Domenica, 6 maggio 2018Europa in versi: il festival e alcuni testi degli ospiti![]() Come tutte le volte che mi è possibile pubblico per gli amici di IE una discreta selezione di poesie dei partecipanti, ringraziando con l'occasione Laura Garavaglia, presidentessa del Festival e della Casa della Poesia di Como, e gli autori per la concessione dei testi. I POETI DEL READING Ion Deaconescu
nasce nel 1947, è poeta, scrittore, romanziere, critico letterario e
traduttore. Si è laureato alla Facoltà di Lettere dell'Università di
Bucarest e alla Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Craiova. È
docente presso la Facoltà di Scienze Sociali della stessa città. La sua
poesia affronta spesso il tema dell’amore con toni lirici. Il suo sguardo
si allarga anche a riflessioni sul senso della vita e sull’esistenza di
Dio. È stato tradotto in moltissime lingue tra cui: francese, italiano,
portoghese, serbo, macedone, inglese, turco, ungherese. Ha pubblicato oltre
cinquanta volumi tra poesie, romanzi, critica letteraria e traduzioni,
ottenendo numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali, quali il
premio Racin e il premio Trieste Poesia. È presidente dell’Accademia
Internazionale “Mihai Eminescu” e direttore del Festival di poesia omonimo.
Esiste veramente Lei c’è, esiste veramente… Semplice come fuoco di stelle nel cielo d’estate La senti invadere selvaggia Sopra di te Un’altra volta calma ti accarezza le guance E le ferrite della fiducia Dopo il cessato divertimento dei cacciatori
E la preda è dimenticata, quasi ignorata.
Lei c’è.
Esiste veramente, Cambia il silenzio E frana il ponte sul quale l’arcobaleno passa Il cuore della voce palpita in un’incerta speranza E grida lo stesso silenzio in una lingua
Degna, profonda.
Sulla trasparente pianura dei sogni Lei e l’ombra hanno sbagliato la stagione
E il corpo nato dallo spazio.
Lei c’è. Esiste veramente.
All’improvviso Le cose intorno stavano invecchiando senza una spiegazione.
I vocabolari stavano avvizzendo.
All’improvviso la freccia dei tuoi occhi
che mi trapassa e poi mi fa risorgere.
Era una sera un poco strana, confusa, Troppi versi detti in piazza
in un paese di cui ho perso il nome.
Metin Cengiz
nasce il 3 maggio 1953 a Göle/Kars (ora Ardahan), in Turchia. È poeta,
editore e scrittore e, tra l’altro, membro del Sindacato degli Scrittori
della Turchia. Dopo il golpe militare del 12 settembre 1980, è stato
imprigionato per due anni perché dissidente. Durante gli anni di
insegnamento della lingua francese nelle scuole di varie città turche, è
stato mandato due volte in esilio e sospeso dal lavoro per le sue idee
politiche. La sua poesia propone temi di grande attualità come le guerre in
Medio Oriente, le contraddizioni di etnie e religioni, l’esistenza
miserabile dei poveri nella società, l’ingiustizia e la compassione, la
libertà e la sua perdita. I suoi versi sono un atto di pace, ma con una
straordinaria potenza nella difesa della libertà, della giustizia e della
fraternità. Oltre che per i suoi libri è famoso per i suoi articoli sulla
poesia. È diventato uno dei pionieri del periodo poetico post 1980 in
Turchia.
