Mercoledì, 22 dicembre 2010
Caterina Davinio - Fenomenologie seriali - Campanotto 2010 (il libro, diviso in due parti, quella che dà il titolo e Squeeze, è totalmente bilingue, le traduzioni in inglese sono di David W. Seaman)
Di quali fenomenologie parla Caterina Davinio in questo libro? E perchè
seriali? Come dice lei stessa, della "malattia d'amore" e della poesia,
"fenomeni seriali cui prestare scientifico interesse", e quindi con il
necessario distacco (epistemologico, direi), poichè "non dobbiamo farci
illusioni: qui si racconta uno spazio vuoto, dove non filtrano immagini
del mondo, ma loro incerte promesse, non verità, ma giuramenti volubili
d'innamorato". Da queste poche parole in premessa potremmo quindi
intuire una poetica, già storicamente attestata nell'arte del '900,
della ripetizione o serialità appunto, ma anche una convinzione della
eterna riproducibilità (e riproposizione) di amore e poesia, sia come
fatti inscindibili l'uno dall'altra, sia come perenni dinamiche
dell'animo umano.
Certo, c'è il vuoto (della disillusione, del disamore), c'è la volontà -
per combattere il dolore - di depotenziare questi fenomeni (amore,
poesia) oggettivandoli appunto a fenomeni da esaminare con
occhio freddo da analista. Come artista digitale e d'avanguardia
affermata (v. note bio), Davinio sa come fare. Certamente, come dice lei
stessa sempre in premessa, con "la sintassi spezzata e un uso minimale
della parola - epifania nello spazio bianco, frammento di storia che
continua altrove - la punteggiatura eversiva, il discorso rotto
dall'intensità biologica (si badi bene, non sentimentale) del desiderio,
del pianto...". Ma anche con una selezione accurata del lessico che
appropriatamente il critico Francesco Muzzioli, nella esauriente
postfazione, definisce "tagliente" (come pure le immagini che esso
produce) legando questo esito alla "tecnica" dell'autrice (e qui -
aggiungo - di nuovo è forte il richiamo a modalità artistiche moderne)
di "ritagliare" via dalla continuità temporale dell'evento uno spigoloso
frammento fenomenico. Come non farsi richiamare alla memoria Hains o
Rotella (Matisse, ovviamente) o la tecnica à plat
violentemente contornata di tanta pittura moderna. Sul versante
linguistico e stilistico, invece, un certo Antonio Porta. In questi
contorni, il dualismo amoroso io/tu, come nota ancora Muzzioli, si
frange di continuo, si dilata e si comprime all'interno (ancora e
tuttavia) di un lirismo che è però, aggiungerei, "concettuale", quasi un
ready made poetico all'interno del quale il frammento esperienziale fluttua. E' nella seconda parte, Squeeze,
che questa compressione viene in parte liberata, per quanto il dolore
permanga alcuni vuoti tornano a riempirsi, c'è più narrazione, quasi una
riconciliazione con un canto, con la consapevolezza di una specie di
gloria della sconfitta amorosa, della "nostalgia / dei chiodi nelle mani
/ e nei piedi danzanti". Scrivevo tempo fa che l'unica poesia che vale
la pena di leggere è quella che ti aiuta a leggere il presente, o
meglio ancora il futuro. Quello che affascina in questo libro di grande
coerenza è che affronta un tema antico e privato ma restituisce uno
sguardo contemporaneo e collettivo sulla realtà.
da Fenomenologie seriali
VI
Il bene camminava scalzo Era nostro malgrado E nonostante noi Andava intorno vago sole scappato alle orbite, e le traiettorie del tuo spazio avevano lunghe curve, non misurabili parabole. Mentre io ti giuravo che sempre. E spergiuravo che per sempre.
La pensilina tagliava prospettive oblique tra cielo e terra Si conficcava fra binari e nubi grigie Con il nostro precario senso Fendeva la retina passiva Il cuore fermo.
VIII
Il giallo oro verdicante come angoscia Che fende il mio spazio - cielo il liquido sole mio cielo - Tuonava in alto, poco sopra l'orizzonte E il verde grida nell'erba E il piombo delle nubi chiude il coperchio E l'acqua diamantina conserva tutto del mondo nei solchi di terra e ancora un po' di mondo e la luce tutta da bere, fredda E il sangue di rampicanti avviticchiato ai pini E il verde nero dei pini E il mio passo di sole tra i fili di grano E la tua casa, prima del bosco E la tua casa prima le cose tue l'aria tua il mondo tuo e il pensiero tuo gli amati tuoi E il tuo tempo Il tuo tutto Il tuo ferro la tua pietra.
IX
Così forte, e mi chiedevo cosa fosse
Perché l'urlo di dicembre schianta querce secolari E io strappo le mie foglie i miei rami E io pianta nuda non odo che stormire di fronde e rumore di ali tra le non-foglie i non-rami e il freddo del tronco rotto e il fuoco del non-tempo non ho tempo non ho più tempo
Conto secondi secolari anelli nel tronco dei nostri alberi, spezzo tutti i rami nostri e nulla mi consola.
E scalza sul prato ferito (rosso-sangue) non lascio tempo niente al caso a deserto, le gemme.
X
La collina non ha che il rosso del sangue e il nero delle foglie marce tremo al passaggio della tua ombra e ricordo ogni secondo del non accadere registro il tempo del non, tutto. Le sue fìtte, i colpi bassi. Dico: Stringimi e non accadere, amato mio, non dirmi adesso, un giorno mai Non dirmi. Ch'io ti racchiudo e ri-contengo tutto Come il tuo cuore batte sangue mio (perché ti corro nel bruciante petto?) E ancora, sulla bocca ciliege uccise come rosa e dolce, sale e riso e se.
