Lunedì, 5 marzo 2012
Ugo
Magnanti è poeta militante, uno che si esprime non tanto sulla carta
quanto "facendo" la poesia in interventi, manifestazioni, letture, idee e
immaginazioni. Per cui non lo trovi molto su carta, in libretti
minuscoli e deliziosi, edizioni fuori commercio, plaquettes legate a
mano. Ma se sei fortunato lo puoi trovare appeso a un paracadute (per
fortuna non tutti i giorni) mentre atterra declamando versi contro la
centrale termoelettrica Turbogas di Aprilia o in cicloturismi poetici in
giro per l'Italia oppure impegnato a mettere insieme coppie di
assortiti versificatori o ad osservare quel mare tra Anzio e Nettuno
sempre presente nella sua poesia. Perciò può forse essere un understatement,
da un punto di vista espressivo, limitarsi a leggere qui alcuni dei
suoi testi, non avendone a disposizione la presenza corporea e la
capacità di comunicare in maniera non verbale, non lineare. Ma tant'è.
Forse è per questa vena performativa che Magnanti
pone la sua poesia su un limite, come su una soglia. I vuoti, la palese
lentezza della dizione in questi versi suggeriscono il gesto (o i
gesti), la pausa sospensiva dell'attore. I testi sono spesso leggeri,
tramati, si accendono e spengono velocemente, ristanno indecisi sul
limitare marino di un silenzio definitivo, o sostano a meditare su
qualcosa che sta tra l'elementare (detto in senso materico) e
l'indicibile ("lasciammo le conchiglie dentro un certo / recipiente di
vetro, senza vento, / senza un nome, né greco né latino: / su questo non
ci parve avere dubbi" in Venti risacche). Altre volte, in
testi più ampi e "respirati", Magnanti investe e riveste il reale, il
sociale, di uno sguardo decentrato, di un pensiero laterale che
soffermandosi apparentemente sul marginale rivela invece cose nascoste,
la possibilità che il testo medesimo o la poesia in genere possa
svoltare verso altri impensati esiti. In tutti i casi rimane perspicuo
(e perciò parlo di soglia) "il suadente impulso di oltrepassare la
pagina scritta", come dice Magnanti in una intervista. La poesia non
appare quasi mai conclusa, conchiusa, l'impulso è condiviso con chi
legge, anche se in questo oltrepassare ognuno forse si immagina il
territorio che vuole. Che è la nota di fondo migliore che si possa
lasciare in bocca ad un lettore di poesia.
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Martedì, 11 agosto 2009
Un testo di Ugo Magnanti, poeta già presente su Imperfetta Ellisse (v. qui), in questa occasione in versione non solo post futurista, come dice lui, ma anche esplicitamente dannunziana e - lasciatemi aggiungere - un pò rompicollo.
Il testo è stato scritto e recitato, insieme ad altri, "in occasione di una performance di poesia [da lui] ideata e curata, "Icaro e Dedalo: Ditirambi No Turbogas", svoltasi domenica 21 giugno 2009, solstizio d'Estate, presso l'aviosuperficie Arma di Nettuno, a sostegno della protesta contro la costruzione della pericolosa centrale termoelettrica Turbogas di Aprilia. Insieme ad Ugo Magnanti, altri due poeti, Vitaldo Conte e Marcella Boccia, hanno dato vita a un evento d'arte, offrendo la propria poesia sul campo di atterraggio dell'aviosuperficie, dopo essere stati paracadutati con un lancio tandem.
Un reading venuto dal cielo, letteralmente, e che si è proposto di attirare l'attenzione sulle ragioni di tale dissenso presso la più ampia cittadinanza possibile, coniugando per la prima volta non solo in chiave simbolica la poesia e il volo, uno dei topos più affascinanti della letteratura.
A due anni dalle "Poesie vomitate contro la Turbogas", la poesia ha tentato di esprimere ancora, con le modalità della performance, la ferma disapprovazione nei confronti di una politica energetica sbagliata, e nociva per la salute, che non riguarda soltanto questo territorio, ma l'intero Paese.
I tre poeti-Icari sono scesi dal cielo guidati da tre paracadutisti-Dedali dell'associazione sportiva "Crazy Fly", in un'azione poetica di ascendenza futurista che si è realizzata come discesa metaforica di ispirazione civile, e come gesto progressivo proprio in quanto contestatario rispetto a un'industria energetica passatista, nell'intento di declinare in termini ecologici l'idea di volo, una delle icone del Futurismo, di cui proprio quest'anno ricorre il centenario".
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Giovedì, 31 luglio 2008
Propongo qui - su suggerimento di Enrico Pietrangeli, anch'egli presente su IE - il testo "Petali - Parole di desiderio" di Ugo Magnanti, poeta, performer, insomma artista. Rispondendo ad alcune mie perplessità, Magnanti mi fornisce le seguenti indicazioni, di cui suggerisco di tenere conto anche nella lettura, sia essa interiore o a viva voce, usando in aggiunta anche un pò di immaginazione performativa:
Si tratta di testi scritti per una perfomance realizzata a maggio e giugno scorsi alla Casina delle Civette di Villa Torlonia a Roma (v. notizia qui). La performance, e i testi, prevedevano una lettura a due voci, che ho fatto con la poetessa Sara Davidovics in veste di una sorta di eco: le parti sottolineate dei testi sono quelle lette anche dalla Davidovics, oltre che dal sottoscritto; gli apici indicano il numero di ripetizioni delle frasi, o dei versi: una ripetizione, dove c'è il 2, e due ripetizioni dove c'è il 3. Quindi gli apici non rimandano a nessuna nota, sono solo indicazioni di lettura. Confermo poi, contenutisticamente e graficamente, "con slancio lo stabilirei strasecsi".
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