Lunedì, 3 aprile 2017Beloslava Dimitrova - La natura selvaggia![]()
Un libro feroce, questo che Emilia Mirazchiyska e Danilo Mandolini
hanno tradotto dal bulgaro, da quel che so la prima opera della
Dimitrova pubblicata in Italia. Uso un aggettivo volutamente forte, ma
con niente di giudicante dentro, pensando semmai a tutte le eco che
questa parola antica contiene, alla sua natura animale e animista. La
natura è selvaggia, dice l'autrice, e noi ci siamo dentro, non al di
sopra, biblicamente, per un diritto datoci da Dio, o a lato, con
l'illusione di una strategia di fuga o trasformazione, ma proprio
dentro, senza statuti o privilegi speciali. E' questa l'idea di fondo
della raccolta, uno sguardo plurimo, dall'interno e dall'esterno di sé,
su una condizione che non è nemmeno più umana, ma riguarda una natura
appunto "selvaggia" e incoercibile. Non naturante, perché se c'è
qualcosa che porta in sè non è il farsi ma il distruggersi, né naturata,
perché non sembra né perfetta né recante il segno della mano di Dio.
Somiglia semmai a quella leopardiana e matrigna de La ginestra
("Non ha natura al seme / dell’uom piú stima o cura / ch’alla
formica..."). Per questo parlo di ferocia, e in più assoluta (ovvero
priva di regole e norme), perché attiene ad una natura agnostica, in cui
la presenza divina è assente, o che Dio ha abbandonato a sé stessa.
Chi è che popola questa natura, a sua volta parte costitutiva di un
mondo? Gli uomini, certo, ma anche gli animali, alcuni dei quali
identificati, altri indistinti e inquietanti. Che però non solo sono
intesi come una complessiva anima ferox, ma sono visti e
descritti e proiettati nel corpo poetico da uno sguardo umano defilato,
da una prospettiva decentrata e a tratti de-umanizzata, extracorporea,
esercitata a volte con una singolare empatia, un mettersi nei panni,
tanto che talvolta l'attore che agisce nel testo poetico è una creatura
simbionte, un io "alieno" che abita corpi diversi e li attraversa
prestando loro la voce, una voce che diventa "interna" e che tuttavia
mantiene una connotazione doppia. Ciò ovviamente per quanto possibile,
perchè in fondo si tratta di un grande artificio retorico, che per certi
aspetti non può che riportare alla mente il Gregor Samsa di Kafka, che
si sveglia una mattina trasformato in un gigantesco insetto, e al senso
del tragico di quella grande metafora. O, se preferite, le potenti
raffigurazioni zoomorfe di Max Ernst.
Se gli animali/uomini sono emblemi anche, a mio avviso, di forze oscure
che negli uomini agiscono per vie non sempre comprensibili, come una
natura profonda, e insieme, come un riflusso di forze "altre" che dagli
uomini si rivolgono contro la natura stessa, tuttavia il registro
complessivo del libro è giocato su una violenza "fredda", talvolta su
una registrazione refertale degli eventi che "naturalmente" si svolgono,
comprese le relazioni amorose amare e difficili, senza però che il
senso di una tragedia comune ne venga minimamente sminuito. E' uno dei
punti di interesse di questa poesia, questo sentimento di ineluttabilità
implicita che si riflette anche su di un linguaggio teso, su "un testo
che sembra scritto precipitando, dove prevale la denotazione per tratti
rapidi, sincopati, quasi che non ci fosse più tempo per approfondire il
senso della caduta e nemmeno più la pazienza", come scrive Stefano
Guglielmin sul suo blog (v. QUI).
Non sfuggono a questa ineluttabilità le relazioni affettive, i rapporti
familiari, temi per lo più raccolti negli ultimi testi del libro, come
se anche in essi risiedesse una difficoltà a svolgersi senza catastrofi,
svolte brusche, lacerazioni delle carni. Anzi su queste relazioni
sembra abbattersi una definitiva speranza nihilista "che il miracolo
dell’evoluzione non accada / che non appaia l’uomo / che tu non appaia di nuovo / che sia soltanto io ad apparire" (in Essere umano, corsivo mio). L'uomo, in questa natura selvaggia, è un accidente.
