Martedì, 26 aprile 2016
Come avevo anticipato (vedi) pubblico qui di seguito il saggio di Roberto Galaverni su W. Szymborska contenuto, insieme ad altri di grande interesse, nel volume "Szymborska, la gioia di leggere. Lettori, poeti e critici", che viene in questi giorni presentato al pubblico in una serie di incontri. - Per gentile concessione della Pisa University Press e dell'autore, che ringrazio. Tutti i diritti riservati.
Il primo libro che ho letto di Wisława Szymborska è stato Gente sul ponte, una ventina d’anni fa ormai. Non ricordo se l’accostamento tra la sua poesia o, più precisamente, tra il suo modo di fare poesia e quello del tardo Montale sia scattato già allora, ma certo da parecchio tempo fa parte dei miei pensieri. Proverò a spiegarmi, anche perché il parallelo tra il poeta del male di vivere (o di quel tanto di diluito, se non di fatto poltiglia, che ne è rimasto nella sua più tarda stagione) e la poetessa del sorriso e della gioia di vivere, o per lo meno di scrivere, sarà forse apparso subito alquanto discutibile. C’è però un’altra ragione. Svolgendo questo ragionamento penso infatti di poter chiarire qualcosa anche riguardo alla mia idea della poesia della Szymborska.Solo due avvertenze. Quello che un po’ sommariamente intendo come il tardo, l’ultimo, il vecchio Montale, è in realtà al suo interno piuttosto diversificato, come diversi tra loro sono i suoi ultimi tre libri: Satura, il Diario del ’71 e del ’72 e il Quaderno di quattro anni. Ma è vero che si tratta di una definizione alquanto pratica e in ogni caso legittima, dal momento che gli elementi di continuità, tanto più nella comune discontinuità con la poesia precedente, sono innegabili e di gran lunga prevalenti. La seconda avvertenza riguarda il mio rapporto con la poesia della Szymborska, che – data la mia completa ignoranza del polacco – passa per intero attraverso la traduzione. Le mie considerazioni sono dunque relative a testi poetici tradotti, nel caso specifico, lo sappiamo, quasi per intero da Pietro Marchesani, il cui lavoro devo in ogni senso prendere per buono. Proprio per questo non vedo di buon occhio i casi in cui, com’è accaduto proprio per la Szymborska, l’opera di un autore importante risulta vincolata da una specie di esclusiva di traduzione. Anche al di là della bontà dei risultati e del talento del traduttore, come pure della benemerenza della sua iniziativa e del suo impegno, viene infatti a mancare la possibilità di raffrontare traduzioni diverse e, di conseguenza, di farsi un’idea insieme più complessa e più precisa della poesia originale. La Szymborska che quasi tutti leggiamo, insomma, è una Szymborska-Marchesani. Se penso, per fare solo un esempio, ai tanti e vari modi di tradurre Seamus Heaney, tutti molto riconoscibili e idiosincratici, da parte dei suoi principali traduttori italiani (Buffoni, Mussapi, Fusini, Guerneri, Sacerdoti, Sonzogni), con l’arricchimento reciproco che ne è via via derivato, le cose sembrano stare in modo molto diverso. In ogni caso, le mie impressioni maturate lungo questi anni (e che la traduzione ad opera di Silvano De Fanti delle tredici poesie della raccolta Basta così, postuma sia alla poetessa sia al suo fedele traduttore italiano, non ha modificato) sono quelle di una sostanziale invariabilità della poesia della Szymborska, una volta che questa abbia raggiunto la sua maturità d’espressione (diciamo con Appello allo Yeti del 1957) e, soprattutto, della sua traducibilità, cosa che, visto che si tratta di poesia, di per sé dice già molto. Come accade per tutti i migliori traduttori, anche Marchesani avrà raggiunto risultati