Pierre-Albert Jourdan, che il suo traduttore americano John Taylor ha definito "uno
dei segreti meglio conservati della letteratura francese", fu un poeta
discreto la cui opera, pur essendo stata definita essenziale da poeti di grande
levatura, è rimasta ignorata dalla ricerca universitaria e sconosciuta non
solamente al grande pubblico ma anche a quelli, più esigui, che costituiscono il
pubblico abituale della poesia.
Nato il 3 febbraio del 1924 a Parigi e morto il 13 settembre
1981 a Caromb (Vaucluse), Jourdan fece studi di scienze politiche, commerciali
e giuridici e poi lavorò tutta la vita come capo servizio in una società di
trasporti pubblici. Cominciò a scrivere, a partire dal 1956, tenendosi in
disparte dagli ambienti letterari. Dopo la pubblicazione senza eco nel 1961 di
una prima raccolta di poesia intitolata La
Langue des Fumées e marcata dall'influenza di René Char, continuò in
silenzio una produzione abbondante e varia. Fino al 1973 essa si compose
essenzialmente di numerose poesie, restate inedite finchè è vissuto - con
l'eccezione di pubblicazioni parziali in diverse riviste - e raggruppate, dopo
complesse variazioni, in raccolte manoscritte come Le Chemin nu, Ce Torrent
d'ombre.
Non ostante il suo vivere appartato, Jourdan fu amico di
poeti prestigiosi come Henri Michaux, René Char, incontrato nel 1957 e che fece
pubblicare il suo primo e unico libro, o, tra quelli più recenti, Yves
Bonnefoy,Philippe Jaccottet, Jacques
Réda, Lorand Gaspar, che hanno collaborato anche alla rivista fondata da Jourdan,
Port-des-Singes, e gli hanno tributato
diversi omaggi. Oltre ai saggi a lui dedicati, Jaccottet e Bonnefoy hanno
curato le raccolte postume di Jourdan, rispettivamente Le Bonjour et l’Adieu, Mercure de France, Paris, 1991 e Les Sandales de paille, Mercure de
France, Paris, 1987
« Quello che mi ha molto colpito fin da subito in
Jourdan è che la sua poesia e i suoi frammenti non sono affatto dei giochi
letterari, ma mettono in gioco molto profondamente il senso stesso della sua
vita. La scrittura è per lui un mezzo di trasformarsi in meglio, e più
realmente, vivere. A questi fini utilizza una lingua semplice e discreta, che
rende la sua lettura accessibile a tutti, e nello stesso tempo di una
accuratezza che lo rende veramente essenziale se si è interessati al
miglioramento di sé e alle questioni di ordine etico e spirituale » (Elodie Meunier)
Testi tratti da La Terre seule (1959-1964), incluso nella raccolta « Le bonjour et l’adieu », Éditions Mercure de France, 1991 (prefazione di Philippe Jaccottet).
L’observatoire
Follement le jour frappe qui s’avance, affamé, et tremble sous un ciel d’exclamations, d’ébauches ouvrant de nouveau cycles, de nouveaux chars impétueux dans le cortège de poussières. Follement.
Qu’as-tu sauvé de ce jour emporté, sinon la faim?
(Une coulée de pierres coupe l’étroit sentier qui serpente au flanc abrupt de la montagne. L’obstacle répété mène au bord du vertige. L’étroit sentier n’existe que pour cette ascension, cette glissade fatale. Il est seul à relier une source précieuse au premier lit des amants. Même s’il disparaît, rongé par quelque brume corrosive.)
Qu’as-tu sauvé de ce jour, sinon la faim, la faim transmissible comme un flambeau.
L’osservatorio
Follemente colpisce il giorno che viene avanti, affamato, e trema sotto un cielo di esclamazioni, di abbozzi, aprendo nuovi cicli, nuovi carri irruenti nel corteo della polvere. Follemente.
Di questo giorno portato via, che cosa hai salvato, se non la fame?