Una poesia, quindi, drammaticamente originale, con tratti metafisici e
visionari, tanto diversa anche da altri poeti dell'Est come quelli
presenti su questo blog (v. QUI),
soprattutto i giovani e i giovanissimi (Dimitrova è nata appena tre
anni prima della caduta del Muro) che sembrano orientare in altre
direzioni, più lirico-oggettive e con un occhio rivolto decisamente a
occidente, la loro ricerca. (g. cerrai) Continua a leggere "Beloslava Dimitrova - La natura selvaggia" Mercoledì, 4 gennaio 2017Disaccordi - Antologia di poesia russa contemporanea![]() Alcuni testi tratti da "disAccordi - Antologia di poesia russa 2003-2016", edita da Stilo Editrice, a cura di Massimo Maurizio, che raccoglieesempi di una produzione recentissima e giovane (gli autori sono nati tra il 1962 e il 1994), spesso pubblicata solo al di fuori dei canali tradizionali, in blog, siti, riviste alternative. Una produzione anche stilisticamente e tematicamente differenziata, lungo però un filo rosso che il curatore ha individuato nella percezione comune della violenza, strisciante o palese, quotidiana o storica, individuale o collettiva. O anche istituzionale, quella insita fin nel linguaggio di sistema, omologato dalla politica e dai mezzi di informazione, cui l'artista reagisce con una "volgarizzazione", con la violenza verbale della lingua dei violenti. C'è la guerra (compresa la guerra in Ucraina), la ribellione, la rielaborazione del passato in chiave identitaria, la riflessione sul linguaggio, sulla funzione della poesia, sulla cronaca. I testi che ho scelto mi sono sembrati interessanti, altri contenuti in questo libro un po' meno, ma oggettivamente non sono in grado di stabilire in quale misura la traduzione ha contribuito o ha influito in un senso o nell'altro. In entrambi i casi però rimane forte l'impressione di voci così diverse e distanti dalle nostrane, di forte impatto anche nelle manifestazioni più liriche, anche quando prendono in prestito modalità e atteggiamenti occidentali "arrabbiati" e un po' beat che noi riterremmo ormai datati irrimediabilmente (e certo hanno buoni motivi per farlo, di alzare per quanto possibile la voce). Soprattutto una poesia poco incline all'introspezione autotelica, alla speculazione simbolista, al facile psicologismo. Continua a leggere "Disaccordi - Antologia di poesia russa contemporanea" Martedì, 26 aprile 2016Roberto Galaverni - Per un uso non ordinario della vita e della poesia. Su Wislawa SzymborskaCome avevo anticipato (vedi) pubblico qui di seguito il saggio di
![]() Il primo libro che ho letto di Wisława Szymborska è stato Gente sul ponte, una ventina d’anni fa ormai. Non ricordo se l’accostamento tra la sua poesia o, più precisamente, tra il suo modo di fare poesia e quello del tardo Montale sia scattato già allora, ma certo da parecchio tempo fa parte dei miei pensieri. Proverò a spiegarmi, anche perché il parallelo tra il poeta del male di vivere (o di quel tanto di diluito, se non di fatto poltiglia, che ne è rimasto nella sua più tarda stagione) e la poetessa del sorriso e della gioia di vivere, o per lo meno di scrivere, sarà forse apparso subito alquanto discutibile. C’è però un’altra ragione. Svolgendo questo ragionamento penso infatti di poter chiarire qualcosa anche riguardo alla mia idea della poesia della Szymborska. Solo due avvertenze. Quello che un po’ sommariamente intendo come il tardo, l’ultimo, il vecchio Montale, è in realtà al suo interno piuttosto diversificato, come diversi tra loro sono i suoi ultimi tre libri: Satura, il Diario del ’71 e del ’72 e il Quaderno di quattro anni. Ma è vero che si tratta di una definizione alquanto pratica e in ogni caso legittima, dal momento che gli elementi di continuità, tanto più nella comune discontinuità con la poesia precedente, sono innegabili e di gran lunga prevalenti. La seconda avvertenza riguarda il mio rapporto con la poesia della Szymborska, che – data la mia completa ignoranza del polacco – passa per intero attraverso la traduzione. Le mie considerazioni sono dunque relative a testi poetici tradotti, nel caso specifico, lo sappiamo, quasi per intero da Pietro Marchesani, il cui lavoro devo in ogni senso prendere per buono. Proprio per questo non vedo di buon occhio i casi in cui, com’è accaduto proprio per la Szymborska, l’opera di un autore importante risulta vincolata da una specie di esclusiva di traduzione. Anche al di là della bontà dei risultati e del talento del traduttore, come pure della benemerenza della sua iniziativa e del