ora più ora meno convincenti, ma certo la traduzione funambolica di testi funambolici, per la frequenza delle rime, dei giochi di parole, dei parallelismi e dei rimandi interni (penso ad esempio a Compleanno o a Stupore, entrambi compresi in Ogni caso [OC 309 e 307]), dice comunque di una sensibilità verso lo spessore espressivo e la componente autoreferenziale del linguaggio poetico. Così, al di là di qualche caso sporadico, direi che con la poesia della Szymborska il rischio di un’emorragia di significato dovuta alla traduzione sembra essere ridotto rispetto ad altre poesie e altri poeti. Qualche perplessità nasce anzi e contrario, perché si finisce per chiedersi – questa ovviamente la mia esperienza di lettura – se anche nell’originale sia tutto così limpido e piano, così a posto, così direttamente referenziale. In ogni caso, quanto alla Szymborska, anche dalle poesie postume ciò che ne esce confermato è il prevalere nella sua poesia delle componenti orizzontali, vale a dire colloquiali, discorsive e argomentative, rispetto a quelle verticali. La lingua non ritorna o rifluisce su se stessa – non con decisione, almeno – quanto appare tutta protesa all’esito della dimostrazione come alla propria foce. La funzionalità, la strumentalità del linguaggio poetico prevale di gran lunga sulla sua autonomia; la sua transitività rispetto al contenuto tende a togliere di mezzo, cioè a livellarla come fosse un ostacolo o una diga allo scorrere del senso, ogni possibile intransitività. Discorso, argomentazione, transitività, traducibilità... Proprio come nel tardo Montale.
Continua a leggere "Roberto Galaverni - Per un uso non ordinario della vita e della poesia. Su Wislawa Szymborska"
Mercoledì, 13 aprile 2016
Il convegno su Wislawa Szymborska dal titolo "Szymborska, la gioia di leggere. Lettori, poeti e critici" che si è tenuto a Pisa il 12 e 13 Febbraio 2014, con la partecipazione di importanti critici e scrittori (ne ho dato notizia QUI) ha prodotto un volume dello stesso titolo (Pisa University Press, pagg. 160, euro 15,00), a cura di Donatella Bremer e Giovanna Tomassucci, che raccoglie gli interventi di quei giorni, un testo inedito di Pietro Marchesani, storico traduttore della poetessa, testimonianze di amici e collaboratori, diverse illustrazioni e una lunga poesia anch'essa inedita in Italia della Szymborska (v. l'indice riportato in calce). Il libro (a tutti gli effetti la prima raccolta italiana di saggi sulla poetessa polacca Premio Nobel 1996) sarà illustrato al pubblico in una serie di presentazioni:
22 aprile 2016, centro Culturale Il Funaro, via del Funaro 16 Pistoia h. 18.00
con Alfonso Berardinelli, Massimo Trinci, Massimiliano Barbini, Giovanna Tomassucci
23 aprile 2016, Biblioteca delle Oblate Via S. Egidio Firenze, h. 17.00
con Alfonso Berardinelli, Alba Donati, Niccolò Scaffai, Giovanna Tomassucci
4 maggio 2016, Aula Magna di Palazzo Matteucci, Piazza Torricelli 2 Pisa h. 17.00
con Alfonso Berardinelli, Stefano Brugnolo, Fausto Ciompi, Giacomo Cerrai, Giovanna Tomassucci
12 maggio 2016, nell'ambito del Festival Szymborska, Bologna h. 15. [da definire meglio]
Continua a leggere "Szymborska, la gioia di leggere - Presentazioni"
Mercoledì, 5 agosto 2015