Gaza Ieri ho visto la morte, era senza ali
Era nell’aria, pioveva
Qui, tu sei a Gaza dove si è accampata la morte L’aria sembra lacerata da un coltello Il sole è un urlo cieco I suoi occhiali tacciono Gli alberi sono cadaveri
I minareti non si slanciano verso il cielo ma verso il nulla
I bambini, bambini, bambini di Gaza Strade, mercati, case piene di bambini Gaza con le sue sagome di bambini è un gigante che combatte il nemico. Bambini che cantano nel grembo della morte Bambini silenziosi come santi, religiosi come musulmani Aspettano che si plachi la voce delle pallottole Riempiranno i campi
e abbracceranno le loro morti senza ricordare la fame
Vecchie donne con tuniche Case, strade, sorvegliano la vita spalla a spalla La pazienza è dipinta sui loro volti Senza speranza, arrabbiati, tristi, vendicativi
Come un urlo che si leva al cielo
Come promesse Stanno come una parte di cielo Qui, sei a Gaza La morte a Gaza è come un gioco da bambini È come mangiare pane e olive a colazione È come l’amore dei giovani La morte a Gaza è come una statua di bronzo
A cui guardano tutte le finestre
La morte lavora come la mente di Gaza
Qui, tu sei a Gaza In fiamme Dove la morte ha ingoiato la lingua
Gaza è come un palloncino esploso
Cosa possono fare i poeti Arabi le canzoni puzzano di bruciato in Galilea
Gaza è un limone giallo in mezzo al deserto
Da un lato, è spremuto da mani invisibili Con una pressa d’acciaio Dall’altro, stanno i nemici Come una nuvola di morte Gli occhi di Gaza si sono asciugati per il pianto
Così ora da Gaza esce il cadavere di Dio. Dmytro Tchystiak
ucraino, trentenne, è poeta, scrittore di racconti, critico letterario e
traduttore, accademico e giornalista. La sua poesia è caratterizzata da una
vena surrealista che coinvolge il lettore in una dimensione onirica, dove
l’inconscio affiora con immagini di forte impatto emotivo. È professore
alla National Taras Shevchenko Kyiv University, PhD, editore presso le case
editrici ucraine “Raduga” e “Summit-Knyga” e lettore di alcuni editori
francesi e belgi. Ha pubblicato quarantacinque libri, che gli hanno portato
alcuni premi nazionali e internazionali in Ucraina, Francia, Belgio,
Germania, Grecia e Romania. Ha tradotto molti scrittori slavi e francofoni
in ucraino e circa cinquanta scrittori in francese. È membro dell'Accademia
Europea delle Scienze, delle Arti e delle Lettere (Parigi) e membro
corrispondente dell'Accademia delle Scienze dell’Istruzione Superiore
dell'Ucraina.
Fiori Ecco l'alba nel riflesso delle magnolie tremante ti elevi nello spazio ti alzi dal letto, dove siamo annegati nel diluvio morboso (con questo dolore bianco, e il grido rosso del viburno che trafigge i giovani, i notturni), anzi non ti alzi, fluttui come questo suono di clarinetto così alto che la nota raggiunge la morte, e al di là gli uccelli si svegliano e rispondono e si direbbe che una mossa sia sufficiente per esempio, aprire la finestra e tremare oltre questo taglio di luce per creare
l’alba!
Acacia Camminavi sui fiori d’acacia Senza sentire le voci della notte di primavera
Le mani incendiavano l’orizzonte
Passi tra i fiori d’acacia e risuoni di notte e di maggio
il fuoco ha preso la tua voce per agitare una candela
Il vento è calato, canta solo Un usignolo insoddisfatto Le mani bianche tendono alla luna piena E I fiori d’acacia fluttuano dolcemente tra le stelle. Claudio Pozzani
nasce a Genova nel 1961, è poeta, narratore e musicista; è apprezzato in
Italia e all’estero per le sue performance poetiche nei più importanti
festival letterari e nei Saloni del Libro. La sua è una poesia performativa
e teatrale, dove emergono i temi dell’amore, della ricerca della propria
identità, in un continuo fluire tra dimensione del sogno e della realtà.
Nel 1983 fonda il Circolo dei Viaggiatori nel Tempo (CVT), un’associazione
culturale che si occupa di arte, poesia e letteratura. Tra le tante
iniziative promosse, il Festival Internazionale di Poesia di Genova “Parole
spalancate”. Nel 2001 crea la Casa Internazionale di Poesia sita a Palazzo
Ducale a Genova. Il suo CD di poesia e musica “La marcia dell'ombra” è
rimasto per oltre due mesi nella top 20 di preferenza delle radio
indipendenti italiane. Ha pubblicato inoltre il volume “Spalancati spazi –
Poesie 1995-2016” per Passigli Editore e le sue poesie sono tradotte e
pubblicate in oltre dieci paesi.
La marcia dell’ombra
Stanno cadendo corde dal cielo
È ombra... ombra
Mi guardo attorno e vedo muri
E ombra... ombra...
Del sole vedo solo il suo riflesso
Non ombra... ombra...