GUERRE
XV
L'acqua riga colline dure Fianchi scabri Versanti nodosi e neri. Strappo fili d'erba come corro sentieri nel bosco E vanno le mie morti innumerevoli a passo di soldati Marciano compatte, poi rompono le righe ferocissime giù per gli inguini e i seni come lingue e denti, graffi e carne, vanno dure come battaglie in me e a fondo nei miei crepacci.
XVI
(Nella nebbia-fine)
Osavo, ma non oltre il confine del tuo passo Perché non esistessero verità oltre te E null'altro su cui posare lo sguardo.
E quando il freddo la sapeva lunga sulle mie ossa di creatura scaltra ma senza piani ricordavo che non potevo, e l'indomani sarei (andata) dove terminano tutte le stazioni E le ore E le curve E i punti di fuga E le infinite funzioni matematiche.
XIX
Mentre gli orologi scandivano tondi secondi ore e secondi bruni, così precisi di toni medi, né chiari, né forti né scuri, né grigi La mia lente si fece dura e perfino il silenzio, luogo più grande dove metterti.
Caddi senz'armi senz'aggrapparmi.
L'ora dilaga in tutte le sfumature rosso sfinito assolutamente metodico, con tavolozze di mestiere, sciorina medietà silenziose, ficca passi regolari a un lungo funerale.
da Squeeze
LA CASA II
Così sapiente di cose dimenticate di coloro che più non sono. Il viale zitto tra alberi alti ora piccola siepe nuova e le pietre ora lisce, la vernice fresca sotto cui riposano altri strati e storie d'occhi, voci e corpi fanciulli, di elastiche ossa adolescenti, respiri primi del passato nostro, Padre Nostro, quel santuario di piedi scalzi danzanti in una vita forse solo sognata.
E poi affondare occhi tremendi nel tramonto - nell'infinito dolore - che filtra dalla siepe tremula, fiorita nella notte di luci sospesa sull'orizzonte rosso - debordare nella fine - passioni di poesie tragiche dove fu odiata la vita, cresciuta in gemme turgide pregna del minuto; geme adesso, e piango l'ora priva, l'aria greve riarsa tra corteggi di vespe sciami assediami d'inezie, così anche l'oggi fugge, inevaso. Come masticare suoni nuovi, canti fieri di presente confusi a quelli d'allora, dalla profondità dove il tempo rovina scandito da luttuosi orologi, pretendendo ciò che è suo: tempo e altri segni di tempo.
CHAT LOVE 2005
I
Wonder_38
Il tuo nome acceso nel monitor e il cuore rapido come una freccia. L'anima è cosa sottile, l'anima è vetro, taglienti i suoi frantumi nel petto di sangue. Dal pianeta, il più distante dal sole, tu, o solo il tuo nome come un arco lucente.
II
Liebling. Da una luna remota ti scrive amore nero su bianca luce di plasma, segni d'inchiostro e amicizia, carezze e altre cose sensibili (cerchi di niente) segnali di ciclo vitale alieno con cui ti sfioro. Oh, cose future! Accesso remoto agli occhi, al cuore! Due punti, parentesi (sorrido) lacrime, come apostrofi e virgole, sorrisi come parentesi e approdi.
Dimentica.mi @ @ @ :0
,,
(
-
.
,
segni e segnali
dalla petrosa via lattea;
dalla luna cometa,
il mondo
.
III
Chat_love_4
Un giorno dopo l'altro accendo le macchine, dispiego la loro immensa memoria, ogni giorno incendio i motori, poi dentro mi spengo.
Ma il tuo nome è un arco lucente, solca la notte del monitor come una freccia, come una cometa e mi manca quel farti sentire.
Lo sai che non ho miti. Amo le automobili da corsa e poche altre cose che non posso dire.
LA PARTENZA S'APRE
terre di nessuno dove lo sguardo s'allunga incredulo
Forse niente, ipotesi di passione pensata, un numero in un indirizzario, recapito a infinito punto-it, inesauribile appunto sul taccuino o tempo sull'apatia della bonaccia che svuota le vele, due note, due lettere, una virgola
, segno segreto.
Caterina Davinio (Foggia, 1957). Ha vissuto a Roma dal 1961 al 1996, dove dopo la laurea in Lettere si è occupata d'arte contemporanea e poesia dei nuovi media come autrice, curatrice e teorica. Tra i pionieri della poesia digitale nel 1990, è stata l'iniziatrice della Net-poetry in Italia nel 1998. Fra le sue pubblicazioni: Color color (romanzo, Campanotto, 1998), Tecno-Poesia e realtà virtuali (saggio, Sometti. Mantova 2002, con prefazione di Eugenio Miccini. Nella collana Archivio della poesia del 900). Il suo lavoro multimediale è stato esposto in molti paesi in Europa, Nord e Sud America, Asia, Australia, sei volte in progetti nella Biennale di Venezia ed Eventi collaterali dal 1997. Tra le biennali internazionali: Atene (2007), Sidney (on line, 2008), Biennales de Lyon (1999, 2007), Liverpool (Independents, 2006, 2008), Biennale dei nuovi media (Merida, Messico 2003) e altre. Vive a Monza e a Lecco.
v. anche http://www.youtube.com/user/CaterinaDav
Nota: ho omesso le traduzioni inglesi di David W. Seaman, benchè interessanti, per ragioni di spazio e perchè non le ritenevo indispensabili, in questa limitata selezione, per definire la personalità dell'autrice.
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Tracciato: Set 06, 17:32