da non critico amo, da
sempre, fantasticare nei dintorni del sentire e del successivo rendere
in metamorfosi idee e contenuti di Autori in cui credo. Ho coniato un termine che non trova riscontro in alcun buon
dizionario corrente atto a definire, per quanto le definizioni mi
stiano strette, l’artista che si cimenta con questo genere di lavoro,
ovvero il biblioiconico. Specifico che sia rendere i testi della mia biblioteca sorta di
unicum mediante applicazione di specifici fogli colorati, ex libris,
appositamente realizzati per i singoli volumi, sia lavorare su
possibili copertine di libri e/o figure interne agli stessi testi, per
me ha il medesimo sapore ancestrale dell’avvertire in profondità il
senso delle metamorfosi.
Il biblioiconico, in altri termini, è figura di artista in eterna
disponibilità a carpire possibili segreti legati all’Autore e rendere
questi misteri in forme grafiche e/o timbriche elaborate con passione e
rispetto, certo non riducendo l’insieme a mera illustrazione di opera
d’arte, mi annoierebbe e non mi intrigherebbe, ma, bensì, a lettura
sinestetica, iconica/aniconica, dell’opera e resa della stessa sotto
linguaggio altro.
Leggere in anteprima i versi non facili di Giacomo Cerrai,
catturarli nel mio immaginario, darne una doppia suite di resa, una in
bianco nero, l’altra in colori, è stata sfida che mi ha molto stimolato
sul piano delle idee e del fare, del resto le sfide semplici non
conducono che al nulla più assoluto! Ricordo sempre quando lavorai alla
resa iconica dell’Ulisse di James Joyce, metamorfosi novecentesca
dell’Odissea di Omero, a sua volta metamorfosi (in)certa di poemi
perduti tra il Mediterraneo e i deserti del Medio_Oriente, e alla
relativa difficoltà del voler rendere in colori la estrema qualità
letteraria del volume (mitica edizione Mondatori collana Medusa) e alla
gioia infinita di averne data reinterpretazione originale e non
retorica, segni evidenti di aver assimilato la vera lezione Joyciana
che mai ha copiato Omero per averlo realmente compreso negli stimoli
ideativi.
Dunque l’essere Biblioiconico o, meglio, porsi da, e nei riguardi
dell’Amico ha voluto dire per il me artista prima sentire in profondità
il senso poetico dei versi amicali, poi la sottile introspezione che
trasforma i versi stessi in segni e figure, poi la resa su fogli di
questa ultima metamorfosi, per poi percepire l’insieme e leggere nei
colori i versi, vedere nei versi i colori.
Grazie, Giacomo, per avermi coinvolto in questo lavoro emozionante, immaginifico.
(v. qui i Fogli di Finnegans Wake di R. Matarazzo)
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