suo impegno, viene infatti a mancare la possibilità di raffrontare traduzioni diverse e, di conseguenza, di farsi un’idea insieme più complessa e più precisa della poesia originale. La Szymborska che quasi tutti leggiamo, insomma, è una Szymborska-Marchesani. Se penso, per fare solo un esempio, ai tanti e vari modi di tradurre Seamus Heaney, tutti molto riconoscibili e idiosincratici, da parte dei suoi principali traduttori italiani (Buffoni, Mussapi, Fusini, Guerneri, Sacerdoti, Sonzogni), con l’arricchimento reciproco che ne è via via derivato, le cose sembrano stare in modo molto diverso. In ogni caso, le mie impressioni maturate lungo questi anni (e che la traduzione ad opera di Silvano De Fanti delle tredici poesie della raccolta Basta così, postuma sia alla poetessa sia al suo fedele traduttore italiano, non ha modificato) sono quelle di una sostanziale invariabilità della poesia della Szymborska, una volta che questa abbia raggiunto la sua maturità d’espressione (diciamo con Appello allo Yeti del 1957) e, soprattutto, della sua traducibilità, cosa che, visto che si tratta di poesia, di per sé dice già molto. Come accade per tutti i migliori traduttori, anche Marchesani avrà raggiunto risultati ora più ora meno convincenti, ma certo la traduzione funambolica di testi funambolici, per la frequenza delle rime, dei giochi di parole, dei parallelismi e dei rimandi interni (penso ad esempio a Compleanno o a Stupore, entrambi compresi in Ogni caso [OC 309 e 307]), dice comunque di una sensibilità verso lo spessore espressivo e la componente autoreferenziale del linguaggio poetico. Così, al di là di qualche caso sporadico, direi che con la poesia della Szymborska il rischio di un’emorragia di significato dovuta alla traduzione sembra essere ridotto rispetto ad altre poesie e altri poeti. Qualche perplessità nasce anzi e contrario, perché si finisce per chiedersi – questa ovviamente la mia esperienza di lettura – se anche nell’originale sia tutto così limpido e piano, così a posto, così direttamente referenziale. In ogni caso, quanto alla Szymborska, anche dalle poesie postume ciò che ne esce confermato è il prevalere nella sua poesia delle componenti orizzontali, vale a dire colloquiali, discorsive e argomentative, rispetto a quelle verticali. La lingua non ritorna o rifluisce su se stessa – non con decisione, almeno – quanto appare tutta protesa all’esito della dimostrazione come alla propria foce. La funzionalità, la strumentalità del linguaggio poetico prevale di gran lunga sulla sua autonomia; la sua transitività rispetto al contenuto tende a togliere di mezzo, cioè a livellarla come fosse un ostacolo o una diga allo scorrere del senso, ogni possibile intransitività. Discorso, argomentazione, transitività, traducibilità... Proprio come nel tardo Montale. Continua a leggere "Roberto Galaverni - Per un uso non ordinario della vita e della poesia. Su Wislawa Szymborska" Martedì, 23 febbraio 2016Sergej Zav'jalov vince il Premio Ceppo Pistoia, premiazione e lectio magistralisNell' ambito del Premio Letterario Internazionale Ceppo Pistoia "Piero Bigongiari Prima della premiazione e come evento clou della manifestazione, il giorno 25 febbraio, alle ore 16.00, Zav'jalov terrà presso la Sala del Gonfalone del Consiglio Regionale della Toscana (Firenze, Via Cavour 4), una lectio magistralis dal titolo "Fissare gli occhi impassibili della disgrazia", scritta appositamente per il Premio e in onore di Piero Bigongiari (è possibile leggerne l'incipit a questo link , oltre a notizie biografiche dell'autore). L'incontro e la lectio sono organizzati con la collaborazione di Semicerchio, rivista di poesia comparata, con il contributo della Banca di Pistoia - Credito cooperativo. Di seguito un testo di Zav'jalov tratto dal suo ultimo libro pubblicato in Italia Continua a leggere "Sergej Zav'jalov vince il Premio Ceppo Pistoia, premiazione e lectio magistralis" Sabato, 31 maggio 2014Una po ![]() Una classica elegia, questa in memoria di Milosz, a cui l'autore si rivolge direttamente, come ad un antico compagno e collega con cui scambiava "dispute amiche" che ora la morte ha interrotto, una elegia sul ricordo e il rimpianto, ma anche su un ideale e non lontano ricongiungimento, con l'amico, alla terra e nella terra, non come un Orfeo denudato e ancora una volta sopravvissuto a cui il canto ("che né più rammento cosa sia") non può offrire ritorno, ma come una pala che scava quella stessa terra, al culmine di una vita che "come una talpa ora io meno".