Un breve saggio di Czeslaw Milosz a proposito di Wislawa Szymborska, da titolo "Non l'avevo forse detto?", inedito in Italia, tradotto dal polacco da Giovanna Tomassucci, che ringrazio. Uno scritto che vuole iscriversi in uno sperabile più ampio dibattito sulla poetessa, uno sforzo di più profonda comprensione sui contenuti, le forme, la poetica, e non tanto sulla Szymborska come "fenomeno" o come moda innescata da un "effetto auditel", come è avvenuto qui in Italia nel febbraio del 2012, né tanto meno come inconsueta "base culturale" di manuali del cosiddetto "humanistic management". In questo senso di partecipato approfondimento si è mosso il Convegno che si è tenuto a Pisa nel febbraio del 2014, di cui ho dato notizia QUI, con molti importanti interventi. E nella stessa direzione vuole muoversi il volume che raccoglie gli atti del Convegno e che verrà pubblicato dalla Pisa University press, per la cura di Giovanna Tomassucci e Donatella Bremer. Il libro, che comprenderà anche un testo inedito di Pietro Marchesani sulle sue traduzioni di Szymborska e un ricordo di Marchesani e Vanni Scheiwiller di Laura Novati, si intitolera': "Szymborska: la gioia di leggere. Lettori, poeti e critici [dedicato alla memoria di Pietro Marchesani]" e sarà articolato in tre sezioni, con i relativi interventi: 1. Ricordi e progetti [con interventi dei polacchi Ewa Lipska, Michal Rusinek, presidente della Fondazione Szymborska nonché storico collaboratore della poetessa, Jaroslaw Mikolajewski, poeta, critico, italianista] 2. Poeti [Anna Maria Carpi, Mariagiorgia Ullbar, Paolo Febbraro] 3. Critici [Alfonso Berardinelli, Roberto Galaverni, Donatella Bremer, Andrea Ceccherelli, Giovanna Tomassucci]. ----------------
N.B. Ho aggiunto in calce all'articolo, ad usum lectorum, i testi integrali delle poesie citate da Milosz.
Continua a leggere "Czeslaw Milosz - Non l'avevo forse detto?, a proposito di Szymborska"
Martedì, 28 gennaio 2014
Pisa sta diventando una citta sempre
più poetica, sotto forme e modalità anche molto distanti tra loro, dal
pop all'accademia. Dopo il primo Poetry Slam che si terrà l'8 Febbraio
prossimo (v la notizia QUI), ecco in programma per il 12 e 13 Febbraio un importante convegno dedicato a Wislawa Szymborska,
in onore del suo storico traduttore e studioso Pietro Marchesani, dal
titolo "Szymborska, la gioia di leggere. Lettori, poeti e critici".
L'evento è organizzato dal Dipartimento di Filologia, Letteratura e
Linguistica dell'Università di Pisa e dalla Fondazione Kristina
Bronislava Przyiemska Sbranti, per la cura di Giovanna Tomassucci, e si
articolerà in conferenze, dibattiti, panel, letture e la proiezione del
film-documentario di Katarzyna Kolenda-Zaleska "La vita a volte è
sopportabile. Ritratto ironico di Wislawa Szymborska". Numerosi e
significativi gli interventi di poeti, critici, studiosi (v. il
programma completo QUI): Galaverni, Berardinelli, Lipska, Tomassucci, Mikolaiewski, Bremer, Carpi, Febbraro, Ulbar e altri.
Perchè questo incontro? Ecco quanto affermano gli organizzatori:
"Nel nostro paese la Szymborska ha
rappresentato (e rappresenta) un vero e proprio fenomeno culturale,
testimoniato dalle decine di ristampe e altissime vendite delle sue
raccolte (pubblicate da Scheiwiller e Adelphi), dalle dichiarazioni
entusiastiche di molte personalità della cultura e infine dall'affluenza
agli incontri poetici con lei di centinaia e centinaia di persone (nel
maggio 2007 è stata ospite dell'Università di Pisa e ha tenuto un
intervento in una Sala degli Stemmi gremita fino all'inverosimile; due
anni più tardi, quando la scrittrice è stata invitata dal Collegio
Superiore dell'Università di Bologna, l'Aula Magna di Santa Lucia della
capienza di 1500 persone non è riuscita ad accogliere tutti i
convenuti).
Questo successo, notevole e senza precedenti
(per trovare qualcosa del genere bisogna risalire al fenomeno, del resto
assai diverso, dei Festival di poesia degli anni Settanta e Ottanta),
non è stato accompagnato in Italia da un'equivalente fortuna critica.