Sono Sono l’apostolo lasciato fuori dall’Ultima Cena Sono il garibaldino arrivato troppo tardi allo scoglio di Quarto Sono il Messia di una religione in cui nessuno crede
Io sono l’escluso, l’outsider, il maledetto che non cede
Sono il protagonista che muore nella prima pagina Sono il gatto guercio che nessuna vecchia vuol carezzare Sono la bestia idrofoba che morde la mano tesa per pietà
Io sono l’escluso, l’outsider, il maledetto senza età
Sono l’onda anomala che porta via asciugamani e radioline Sono il malinteso che fa litigare Sono il diavolo che ha schivato il calamaio di Lutero Sono la pellicola che si strappa sul più bello
Io sono l’escluso, l’outsider, un chiodo nel cervello
Sono la pallina del flipper che cade un punto prima del record Sono l’autorete all’ultimo secondo Sono il bimbo che ghigna contro le sberle della madre Sono la paura dell’erba che sta per essere falciata
Io sono l’escluso, l’outsider, questa pagina strappata
Francoise Roy
nasce a Saint-Hyacinthe, Quebec, Canada, nel 1959. È poetessa, traduttrice,
scrittrice, geografa e fotografa. Bilingue. Cresciuta in francese ma
istruita letterariamente in spagnolo, Francoise Roy ha il tocco lieve e
preciso di chi sente la precarietà dell'esistenza e, scrivendo, osserva con
partecipazione gli impercettibili cambiamenti del quotidiano. Ha vinto
numerosi premi a livello internazionale. Ha tradotto più di sessanta libri,
pubblicato tre romanzi, due libri di racconti, tre plaquette e quattordici
libri di poesie. È stata invitata a molti Festival di poesia in tutto il
mondo.
Mamma, tanto dura, e la frutta We have lived too close for love […]. [She] has grown to be my shadow. Do our shadows love us, for all that they are never parted from us?
J.M. Coetzee (Foe)
1. Spaghetti le mie ossa, sotto le pietre levigate,
il canto rotolato dei tuoi quattromila occhi.
2. Il mio cuore di origami, piegato nell'istmo delle tue
fauci: marmorea carta, e sempre, da sempre tuo.
3. Cammello nel deserto, annuso la vicinanza di un
ristagno di acqua: mai un luogo del tuo affetto.
4. Il tuo coltello brilla nella notte dell'occhio: filo di luna
nuova, perfetta iperbole delle tue pupille.
5. Rimenbranza di me, perla viva nel suo astuccio di
calcio: quell’organo tuo, cristallizzato corpo dentro.
6. Palpavi il mio cuore, avocado nel tuo campionario.
Meraviglia di frutte fantastiche: una mela magica,
rossa e senza picciolo, dove occultare le mie arterie.
7. La tua bara, madre, con una pietra dentro, sola, dura,
quando la tua carne intorno si sarà dissolta.
Le labbra Due lune di carne rosa tra ultimo quarto e luna nuova, unite da quella strana parola, "commessura", piccola
cucitura di un solo punto per imbastirle al viso.
Tremanti orchidee del corpo, pelle scamosciata del petalo, orlo delle parole, sì, ma estranee al loro picchiettio sonoro, al loro torchio, al loro velluto, al loro acido muriatico, ai loro coloriti
sciami di note.
Il loro unico compito è il bacio. Quello di Giuda, quello dell'addio, quello del cuore che sotterrato nella sua gabbia di costole – fidanzato
di Afrodite –, sogna di sentire i loro bianchi sacramenti.
Forse Dio aprì di taglio all'uomo muto quella ferita
nel viso, dicendogli: “Parla!”.
Addendum: Sebbene possano essere descritte come la porta d’accesso dell’apparato digestivo, l’apertura della bocca, o si possa dire di esse che sono una membrana retrattile di pelle e muscoli, le labbra hanno prima di tutto una funzione seduttiva. L’azione più connotata delle labbra, dare un bacio, è un simbolo del dono di sé sul piano spirituale, riconciliazione, tenerezza, amore o venerazione (da qui l’abitudine di baciare i piedi, le reliquie e i vesiti dei santi). Le labbra simbolizzano anche il parlare e il silenzio, sebbene la fonazione non si generi lì, ma molto più in basso, e dentro il corpo. Massimo Daviddi
nasce a Firenze nel 1954, trascorre parte della sua vita tra Milano e
Luino: da diversi anni risiede a Mendrisio, Cantone Ticino. Per Massimo
Daviddi la poesia è «quanto di più inutile esista, ma un’inutilità preziosa
perché costringe l’uomo ad aderire al mondo». La città, con i suoi
itinerari e le sue scoperte, diventa motivo di confronto tra le cose
abituali e l’uomo. La prima raccolta che pubblica nel 2000 è: “Zoo
Persone”. Grazie a “L’oblio sotto la pianta” del 2005, è stato finalista al
premio Viareggio Rèpaci. Testi inediti sono pubblicati nell’“Almanacco
dello Specchio” del 2007. Con “Il silenzio degli operai”, edizioni La Vita
Felice, gli è stato assegnato il premio Federale di letteratura. Ha
partecipato al Festival Internazionale della Poesia di San Benedetto del
Tronto e a quello di Genova. Ha tenuto letture a Milano, Roma, Heidelberg,
Ginevra. Il suo ultimo lavoro pubblicato nel 2017 è “Madre Assenza”.
