Cinque poesie di Enrico Pietrangeli, scelte da "Ad Istambul, tra pubbliche intimità", Edizioni Il Foglio 2007, prefazione di Simonetta Ruggeri, postfazioni di Shaykh Abdul Hadi Palazzi, Emiliano Laurenzi e Gino Scartaghiande. Avevo già pubblicato il 29 dicembre 2006 (v. qui), con qualche nota di commento a cui rimando, altri testi di Pietrangeli che poi hanno trovato anch'essi collocazione nel libro.
A Trieste
A Trieste, dannata frontiera,
galleggiano fluttuanti nel porto
profilattici con sembianze di meduse:
decadente magia colora la sera
e il mio cuore prende forma
di valigia in vinilpelle
(modello anni cinquanta)
occasionale avventore slavo
me ne porge il manico scucito.
Ad Istanbul, tra pubbliche intimità - Seconda parte
I
Lunghe e marcescenti chiatte
all’inverosimile affollate
ed io: a sbirciare sacchetti
sotto i veli di due donne;
costantemente sgomitato
da anfetaminici camerieri
nella teiera affogati.
Più che il paesaggio,
mi ritrovo inerte,
schiacciato ad osservare
quanti consumati legni,
primi decenni corrente secolo,
attraversano il Bosforo
profumando i pensieri.
II
Sotto gli occhi Baudelaire
e dentro un minareto su Haliç,
si erige solitario,
dalla mia angusta e sudicia
cameretta di Sirkeci.
Al soldato - Terza parte
Al muro dei dì alterni,
trascorsi a montar di guardia,
lascio alla memoria
clandestine cicche inserite
nelle ampie scanalature;
le chiamerei pure crepe
se non fosse per il fatto
che parte di uno stesso tempo
ci abbia logorato insieme.
Giorno dopo giorno
Ci sono giorni e giorni
e taluni non ti sopporto,
altri mi venderei l’anima
per sentirti madre, come la terra,
e respirare sul tuo ventre, promontorio
dove tutto sembrerebbe meno vacuo
colmando il sepolcro delle carezze
che la pala, sapientemente, dosa…
Giorni che fuggiamo, atterriti,
per poi volgere, sempre più accorti,
strateghi artefici di altre morti.
Sono giorni di sesso viscerale,
trivellati in profonde falde.
Primigenio e terricolo
anelare un diritto alla vita.
Sostanze organiche
Mentre questa strana imbarcazione
sopravvive in scheletriche strutture
divorate dalla ruggine, solitario, remo,
traverso contorti percorsi della ragione
tra i moti ondosi di un incerto vivere
poi, come un batterio, prolifico, lento,
avanzo e mi diffondo in muffe:
eco di una gloria mai celebrata
che percepiamo a sera, languore
tumultuoso d’insonni, attivi fermenti.