traduzione dal polacco di Giovanna Tomassucci Bibliografia italiana (poesia): Colloquio con il principe, antologia a cura di Carlo Verdiani, Mondadori 1964 Il guanto rosso e altre poesie a cura di Pietro Marchesani, Scheiwiller 2003 Bassorilievo, a cura di Barbara Adamska Verdiani e con una premessa di Edoardo Sanguineti, Scheiwiller 2004 Le parole sgomente. Poesie 1947-2004, a cura di S. De Fanti, postfazione di M. Kneip, Metauro Edizioni 2007 Giovedì, 13 dicembre 2012Wojciech Bonowicz - Mare aperto
Continua a leggere "Wojciech Bonowicz - Mare aperto" Martedì, 21 settembre 2010Poeti dell'Est 11 - Brane Mozetič![]() A volte l’io lirico modella il tema dell’istinto e dell’animalità e la loro relazione col sesso (in “ascolto il linguaggio del tuo / sonno”). L’ambivalenza di questo tema costituisce per Mozeti?c un importante spunto poetico. Nelle sue opere istinto e animalità sono associati al desiderio della natura vista come spazio per un (forse impossibile) modus vivendi libero e sano (in “che legami stai creando, e quali”), altre volte si legano alla rappresentazione della violenza come momento fondamentale dell’attrazione e della pratica sessuale (in “nella cella c’è una sedia libera, di legno”). L’esperienza del sesso si contraddistingue per una grande multiformità. Come una calamita, il sesso sembra attirare tutto a sé e poter contenere tutto in sé: gioia, sollievo, purificazione, dolore,morte, spleen e noia.(..)In queste poesie la fusione tra mitezza e violenza, azione e passione è molto stretto e al contempo mutevole. Sia nelle prime poesie sia in quelle più tarde e narrative si può rilevare una tendenza di fondo: la forza della natura può sì fare violenza all’uomo,ma ciò accade in un contesto che pare ancora organico e, previa accettazione dell’esistenza del dolore, armonico. Sebbene per nulla idilliaco, il contesto della natura ha tuttavia una sua serenità che permette a volte l’ironia. La città stravolge invece l’armonia e l’organicità del dolore e genera scenari allucinati e carichi di fratture. (Matteo Colombi)
Continua a leggere "Poeti dell'Est 11 - Brane Mozetič" Sabato, 6 febbraio 2010Poeti dell'Est 10 - Georgij Ivanov![]() COME AMO I PANNELLI FIAMMINGHI Come amo i pannelli fiamminghi dove, fra gli ortaggi e i pesci e il vino, la ricca selvaggina su un piatto vassoio svaria con splendore di ambra gialla. E la battaglia dipinta da un antico pennello: un soldato dalla tromba luccicante, nugoli di polvere, una catasta di morti e dappertutto cavalli impennati! Ma per me più gradite e più care di quelle bellezze sono le masse di pioppi lungo le sponde, il rabesco dei cordami e la rosea spuma dei fantasiosi tramonti del Lorenese. 1914 VASO CON FRUTTA Pesanti chicchi d’uva e mele e prugne dai contorni morbidi e precisi. Ogni riflesso è ombreggiato con cura, tutte le vene sottili si vedono sotto la buccia. Sopra le pere campeggia un mellone tagliato, dinanzi al quale si ammucchiano melagrane bronzine; nel mezzo un enorme ananasso pieno di boria con il suo serto inghirlanda tutto il vaso. Quel vaso adorno di rampicante luppolo fu modellato dalla vivace semplicità di un Elleno: nel suo piede tranquille bocche di ragazzi premono zampogne pastorali. 1915 Continua a leggere "Poeti dell'Est 10 - Georgij Ivanov" Mercoledì, 28 ottobre 2009Vladimir Holan - Poesie da "In progresso"![]() La traduzione è di Serena Vitale. I testi sono tratti da "Poesia Due", Guanda 1981. Gli originali sono stati omessi per difficoltà tipografiche, ma sono a disposizione di chiunque li richiedesse. da In progresso INCONTRO I Dove va quella bambina? Con i capelli che la riga divide su rate di strappati orecchini, con la pagella del primo semestre di ingiustizie e zoccoli suolati di bara - va dal sesso cieco di un'aliena canzone verso un'ancòra lontana, indelicata, astiosa notte dei semi sulla terra così dura dei sentimenti umani. Dio stesso ha navi tatuate, e basta... Continua a leggere "Vladimir Holan - Poesie da "In progresso"" Venerdì, 12 giugno 2009Poeti dell'Est 9 - Izabela Filipiak