Oltre la ramina I Bisognerebbe ascoltarli mentre vanno indietro uno dopo l’altro a due passi dal confine, le ruote vicino alle pompe di benzina, ai rilievi della montagna, migliaia di auto con il profilo rovesciato dove il pensiero per sua natura torna alle origini, si fa passato; seguirli è utile, là le prime case, immagini devote, pietre e gradini su un piccolo giardino, avventori al bar. Sapresti anche tu di più di te, conosceresti
il senso dello stare in fila, a macchia di leopardo senza nome.
II Non abbiamo speranza, non conosciamo quale odore spinga i cinghiali oltre la ramina, dove vanno esuli a mangiare le bacche e come dicono molti a distruggere, non sappiamo perché il carosello di branchi uniti dal desiderio venga vicino alle nostre case, esca e scavalchi venendoci incontro, saltellando; quale sia la pressione del sangue, le loro aurore, quale sia la violenza
vera, come dirla.
III Le linee del campo di calcio sono state la nostra esistenza, ho iniziato a Milano su un cortile fino a Pianazzo, segreto tra le frontiere. Non si contavano le decine di maglie, l’idea di tornare a casa che dava la vittoria e a Palone grembiuli, fili di ferro, la terra e la notte. Gian Mario Villalta
è professore di liceo, saggista e narratore. La poesia di Gian Mario
Villalta indaga il reale in modo guardingo, come se qualcosa stesse per
venire a mancare, o fosse appena venuto a mancare, ma forse nessuno se ne è
accorto. Il grande protagonista è soprattutto il tempo, un presente sospeso
tra passato irrinunciabile – pur senza deliquio nostalgico – e futuro
enigmatico. Il suo ultimo romanzo si intitola “Scuola di Felicità”
(Mondadori, 2015). Da molti anni segue il panorama poetico italiano e
dedica particolare attenzione all'opera di Andrea Zanzotto, collaborando al
Meridiano Mondadori e curando l'Oscar degli scritti letterari. Inoltre
scrive poesia e vince il Premio Viareggio 2011 con “Vanità della mente” (Mondadori). Il libro di poesia più recente è “Telepatia”
(Lietocollle, 2016). È direttore artistico di “Pordenone legge: festa del
libro con gli autori”.
Quando ero ragazzo, alla fattoria, dopo il ponte, gli animali nella stalla, dentro il pollaio e il cane alla catena tutta la notte intrecciavano i fremiti sottopelle, i fiati, i sussurri al mio respiro, fino a quando mi univo sommerso nell’onda del loro sonno o quando un grido avvertiva che altri animali, selvatici,
la donnola o il gufo, erano entrati nei nostri sogni.
Poi l'abbaiare, i tonfi, le imposte aperte sul freddo. Il padre: “Inutile, a quest’ora, tornare a dormire”. Il sonno invece avvolgeva presto di nuovo me, i miei fratelli, gli animali, e la casa e il fienile e il pollaio si incurvavano lievi,
lievitando verso l’alone della luna.
Ancora un minuto, un minuto.
Mi riconosce una fuga di echi. La proroga tra l'essere chiunque e il diventare me stesso
dura l'incalcolabile.
*** Ho una sveglia che ha il suono ostile dei vecchi telefoni grigi, quelli di quando abitavo nel mio paese, con le cifre nella rotella dentro i buchi. Una roulette dove punto ogni giorno lo stesso numero e il sei esce storto. L’ho presa dai cinesi: spero confonda L’oroscopo – vergine e topo, bilancia e drago – e ogni volta che squilla sogno qualcuno che solleva al posto mio l’apparecchio e sa cosa rispondere. Müesser Yeniay
nasce a Izmir nel 1984. In Turchia vince molti premi letterari. I suoi
versi, studiati e calibrati, sono permeati di femminilità e ribellione e
tesi alla volontà di riaffermare la sua natura biologica e umana di donna,
la riscoperta del significato autentico e della reale diversità tra uomo e
donna. I suoi libri di poesia sono stati tradotti e pubblicati negli Stati
Uniti, in Ungheria, Francia, India, Colombia, Spagna e Vietnam. Ha vissuto
in America e a Hong Kong. Müesser è inoltre editrice della rivista Diirden.
Al momento si occupa del PhD in turco alla Bilkent University di Ankara.