Non solo non sono state pubblicate monografie e saggi (a fronte di una
ricca messe di testi pubblicati in Polonia), ma la bella biografia di
Szczęsna e Bikont, Cianfrusaglie del passato. Biografia di Wisława
Szymborska, apparsa subito dopo il conferimento del Nobel e ormai giunta
alla VI edizione, verrà pubblicata in Italia, nella traduzione di
Andrea Ceccherelli, solo nei prossimi mesi. A cercare di sfruttare la
celebrità della scrittrice è stato sorprendentemente un altro settore
editoriale, quello dei manuali italiani di management e sociologia, che
si sono serviti (in genere in modo inadeguato) delle poesie della
Szymborska come di una sorta di "istruzioni per l'uso".
Con il convegno pisano vorremmo cercare di rispondere ad alcune domande:
- Perché la Szymborska fa accostare alla poesia quegli Italiani che
in genere non la leggono? Ed è forse vero che tra di loro ci sono
soprattutto giovani? E ancora, quali sono i suoi elementi "trascinanti"?
- La sua fortuna italiana è forse un fenomeno "privato", che
riguarda solo i lettori? La nostra editoria, sempre meno interessata
alla poesia e a chi continua a leggerla, si è trovata forse anche
disorientata rispetto a un fenomeno in controtendenza come quello della
Szymborska?
- La sua poesia ha influito sul linguaggio poetico italiano dell'ultimo quindicennio?
- Il successo mediatico verificatosi subito dopo la morte della
poetessa soprattutto grazie alla celebrazione che ne ha fatto in prima
serata TV Roberto Saviano ha lasciato tracce a distanza di tempo nello
scenario culturale italiano oppure tale fenomeno è stato in gran parte
"riassorbito", come avviene per molti autori divenuti improvvisamente
celebri presso il grande pubblico?"
Il disegno è di Elena Buono
Lunedì, 23 luglio 2012
Ricevo da Giovanna Tomassucci (*) e pubblico volentieri
Szymborska e il comunismo: conti fatti con il passato
Nelle ultime settimane sulla stampa italiana sembra essersi inaspettatamente aperto un nuovo "caso Szymborska". Non si tratta di uno strascico delle
riflessioni sullo straordinario record di vendita registrato dalla poetessa polacca in Italia (anche grazie alla lettura dei suoi testi da parte di Roberto
Saviano a "Che tempo che fa" dopo la sua morte, nel febbraio scorso), ma di un discorso sul trasformismo degli intellettuali. Prendendo spunto da note
apparse recentemente su "Panorama" e "Il Giornale", Pierluigi Battista sul "Corriere della sera" l’ha chiamata in causa centrando su di lei un ampio
articolo, dal titolo molto simile a quello di un suo libro del 2007: Cancellare le proprie tracce. In versi. La poetessa polacca sarebbe rea di
aver nascosto le proprie poesie dedicate a Lenin alla morte di Stalin.
Per motivare le accuse si citano due grandi scrittori dell’est che hanno riflettuto sulla complicità degli intellettuali con lo stalinismo: il ceco Milan
Kundera e il poeta polacco Czeslaw Milosz, autore della Mente prigioniera, scritta nel ’51 e pubblicata in Italia da Adelphi. Si dimentica però
che anche lo stesso Kundera ha scritto poesie staliniste e che il pamphlet di Milosz, composto in piena guerra fredda, non è privo di componenti
autobiografiche e ritrae letterati ai vertici della Nomenklatura intellettuale stalinista: gli amici di un tempo che lo consideravano ormai un traditore.
Non è il caso quindi estendere i suoi giudizi ai molti giovani intellettuali sostenitori dello stalinismo - la generazione della Szymborska, nata nel ’23 -
che occupavano ruoli di scarso conto. Bisogna invece considerare che, dopo l’apocalisse della guerra, con la sua duplice occupazione tedesca e sovietica,
dopo le due tragiche insurrezioni e il tradimento di Yalta, per molti di loro il mito di uno stato socialmente equo e dell’Urss-baluardo antifascista
appariva l’unico antidoto alla disperazione e al nichilismo. Ne era cosciente lo stesso Milosz, che ha sempre distinto i singoli casi (e cause) e che ha
fatto conoscere Szymborska dall’esilio americano, senza mai scrivere su di lei una sola parola di biasimo.