MADAME INTUITA Tutta la vita come un corso di second language un mucchio di sacrifici da emigrante e alla fine non sono mai riuscita a sbarazzarmi dell’accento lo riconoscevano con mio disappunto nonostante mi sentissi assimilata come si deve: e dunque, tanto sforzo per niente? Così scoraggiata in segreto da me stessa ho iniziato lezioni di conversazione di effimero linguaggio ma anche qui parlo con un accento persino più forte perdo il filo e le connessioni è inevitabile Potrebbe chiamarsi materno eppure io non ho una madre, ma solo qualche favola e mito – stai guardando il ballo di una donna distratta su una fune – cadrà? si afferrerà a qualcosa? il ricordo annotato dei suoi sbalzi d’umore e della loro fine non invoglia molto alla scioltezza di parola La lingua lontana eppure vicina è come acqua scivola tra le dita un attimo dopo di nuovo vuote e rugiadose lascia un retrogusto di piacere cristallino mentre come un poeta del primo rinascimento assaporo la struttura elaborata del latino il suo ammirevole e logico contenuto Nei concorsi retorici sono avvantaggiata dalla lingua delle classi colte Solo la mancanza di prudenza si discosta dalla più giusta delle regole che l’origine fin troppo incerta va cancellata con uno studio zelante anche se non svanirà mai Insicura di me stessa smetto di parlare ascolto soltanto afferro i suoni un torrente montano cadendo giù per le rocce svanisce come battito irregolare come ritmo come eco come un folletto – ora son qui e ora non più prima che riesca a ridere mi addentro carponi in strati di dolore e di danno – che devo farne? Un’altra voltami imbatto in stralci di lettere in racconti interrotti Allora collego i fili faccio chiarezza nel disegno Guardo soltanto sono felice non dico niente per non spaventare neppure col respiro la figura sul ciglio della strada per metà donna e per metà animale Quando mi volterò e guarderò di nuovo là Troverò almeno l’ombra dei suoi piccoli zoccoli?
Continua a leggere "Poeti dell'Est 9 - Izabela Filipiak" Martedì, 16 dicembre 2008Nika Turbina - Quattro inediti, con una nota di F.Federici
Su alcuni inediti di Nika Turbina Federico Federici Gli ultimi testi in Sono pesi queste mie poesie non appartengono al primo lavoro già edito di Nika Turbina, Quaderno di appunti. Pesciolino d’oro, scritto tra l’Italia e Yalta nel 1985, in concomitanza della visita a Venezia per la consegna del Leone d’oro, chiude una breve sequenza di inediti, ispirati a quel viaggio che toccò molte città. In essi, accanto all’apparente marginalità delle occasioni (un motivetto italiano che risuona nella trattoria da Gino, la calura dei pavimenti assolati, i gatti randagi e i corvi al Colosseo), è la consueta febbre d’Universo, latente nelle cose, stretta nell’accostamento lieve di due versi, che non fa rumore: «Nudi i piedi sulla sabbia, / le tracce rimangono lontano». Non è a caso che proprio Pesciolino d’oro, che ribalta in qualche modo lo schema classico dell’omonima fiaba russa, chiuda la sequenza: il ritorno a casa ristabilisce forse il sofferto primato della vita sulla pur breve fortuna del sogno. Per gli ultimi tre testi inseriti nel libretto invece, posteriori al 1990, una datazione più precisa non è possibile. Nika Turbina non era solita indicare luogo e data della prima stesura, forse per abitudine a una forma di istintiva oralità che, sin dall’infanzia, aveva accompagnato le sue creazioni, quando toccava alla madre il compito di riportare su carta le parole. Il periodo in cui sono stati scritti, però, è certamente quello che ha inizio col suo trasferimento a Mosca, per continuare gli studi presso l’Istituto di Cinematografia e l’Istituto di Cultura. Risulta al momento difficile tracciare un percorso chiaro e organico della sua poetica in età matura, ma ritengo che, in quello che sinora ho tradotto dall’archivio, siano già individuabili alcune linee, il cui spessore e la cui rilevanza andranno valutati e confermati a lavoro ultimato. I temi a lei cari sin dai primi esperimenti poetici continuano ad agire: l’isolamento, l’infanzia persa o tradita, l’alterna fiducia nel potere salvifico della parola «Mi hanno tormentata le parole nuove. [...] / Mi sono vantata a lungo / di quella che ho scordato», il dialogo con una figura lontana o assente in cui s’incarna disperata la cura per gli affetti più vulnerabili «Mamma, mamma, una culla in seta / rossa come frangia sopra gli occhi». Accanto ad essi affiora occasionalmente una connotazione più civile, che rivela radicato amore e senso di appartenenza per la propria terra: «Sciogliere / le briglie all’anima, / scaldare le persone / con la forza oscura / di un amore grande. / La patria / che amo ardentemente». Il linguaggio si carica di immagini, a volte delicate e nitide come nelle poesie d’infanzia, a volte articolate, quasi indistricabili «Scricchiola qualcosa in questo mondo finto. / La vita scola rapida nei tubi. /...Come un rivoletto d'acqua, / esagerando, / cade dal balcone / vanta d’aver fatto lui da testimone / alla storia della “Creazione”…», cariche di un’ansia e di un vigore nuovi, in cui lascia la parola solo un margine tagliente alla rassegnazione: «Passar / davanti alla bugia su un cavallo, / fare un nodo alla criniera. /Ai bambini dar la gioia / sorridendo alle sventure». A tratti, ma con maggior frequenza che in passato, si trovano poesie ridotte al nucleo di una fiaba, in un’atmosfera tra epos e mito. Un testo, La rana zarina, ripete il gioco felice di Pesciolino d’oro, adattando e trasformando in chiave personale il contenuto originario della fiaba «Lascia che sia io / il tuo passato, / non bruciare quella pelle ora / che sfilo di dosso»; un altro sembra disegnare la figura di una Penelope di oggi, in una misteriosa atmosfera carica di attesa, durata anni o giorni, dell’amico/amante che si è allontanato e sta per ritornare «Srotolo il gomitolo – / da tempo non lo lavoravo io per te». Oggi la lettura di tutti questi versi suscita in alcuni meraviglia, sconforto o sospetto in altri, presi più da un’ansia di morbosa indagine biografica, che da un interesse vero per la poesia, cui tutto pur si riconduce. Si dovrebbe prendere allora diversamente in considerazione chi li ha scritti: Nika Turbina. Come è indicato nella nota fornita dalla famiglia, e come si può intuire anche da fonti non ufficiali, rintracciabili su articoli sparsi e in rete, Nika trascorse l’ultima parte della propria vita lontano dall’interesse generale, quello stesso interesse in seguito più volte suscitato dalle tragiche circostanze della sua fine, dopo un’infanzia di rapidi successi e di promesse. I testi sono allora stati spesso preferiti in qualità di indizi di un malessere tutto personale, che l’ha condotta sino all’ultima fatalità, in quella notte in maggio. Non è certo il primo caso in cui episodi della vita di uno scrittore vengono riletti o esasperati a posteriori, per giustificare, quasi profeticamente, il legame tra scrittura e vita. Si tratta per lo più di cose di poco conto, buone per un trafiletto in riviste o quotidiani, in cui la retorica della bimba, che scrive meraviglie e recita indossando l’orologio dei Puffi, o quella affine della donna, che si getta, all’apice della disperazione, da una finestra, dopo avere spesso invocato il vuoto «In piedi sui confini: / solo un passo ancora, / avanti! Verso l’immortalità», hanno ancora una certa suggestione sull’ingenua sensibilità di molti. A mio modo di vedere, invece, la questione sui testi e la vita di Nika Turbina, va inserita in un contesto più ampio, nel quale la ricostruzione (перестройка) di quegli anni non può essere completamente tralasciata. Chiunque viva in società o, con metodo e coraggio, tenti di sottrarsi ad essa, è prima di tutto venuto in contatto con qualcosa che lo ha segnato nel profondo, qualcosa da cui si è sentito definitivamente respinto o attratto. In questo senso, la portata degli eventi che investirono l’Unione Sovietica nella seconda metà degli anni Ottanta, la progressiva frantumazione di quel tessuto connettivo unico, in un territorio così vasto ed eterogeneo, non può avere inciso su spiriti sensibili toccandoli soltanto nella vocazione artistica. L’apertura ad Occidente, il