Conversazione continua con l’amato Mi sono aperta a te come i denti di una cerniera uno per uno mi sono spezzata a metà quando mi hai toccata ho visto la gloria della terra [nelle tue mani ci sono piccole fate volanti] hai visto quel
dolce vuoto in me
il mio corpo come neve che si scioglie
fuso con il tuo corpo.
Amore Ho un altro corpo
fuori di me
lo chiamano
amore
(ma questo è dolore)
se ti ho tenuto nel mio corpo solo dopo ho sentito così tanto la tua esistenza Luciano Monti
nasce a Como nel 1963, lavora da anni a Roma dove insegna all'Università
LUISS, scrive articoli per quotidiani e riviste nazionali e internazionali,
saggi, romanzi e poesie. Principale fautore in Italia della lotta al
divario generazionale, che opprime in particolare i Millennials, negli
ultimi anni ha pubblicato il saggio best-seller “Ladri di Futuro. La
rivoluzione dei giovani contro l'economia ingiusta” (Luiss University
Press, 2016) e il romanzo distopico “H24” (con Amazon, 2018). La denuncia
di una generazione sconfitta anche nell'ultimo poema in versi "Lucifero"
(Luoghinteriori, 2018).
In Principio era il verbo 1 In principio era il verbo quando solo ero il verbo. Io regnavo possente sul cielo e sulla terra, quanto prima negli anni del mio viaggio dolente ricco d’affanni e inganni
e d’immemore guerra
2 In principio era il verbo. Dal silenzio superbo Di quest’alto ritrovo Senz’altro luogo e cura Non devo ricordare Quando in principio e ancora Era il verbo a regnare,
Sul cielo e terra pura.
3 Sì, ero scellerato, Sì, non ho mai amato gli angeli miei diletti, eppure è per me amore per quel verbo d’amare, non più senza difetti, ho osato sognare
e così ho dato il cuore
4 In principio era il verbo e per ciò ch’era in serbo non è dato acclamare il mio nome e sentire. All’angelo il più bello, invano a raccontare che dell’empio fardello,
mi rimane l’ardire.
5 Nell’immenso mio amore, nell’amarla per ore luce sopra ogni cosa fine pelle sua bianca con il cuore suo acerbo -gemma più preziosa- ho allora perso il verbo,
che al mio comando manca.
6 Muto nei cieli al grido degli arcangeli rido alla schiera confusa non ho dato risposta, fuggo la processione, non rispondo all’accusa, non nascondo passione
né verità mal posta.
7 Per averti vicino della luce io trino, ho fatto d’ombra eco. Gli arcangeli ho adombrato per tutto il giorno intero e a loro parve spreco. Fattomi verbo ero,
ben oltre i veli ho amato
8 Poi si son fatti spire, per il mio tanto ardire, troppa luce per lei ombra sul lor splendore, d’ogni celeste armata solo per lei e in lei, da me creata e amata
sopra l’immenso ardore.
9 Dava il nome alle cose e parlava alle rose, lei accettava carezza vestita del mio sguardo. Perché in principio era il verbo e tenue brezza. Io per amarla intera,
Fattomi carne ardo.
10 Per carne solamente, amar finitamente ho percorso la terra sulla via d’un afflato. Aggrappato alla rocca, smarrito nella serra, nella sua sola bocca
e in lacrima annegato
11 Io perso infine persi nei suoi grand’occhi tersi, solo ho lasciato il verbo. Muto non ho risposto all’urlo del giudizio, per me l’esilio in serbo, senza voi all’inizio
alla rivolta opposto.
12 Per il mio nome in terra, con il mio nome in guerra avete perso in mare. Miei angeli adorati, non dovete più piangere, non più voi disperare per la pena nel credere
finalmente premiati.
13 Un giorno sarò ancora Signore d’ogni alta ora, e di ciò che voi siete, tanto orgogliosi siate miei angeli di paglia; a volar tornerete. Pur persa la battaglia
contro le schiere alate
14 In principio era il verbo e io solo ero il verbo e io ero amore vero. Non mi vergogno dunque d’esser caduto in rotta; non vergogna davvero strisciando in terra scotta
come un serpente ovunque.
15 Il serpente l’ha amata oltre la trascendenza solo una volta è stata, dono di conoscenza – che è radice di storia – e colui che ora regna sul bene e anche sul male
non vuol sia ricordata.
