Quattro poesie di Michel Deguy, uno dei maggiori poeti francesi contemporanei, tratte dal suo libro di esordio Fragment du cadastre (Frammento
del catasto), pubblicato da Gallimard nel 1960, quando l'autore aveva 30
anni. I primi tre testi sono tratti dalla sezione Parcours en Beauvaisis (una delle zone della Piccardia), mentre l'ultimo è tratto dal Parcours breton,
in un libro in cui la prosa poetica (a cui i francesci sono avvezzi più
di noi) si alterna ai versi nella descrizione di una geografia fisica e
mentale, di un "catasto" anche biografico, di una iniziazione alla
poesia e alla scrittura "che non si stacca dall'enunciato della propria
compatta finitudine perché solo tra i termini del finito può trovar
luogo e contiguità fraseologica l'infinito" (Piero Bigongiari). Le
traduzioni sono mie. (g.c.)
Altre cose di Michel Deguy su IE le trovate QUI
La campagna
Ho perduto la campagna
Color di fattoria e di melo
Il viale con i dieci solchi che percorrevano le pecore al ritorno
La colonia di vacanza dei castagni
dalle ginocchia lisce per saltare i terrapieni,
Le grandi manovre del grano
docile ai dolci contrordini dei pioppi,
I cavalli al lavoro,
La nuca inespressiva delle vacche.
E guidate dal faro alle falesie della sera
La squadra dei covoni e la flottiglia di nubi
Scia di stoppie e di stelle al porto salmastro del crepuscolo
Non rimangono al mio fianco
Che delle api elettriche, non altro.
Da Beauvais
La finestra
La finestra spaziosa quanto basta per chiamare a raccolta le stagioni.
Uscieri in stracci il larice
E l'acacia che in ritardo si spoglia
Conducevano alla mia finestra il cielo;
Sciabola sguainata i balconi del sole
E la terrazza militare
Scortavano la primavera.
In inverno
L'antico comignolo accelerava il vento
Da Beauvais
Il gasometro alla finestra
Il giardino senza prato
Gli alberi fucilati contro il muro
Un ruscelletto che Terreno ha nome
L'edicola sotto il palazzo
E i negozi che battono il marciapiede
E i caffè curvi di vetrine tatuate
E il commercio e la pubblicità
E le due torri che fanno reclame
Per un sottogola d'ardesia...
Al cantiere navale delle arcate
La cattedrale abbandonata:
In fondo alla sentìna il viandante clandestino
Da qui ricomincia l'impossibile traversata.
Agli spazzini ai ragazzi ai preti
Infinitamente sulla gran piazza il giorno.
Da Beauvais
L'estate
Al tempo della mia incredulità
Rondine sotto l'uragano di luce
Che assilla i confini e le sorgenti
Che svaria con la marea montante dei platani
Al tempo della mia incredulità
La bocca oscura delle pupille
I voraci pesci paralleli
Venivano a incollarsi stupefatti
Al grosso vaso della testa
Per inghiottire l'esca del mondo
Al tempo della mia incredulità
Con gli altri nuotatore nel leggero blu del gran vaso celeste
Ma che urtano nel soffitto del nostro al di qua
Nell'immenso tino dove ribolle la preveggenza
Al tempo della mia incredulità
Sentinella dei numeri al semaforo del cielo
L'estate scrivo un libro imperfetto,
Spettatore di vulcani iconoclasti
E del maleficio delle montagne che la terra circonda
Al tempo dell'incredulità
Un adulto in estate convinto del falso
E dell'uso del falso tra l'una città e l'altra
Un adulto che oscilla tra i limiti senza confini
D'un mondo antico e d'un mondo nuovo
Esplora l'Atlantide
Che l'odio ha sommerso dei suoi giorni
Al tempo dell'incredulità
Egli entra nella morte come si diventa pietra
Chiudendo le mani e serrando le palpebre
Cosi profondo che nella sua interiorità passa attraverso.
Testi originali: