Giovedì, 10 luglio 2008
Un articolo di Andrea Cammilleri su La Repubblica di lunedì scorso (v. più oltre qualche estratto), in cui lo scrittore dava conto della pubblicazione di tre Meridiani Mondadori dedicati alla Scuola Siciliana, mi rimanda ai bei tempi in cui studiavo filologia romanza e glottologia e avevo la fortuna di ascoltare menti indimenticabili come Tristano Bolelli. Con la Scuola Siciliana (1230 - 1250 ca.) andiamo alle radici non solo della nostra poesia, ma della nostra stessa lingua, quando, come dice Cammilleri, le parole erano nuove, non erano ancora state sprecate e scialacquate, ancora non avevano perso peso e colore. Continuo a pensare che non sia possibile prescindere da queste nostre radici, vicine o lontane nel tempo, almeno come dato storico e culturale. Che le si chiamino bacino culturale o tradizione, solo conoscendole si può amarle o odiarle, rigettarle o usarle in maniera dinamica come risorsa creativa. Da questo punto di vista mi sembra che ci sia fin troppa ignoranza...
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