16 In principio ero in gloria, del regno il re degli angeli e il sommo degli arcangeli, lui, della santa armata, l’ottavo generale. Ha ordito il mio confino; lontano dall’amata tutto son fuorché il male. Maddalena Lotter
nasce nel 1990 a Venezia. Ha pubblicato nel 2011 per l’editore TerraFerma
il racconto “5 metri in linea d’aria”, inserito nell’antologia
“Letteralmente: viaggiare” a cura di Annalisa Bruni, Anna Toscano e Lucia
de Michieli. É membro della redazione di Poetarum Silva. Da dicembre 2012 è
curatrice, insieme a Giulia Rusconi, della rassegna di incontri “La poesia
del giovedì”, a Venezia. Strade
Oltre la strada non si doveva andare
***
Abbiamo costruito una casa nella sabbia
Guido ancora, forse un po’ confuso dalla nebbia che mi schiaccia m’abbassa sulla strada verso Carpi nel ricordo senza luce di quell'ora fantasma di una città fantasma mai vissuta veramente volentieri attraversata un numero di volte adesso non ricordo (ho dentro l’ansia quel terribile rumore di suspense tipico delle auto in retromarcia) e sono sempre solo in questa rapida distanza
alla ricerca di un’immagine di casa.
GLI SLAMMERS Regie Gibson
(Campione USA) è nato in Mississippi e cresciuto a Chicago, Illinois, con
una madre fondamentalista evangelica e un padre poliziotto. È autore,
compositore, educatore e workshop facilitator. Ha eseguito reading
e performance, insegnato e tenuto conferenze presso le università e teatri
in tutto il mondo. Sia lui che il suo lavoro appaiono nel film Jones Love (New Line Cinema), basato su eventi della sua vita. Si
è esibito in tutti gli Stati Uniti, Canada, Amsterdam, Amburgo, Parigi,
Inghilterra, Italia e Cuba. Nel 2007 ha fondato Neon JuJu: un Literarymusic che unisce spoken word, canto e poesia con
hip-hop, funk, rock, musica classica e strumentazione elettronica. Il suo
libro di poesie Storms beneath the skin (EM Press) è stato
pubblicato nel 2001 e ha ricevuto il Golden Pen Award. Molte sue poesie si
trovano in riviste e antologie.
La Nave
Per Robert Hayden
Oh, Signore! Benedici questa barca e il suo viaggio sacro. Lascia che l’equipaggio torni in salvo dall’acqua, con zucchero per i nostri té, oro per i nostri forzieri e selvaggi per la chiesa da salvare. Amen.
Preghiera di schiavi Cristiani
Cora, Adelaide, Concord, Triton, Hope, La nave è arrivata come un ventre vuoto. La nave è arrivata come pugno nell’acqua. Le sue vele come bianchi coltelli nel vento.
Le sue carene come una sciabola tra le onde.
La nave era una mano dura che tracciava una mappa nautica nell’acqua. La nave, una galea tracciata da squali
in attesa di diventare grassi con gli umani.
La nave era una cattedrale di dissidenza, una chiesa di sangue africano. La nave ballava l’acqua salata rossa come il vino
per la cicatrice di un nuovo mondo.
Wanderer, Clotilde, Wildfire, Fredensborg, Blessed La nave arrivò su carne nera come una trappola di gemito fluttuante su tremiti e paura. Arrivò con in coperta donne distrutte dagli stupri, sballottate di voglia in voglia mentre sprofondano nelle sue strette viscere – un bambino prendeva con il cucchiaio il guadagno, si dibatte in una coltre d’escrementi, gambe ammanettate ad un altro bambino, un altro bambino, un altro bambino
in decomposizione come un frutto raro.
Trouvadore, Salamander, Tecora, Desire, Jesus Attenzione: Quando tocchi il legno distrutto di una nave di schiavi l’orecchio segreto si apre, si apre lentamente come alcune gole devono essere aperte, qui, nel nero miasma, così che il dolore possa levarsi verso la bellezza. Se ascolti, c’è una voce nel legno. E’ un grido in cui lo scafo si frantuma. Nel legno distrutto della nave c’è il suono della migrazione nera
e una memoria ancestrale.
Per toccarlo è necessario conoscere il fantasma del gospel che grida attraverso la tromba di Charlie Parker. Per toccarlo bisogna sapere che Nina Simone è la frusta sulla schiena e la medicina
che guarisce le ferite.
Bisogna diventare una nave di schiavi roboante Piegata da un oceano in tempesta il male nel tuo ventre
rimbomba dalla notte alla luce del sole.
Per toccare lo scafo di una nave di schiavi è necessario capire il desiderio dei neri di ballare la nuda parola della terra. Aprire le gole dei porti e gridare
gli urli dei canti di cotone e delle canne da zucchero.