contatto con la sua economia, il suo spirito poetico, hanno certamente disegnato gli spazi di un’altra quotidianità, posto in vivo le coordinate di un’altra cultura possibile, le sue istanze e le sue forme, procedendo dalle periferie sino al cuore centrale di Mosca, Leningrado, travolgendo la rete/gabbia di certezze cui si trovava ancorato l’individuo. Qualcosa era già penetrato nei primi anni Ottanta, in cui esperienze diverse, ancora più o meno isolate o individuali, avevano iniziato a confrontarsi con la rinuncia, tipicamente occidentale, del poeta a farsi depositario unico dei codici di una coscienza condivisa. È a questo punto che l’estenuante scavo del verso, alla ricerca del suo ultimo strato significante, diviene per molti indagine rischiosa sul nervo stesso della vita, irritato, scarnificato, provocato al continuo conflitto di parola e corpo, sino al punto in cui né la scrittura ha più strumenti o forza per arginare il corpo, né il corpo riesce a farsi più carico della parola e si frantuma insieme al testo in un unico atto di in-comprensione. Nella notte tra il 6 e il 7 maggio del 2001, ad appena ventisette anni, Boris Ryžyj, geofisico e poeta, si impicca nella sua abitazione di Ekaterinburg, con un gesto inaspettato, ma, si scoprirà, meticolosamente studiato e preparato. L’11 maggio 2002 la tragica fine di Nika Turbina a Mosca, con il volo da una finestra del suo appartamento: ultimo, disperato tentativo di abdicare la vita o disgraziata coincidenza, l’equilibrio perso malamente sedendo al davanzale, attratta da quel vuoto come da bambina? (1) In entrambi i casi si tratta di personaggi, per circostanze diverse, già sottratti all’attenzione collettiva, ai quali mal si adatta la dialettica del genio, che, in un impeto tragico, accede al mito figurandosi la morte, tanto più in una società che andava trasformandosi in senso opposto, rinunciando alla figura del poeta-titano di chiara matrice novecentesca. Non si può parlare allora strettamente di letteratura-vita come causa-effetto, come se da ultima la vita aspirasse a una mimesi del testo (o viceversa). Tracciare una demarcazione netta, sostenere le ragioni della letteratura a fronte di quelle della vita, affidando all’una il compito di spiegare l’altra, è un approccio persino troppo superficiale, arbitrario, fitto di implicazioni più ideologiche che reali. E maggiore è il talento con cui ci si confronta, più vana è la pretesa. (1)La famiglia racconta di una ragazza che stava superando ansie e insicurezze, che immaginava ancora il suo futuro. Bisogna ricordare che, a seguito del tentativo di suicidio nella notte tra il 13 e il 14 maggio 1997, Nika Turbina era stata sottoposta a numerose e delicate operazioni, che le avevano permesso di tornare, pur con qualche difficoltà, a camminare, lasciandole però problemi alla schiena.
Continua a leggere "Nika Turbina - Quattro inediti, con una nota di F.Federici" Lunedì, 14 luglio 2008Poeti dell'Est 7 - Egon Bondy
(gli altri poeti dell'est pubblicati sono reperibili con il tag corrispondente) Continua a leggere "Poeti dell'Est 7 - Egon Bondy" Venerdì, 4 aprile 2008Poeti dell'Est 6 - Georgi Gospodinov
Georgi Gospodinov Due poesie (trad. G. Dell'Agata) LE DONNE BIONDE Ad A., brunetta Comincio con le bionde c'è in esse leggerezza c'è festa similmente hanno letto Pasternak similmente Burns similmente candela e gialla fiamma similmente campo di grano similmente segale e io là salvatore e io mietitore delle donne bionde le descrivo a memoria c'è in esse sentimento ci sono film a colori e canzonette di successo rossetto di troppo e un neo c'è in esse oh! . . . ah! . . . che sgorga spontaneo c'è in esse naturalezza e pace lievi le loro lacrime stearina le loro lacrime son Yellow Submarine non credono alle lacrime delle donne bionde Continua a leggere "Poeti dell'Est 6 - Georgi Gospodinov" Venerdì, 18 gennaio 2008
