Dedico questa poesia alle mie amiche poetesse isolane, Sandra Palombo, Angèle Paoli, Antonella Pizzo, isole nella corrente...
ISOLE
Al non irraggiungibile orizzonte
Settembre scioglie le foschìe riappare
Livorno consueta e a noi di fronte
La Gorgona posata in mezzo al mare
Ma lenta già riaffonda all'invisibile
L'Elba e con lei Capraia e Capo Corso
E fantasmi di più remote isole
Inghiottite dal cielo sorso a sorso
"Se vuol vederle" squilla "si alzi presto!"
Armata di binocolo la Lina
Al cui sorriso dà allegria più fresco
Il bel poggiolo di prima mattina
La serra, 6-8 settembre 1992
Dice Rodolfo Zucco nell'apparato critico de "I versi della vita" (Mondadori, 2000): 'Isole' testimonia (con Bertoni) come sia "proprietà felice di tutto Giudici quella che relativizza ogni ipotesi di sublime troppo pronunciato, mentre porta alla dimensione di una quotidianità all'apparenza abituale e ripetibile tutte le possibili sfide al senso e all'"orizzonte" del limite".
Inevitabile sottolineare, come fa lo stesso Zucco, il rimando a Montale e al nucleo centrale della sua "Casa sul mare" (Ossi di seppia, 1925), che vale la pena di trascrivere per intero:
Casa sul mare
ll viaggio finisce qui:
nelle cure meschine che dividono
l’anima che non sa più dare un grido.
Ora I minuti sono eguali e fissi
come I giri di ruota della pompa.
Un giro: un salir d’acqua che rimbomba.
Un altro, altr’acqua, a tratti un cigolio.
Il viaggio finisce a questa spiaggia
che tentano gli assidui e lenti flussi.
Nulla disvela se non pigri fumi
la marina che tramano di conche
I soffi leni: ed è raro che appaia
nella bonaccia muta
tra l’isole dell’aria migrabonde
la Corsica dorsuta o la Capraia.
Tu chiedi se così tutto vanisce
in questa poca nebbia di memorie;
se nell’ora che torpe o nel sospiro
del frangente si compie ogni destino.
Vorrei dirti che no, che ti s’appressa
l’ora che passerai di là dal tempo;
forse solo chi vuole s’infinita,
e questo tu potrai, chissà, non io.
Penso che per i più non sia salvezza,
ma taluno sovverta ogni disegno,
passi il varco, qual volle si ritrovi.
Vorrei prima di cedere segnarti
codesta via di fuga
labile come nei sommossi campi
del mare spuma o ruga.
Ti dono anche l’avara mia speranza.
A’ nuovi giorni, stanco, non so crescerla:
l’offro in pegno al tuo fato, che ti scampi.
Il cammino finisce a queste prode
che rode la marea col moto alterno.
Il tuo cuore vicino che non m’ode
salpa già forse per l’eterno.
(Eugenio Montale, Ossi di seppia; Meriggi e ombre)