E per capire il nostro desiderio virare lo scafo
per una preghiera di domenica mattina.
E veleggiare verso il ponte del santo. Tania Haberland
(Sudafrica) è nata nel 1973 in Sudafrica. Poetessa, artista polivalente,
insegnante. Di origini per metà mauriziane e metà tedesche, ha studiato e
vissuto negli Stati Uniti, Inghilterra, Germania, Italia, nelle isole
Mauritius e in Arabia Saudita. È stata pesso impegnata sul piano
politico-sociale: ha condotto workshop di poesia in un centro di
donne rifugiate provenienti da più parti dell’Africa. Ha organizzato eventi
contro le forme di xenofobia, contro la mutilazione del clitoride e ha
prestato servizio a Johannesburg come counselor-poeta in sostegno delle
donne abusate. Ha proposto i suoi spettacoli di spoken word dal
vivo in varie sedi nel Regno Unito. Il suo lavoro è stato divulgato sia
tramite stampa sia tramite CD, MD, video e DVD da Bristol a Milano, dal
Congo alle Mauritius, dalla Germania agli USA. Le sue esperienze di
performance spaziano dagli slam, alla performance art, alle collaborazioni
con musicisti dai diversi stili e provenienti da paesi di tutto il mondo.
Ha letto sue poesie in parlamento e nella galleria nazionale del Sudafrica.
Ha recitato in numerosi festival internazionali di letteratura.
Creatura
Questo cuore: questo anemone
solletica. Hai paura d’esser punto. Lasci andare. Lo lascia andare.
Scivola in acqua
Si adagia sul fondale sotto ai tuoi piedi come fosse un polpo
inchiostra il fondo.
Ma questo cuore: questo anemone, questa medusa, questo strappo d'argento,
Con la testa calda di sole-inducente idee
schiacci qualcosa
D’ De Kabal
(Campione Francia) è rapper, slammer, scrittore e regista, co-fondatore e
cantante del gruppo rap francese Kabal. Ha registrato vari album da
solista. Si dedica da anni al teatro e ha creato nel 2005 la compagnia
R.I.P.O.S.T.E. Di questi progetti fanno parte anche le riscritture e messa
in scena di tragedie greche, come “Agamennone” e “Oreste”. Tra i
temi che affronta ci sono la violenza alle donne, i diritti dei bambini e
dei diseredati. Dirige laboratori di scrittura per giovani detenuti nelle
strutture penali minorili francesi. La sua attività poetica è
conosciutissimo a livello internazionale.
Disimparare È stato lungo, il cammino Disimparare … disfarsi dei propri riflessi riflessi imparati in condizioni tossiche, contagiose, Distruttive. Ci sono volute intere notti per interrogare il proprio essere da dentro, Interrompere le sirene che suonavano in cerchio, una melodia tanto dissonante quanto avvincente, la traversata è stata lunga, ci sono voluti secchi di liquido per sgombrare il ponte, La traversata è stata lunga e istruttiva e costruttiva e decisiva. Mi sono sbarazzato della mia vecchia pelle, quella che ha ricevuto così tanti colpi, morsi, tagli, sbucciature, fenditure, crepe. Quella che si era così ispessita che solo lei avrebbe potuto davvero proteggermi dagli altri, E da me stesso. Ho squartato la mia carne, per il migliore E per il meglio Ora vado avanti senza la minima protezione Nudo Allo scoperto. Gli altri ? Che mi feriscano pure, io continuerò a medicarmi. Ne ho fatto la mia specialità. Io stesso ? Sapere come agiscono i nostri meccanismi ci permette di dissociare quello che ci appartiene, da quello che ci tormenta. Quello che mi appartiene cammina al mio fianco, Ciò che mi tormenta si trova dietro di me e mi ricopre di paura. La paura è la nemica del benessere. Una volta che lo sappiamo non dobbiamo fare altro che…
Lavorare.
Olivia Bergdahl
(Campionessa Svezia) è nata il 24 luglio 1989 a Göteborg. È una slammer
dall’età di 12 e nel 2007 è diventata campionessa svedese a Helsingborg,
non ancora maggiorenne. Nel 2008 ha partecipato alla coppa del mondo di
poesia slam, dove è arrivata quarta. Nella primavera del 2015 ha scritto il
suo romanzo d’esordio “Efter Ekot”. Ha scritto per la Radio Nazionale e ha
vinto alcuni premi letterari tra cui il Premio Novel 2016 della Radio
Svedese Nazionale. Le apparizioni al Royal Theatre e i continui tour in
Svezia, Europa e Stati Uniti, sono la testimonianza che Olivia è uno dei
più esperti e straordinari artisti nordici della poesia dal vivo
contemporanea. La maggior parte delle sue poesie slam ha un video
associato.