È inoltre ampiamente noto che la poetessa non ha occultato né la passata appartenenza al partito (fino al 1966) né tanto meno "sepolto" (come si è scritto)
le raccolte poetiche del periodo stalinista, tuttora conservate in molte biblioteche polacche. «Appartenevo alla generazione che credeva. Io credevo.
Quando ho smesso di credere ho smesso di scrivere quelle poesie», aveva dichiarato nel ’91. Esse sono citate dalle sue biografie (tra cui quella di Joanna
Szczesna e Anna Bikont Cianfrusaglie di memorie. Amici e Sogni, che varrebbe la pena di tradurre!), dalle introduzioni del suo traduttore Pietro
Marchesani, dal Web, in primis Wikipedia. Fin dal conferimento del Nobel, proprio a causa di quel suo passato, Szymborska è stata attaccata da molti in
Polonia: quindi non ha senso parlare di rivelazioni che provocano "imbarazzo". L’Europa non è più divisa in due e non si può far finta di ignorare ciò che
è già accaduto nei Paesi dell’ex blocco sovietico, tirando fuori dal cappello vecchie informazioni e contrabbandandole per nuove.
L’articolo di Battista afferma inoltre che per conoscere l’opera di uno scrittore è necessario averne presente l’intera produzione, compresa quella che
potrebbe essere oggetto di censura e biasimo. Alla ricerca di simmetrie, si accosta Szymborska a Günter Grass, che per anni ha occultato la propria
partecipazione giovanile a un reparto di Ss. Non pare quindi cogliere alcuna differenza tra una scelta politica (tenuta celata, nel caso di Grass) e la
stesura di un testo letterario. I versi su Stalin e Lenin della poetessa sono ancora oggi consultabili anche in vari siti web e lei non si è mai sognata di
censurarli, ha scelto solo - come era suo diritto - di non ripubblicarli… Essi sono anche oggettivamente retorici e brutti: secondo i suoi accusatori
italiani avrebbe dovuto inserirli comunque nelle edizioni antologiche delle sue poesie?
Evidentemente chi mette Szymborska sul banco degli imputati non è particolarmente amante della poesia, perché parlando di una scrittrice schiva, che non
amava pronunciarsi in dichiarazioni pubbliche, non ha creduto necessario sfogliare i suoi libri e ascoltare la sua stessa voce. Sarebbe bastato aprire una
qualsiasi delle sue raccolte e leggere Riabilitazione (v. più avanti), una poesia di oltre cinquant’anni fa (dal volume Appello allo Yeti
, 1957, cito dall’edizione Adelphi, 2009 p. 63), che è una sofferta autocritica del suo coinvolgimento politico e morale sotto lo stalinismo, in
particolare della sua partecipazione, insieme a decine di altri intellettuali, a una campagna di stampa contro alcuni sacerdoti polacchi, accusati di
spionaggio in un processo farsa nel 1953:n «È tempo di prendersi la testa fra le mani / e dirle: - Povero Yorick, dov’è la tua ignoranza, / la tua cieca
fiducia, l’innocenza, il tuo "s’aggiusterà", l’equilibrio di spirito tra la verità verificata e quella no? / Li credevo indegni dei nomi / Poiché
l’erbaccia irride i loro tumuli ignoti / E i corvi fanno il verso, e il nevischio schernisce / e invece, Yorick, erano falsi testimoni. / L’eternità dei
morti dura / Finché con la memoria viene pagata. / Valuta instabile. Non passa ora / Che qualcuno non l’abbia perduta / Oggi in materia sono più colta /
Essa può essere concessa e poi tolta / (…)». (giovanna tomassucci)
Articolo già apparso su L’Avvenire del 21 luglio 2012
(*) L'autrice della lettera è, tra l'altro, traduttrice e polonista all'Università di Pisa
Continua a leggere "Wislawa Szymborska - Fango e riabilitazione"
|