Pubblico qui un testo tratto da eSamizdat [http://www.esamizdat.it/] bella e documentata rivista on line di slavistica. Si tratta di un poemetto di Zbynĕk Havlìcĕk (Jilemnice, 1922 — Praga, 1969), poeta e psicologo, fondatore del gruppo surrealista clandestino di Sporilov durante l'occupazione tedesca prima di collaborare con quello di Praga degli anni 50 e 60, autore di una dozzina di raccolte di poesia e di studi teorici (inediti o clandestini) e traduttore dei surrealisti francesi (Breton in particolare). (gli altri poeti dell'est ospitati sono reperibili tramite il tag "poeti dell'est")
L'ematoma pechinese
Il nostro punto di partenza sta in strade abbandonate tra colonne di carne e botole di azoto liquido Continua a leggere "" Sabato, 6 ottobre 2007Poeti dell'Est 4 - Adam Zagajewski
Nota su Adam Zagajewski a cura di Lorenzo Pompeo
Gli altri poeti dell'Est sono reperibili cliccando sul tag "poeti dell'est"
(Pagina 1 di 2, in totale 18 notizie)
» pagina seguente
|
AmministrazioneRicerca veloceARCHIVIO GENERALERecent Entries
Tagsadelphi editore, adriano spatola, alain jouffroy, alessandra sciacca banti, alessandro assiri, alessandro de caro, alfonso berardinelli, alfredo riponi, amelia rosselli, andrea inglese, angèle paoli, antologia, antonio porta, arcipelago itaca, areale italiano, arte contemporanea, avanguardia, bernard noel, bologna, camera di condizionamento operante, carla paolini, caterina davinio, chiara de luca, copyleft, corrado costa, critica, czeslaw milosz, daniele poletti, daniele santoro, danilo mandolini, davide castiglione, davide nota, derek walcott, diaforia, diego conticello, dino campana, domenico ingenito, dominique sorrente, dotcom press, ebook, editrice pequod, edizioni arca felice, edizioni arcolaio, edizioni cfr, edizioni joker, edizioni kolibris, edizioni lietocolle, edizioni oèdipus, edizioni progetto cultura, elia malagò, elisa castagnoli, emilio capaccio, emilio coco, emilio villa, Enrico Cerquiglini, enrico de lea, enzo campi, eugenio montale, eventi, fabio orecchini, federico federici, filosofia, fotografia, francesco balsamo, Francesco De Girolamo, francesco iannone, francesco marotta, francesco muzzioli, franco fortini, gabriel del sarto, gabriella musetti, gemellaggio, georges bataille, ghérasim luca, giacomo cerrai, giampaolo de pietro, gianfranco fabbri, gianni toti, giovanna tomassucci, giovanni giudici, giovanni raboni, giuliano ladolfi editore, giuseppe samperi, giuseppe scapucci, haiku, hanno detto..., HOMEWORKS, ibrid@menti, ibrid@poesia, il foglio clandestino, incerti editori, inediti, italo calvino, ivano mugnaini, jane kenyon, john taylor, l'impero dei segni, lampi di stampa, la vita felice, le voci della luna, lorenzo mari, lorenzo pompeo, lucianna argentino, luigi cannillo, luigi di ruscio, maalox, maeba sciutti, mambo bologna, marco saya editore, maria pia quintavalla, marina pizzi, mario fresa, marsiglia, martha canfield, massimo pastore, matteo fantuzzi, matteo veronesi, maura del serra, maurizio cucchi, michel deguy, mostra, nanni balestrini, narda fattori, natalia castaldi, nathalie riera, news, note acide, noterelle, oboe sommerso, olivier bastide, palazzo albergati, paolo fabrizio iacuzzi, parole in coincidenza, paul celan, pensiero, piero bigongiari, pier paolo pasolini, pisa, pisa university press, pistoia, poesia, poesia americana, poesia di ricerca, poesia francese, poesia inglese, poesia ispanoamericana, poesia italiana, poesia lirica, poesia multimediale, poesia polacca, poesia spagnola, poesia sperimentale, poesia surrealista, poesia tedesca, poesia visiva, poetica, poeti dell'est, poetry slam, politica fragmenta, premio il ceppo, prufrock edizioni, puntoacapo editrice, questionario, raffaelli editore, raymond farina, recensioni, riflessioni sull'arte, riletture, rita florit, rita pacilio, riviste, roberto ceccarini, roberto veracini, roland barthes, rplibri, saggio, salvatore della capa, sandra palombo, scriptorium, sebastiano aglieco, semiologia, stefano guglielmin, stefano lorefice, surrealismo, t.s.eliot, teresa ferri, tradizione, traduzioni, transeuropa edizioni, ugo magnanti, umberto saba, valeria rossella, valerio magrelli, valérie brantome, video, viola amarelli, viviana scarinci, wallace stevens, wislawa szymborska, zona editrice
|