Scritto da G.Cerrai
in News
at
18:59
| Commenti (0)
| Trackbacks (0)
Tags: claudio pozzani, como, d' de kabal, dani orviz, dmytro tchystiak, europa in versi, festival di poesia, francoise roy, gian mario villalta, ion deaconescu, kabir yusuf abukar, laura garavaglia, luciano monti, maddalena lotter, massimo daviddi, metin cengiz, müsser yeniay, olivia bergdahl, poetry slam, regie gibson, simone savogin, tania haberland, villa gallia
Trackbacks
URI specifico di Trackback per questa notizia
Nessun Trackbacks
|
AmministrazioneRicerca veloceARCHIVIO GENERALERecent Entries
Tagsadelphi editore, adriano spatola, alain jouffroy, alessandra sciacca banti, alessandro assiri, alessandro de caro, alfonso berardinelli, alfredo riponi, amelia rosselli, andrea inglese, angèle paoli, antologia, antonio porta, arcipelago itaca, areale italiano, arte contemporanea, avanguardia, bernard noel, bologna, camera di condizionamento operante, carla paolini, caterina davinio, chiara de luca, copyleft, corrado costa, critica, czeslaw milosz, daniele poletti, daniele santoro, danilo mandolini, davide castiglione, davide nota, derek walcott, diaforia, diego conticello, dino campana, domenico ingenito, dominique sorrente, dotcom press, ebook, editrice pequod, edizioni arca felice, edizioni arcolaio, edizioni cfr, edizioni joker, edizioni kolibris, edizioni lietocolle, edizioni oèdipus, edizioni progetto cultura, elia malagò, elisa castagnoli, emilio capaccio, emilio coco, emilio villa, Enrico Cerquiglini, enrico de lea, enzo campi, eugenio montale, eventi, fabio orecchini, federico federici, filosofia, fotografia, francesco balsamo, Francesco De Girolamo, francesco iannone, francesco marotta, francesco muzzioli, franco fortini, gabriel del sarto, gabriella musetti, gemellaggio, georges bataille, ghérasim luca, giacomo cerrai, giampaolo de pietro, gianfranco fabbri, gianni toti, giovanna tomassucci, giovanni giudici, giovanni raboni, giuliano ladolfi editore, giuseppe samperi, giuseppe scapucci, haiku, hanno detto..., HOMEWORKS, ibrid@menti, ibrid@poesia, il foglio clandestino, incerti editori, inediti, italo calvino, ivano mugnaini, jane kenyon, john taylor, l'impero dei segni, lampi di stampa, la vita felice, le voci della luna, lorenzo mari, lorenzo pompeo, lucianna argentino, luigi cannillo, luigi di ruscio, maalox, maeba sciutti, mambo bologna, marco saya editore, maria pia quintavalla, marina pizzi, mario fresa, marsiglia, martha canfield, massimo pastore, matteo fantuzzi, matteo veronesi, maura del serra, maurizio cucchi, michel deguy, mostra, nanni balestrini, narda fattori, natalia castaldi, nathalie riera, news, note acide, noterelle, oboe sommerso, olivier bastide, palazzo albergati, paolo fabrizio iacuzzi, parole in coincidenza, paul celan, pensiero, piero bigongiari, pier paolo pasolini, pisa, pisa university press, pistoia, poesia, poesia americana, poesia di ricerca, poesia francese, poesia inglese, poesia ispanoamericana, poesia italiana, poesia lirica, poesia multimediale, poesia polacca, poesia spagnola, poesia sperimentale, poesia surrealista, poesia tedesca, poesia visiva, poetica, poeti dell'est, poetry slam, politica fragmenta, premio il ceppo, prufrock edizioni, puntoacapo editrice, questionario, raffaelli editore, raymond farina, recensioni, riflessioni sull'arte, riletture, rita florit, rita pacilio, riviste, roberto ceccarini, roberto veracini, roland barthes, rplibri, saggio, salvatore della capa, sandra palombo, scriptorium, sebastiano aglieco, semiologia, stefano guglielmin, stefano lorefice, surrealismo, t.s.eliot, teresa ferri, tradizione, traduzioni, transeuropa edizioni, ugo magnanti, umberto saba, valeria rossella, valerio magrelli, valérie brantome, video, viola amarelli, viviana scarinci, wallace stevens, wislawa szymborska, zona editrice
|