(Una colata di pietre taglia lo stretto cammino che serpeggia lungo il ripido fianco della montagna. L’ostacolo ripetuto conduce all’orlo della vertigine. Lo stretto cammino non esiste che per questa sola ascensione, per questo solo scivolare fatale. Lui solo unisce la fonte preziosa al primo letto degli amanti. Anche se scompare, consumato da qualche nebbia corrosiva.)
Di questo giorno, che cosa hai salvato, se non la fame, la fame trasmissibile come una fiaccola.
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Jardin suspendu
Surgissent à nouveau de vieilles douleurs, tout est en place. La porte s’ouvre sur des murmures de soleil, ponctuations de crêtes. Le fauteuil n’est qu’un peu de terre autour d’un tronc noirci. Puis vient l’apaisement, le déferlement de l’espace.
Les degrés de la sagesse, ici, sont de pierres grises, tachetées d’ombre, masquées d’herbe sèches, paroles élémentaires. Une saison clémente se met en marche, comment nommer ce fruit?
Un dessin de sol craquelé, lambeau de désert bordé de mamelons de pierres comme s’entassent les siècles ; une soif grise. La montagne s’alanguit, domination sereine qui s’éprend, semble-t-il, de la lassitude ourlée de cigales en touffes, repères du feu. N’était-il pas question d’un fruit?
Le mal précieux de cette rose injurieuse.
Giardino sospeso
Sorgono di nuovo antichi dolori, tutto è a posto. La porta si apre sui mormorii del sole che punteggiano le creste. La poltrona è solo un pò di terra attorno ad un tronco annerito. Poi segue la quiete, lo spazio che irrompe.
Gli scalini della saggezza, quì, sono di pietre grigie, maculate d'ombra, nascoste da erbe secche, parole elementari.. Una stagione clemente si mette in cammino, come chiamare questo frutto?
Un disegno di terra screpolata, brandello di deserto cerchiato di mammelloni di pietre come vengono ad ammassarsi i secoli; una sete grigia. La montagna s’illanguidisce, dominio sereno che s’innamora, si direbbe, della stanchezza orlata di ciuffi di cicale, segnali del fuoco. Non è vero che si trattava di un frutto?
Il male prezioso di questa rosa ingiuriosa.
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Le paraphe
Il n’y a jamais qu’un rôdeur, un instant appuyé contre une écorce, un nuage, un rocher ; aspiré par la vague, noyé dans le sable. Un rôdeur qui caresse le chemin, interroge les bêtes, tente d’épeler le silence.
Un oiseau curieux descend de branche en branche. Sa gorge couleur de feu. Vibrations. Le sol bouge doucement. Les murs imperceptiblement se fendillent. Ce visage est le mien.
L’espace meurt lentement. Le rôdeur sera bientôt cible, sans plus de poids sous l’immense joue.
Nulle griffe dans l’air. Que se coagule cet amour et ce sera une montagne. Mille perspectives qui s’ouvrent.
Blafard qui croît planter le fer, rose ma descendance!
Il paraffo 1
Non ci sarà altro che un girovago, un attimo poggiato contro una corteccia, una nuvola, una rupe; aspirato dall’onda, annegato nella sabbia. Un girovago che accarezza la strada, che interroga le bestie, che tenta di compitare il silenzio.
Un uccello curioso scende di frasca in frasca. La gola color di fuoco. Vibrazioni. Il suolo si muove pian piano. Si screpolano i muri, impercettibilmente. Questo viso è il mio.
Lo spazio muore lentamente. Presto il girovago sarà bersaglio, senza più peso sotto l’immensa guancia.
Nessuna grinfia nell’aria. Che venga a coagularsi questo amore e sarà una montagna. Si aprono mille prospettive.
Livido colui che crede di infiggere la lama, rosa la mia discendenza!
(trad. Valérie Brantôme e G.Cerrai)
1 parafa [pa-rà-fa]
s.f. o paraffo s.m.
1 burocr. Sigla, firma abbreviata che si appone
in calce a un documento per autenticarlo; nel l. diplomatico, periodo che
intercorre tra la conclusione di un accordo e la firma del testo
2 Svolazzo o ghirigoro aggiunto alla firma per
renderla più personale e difficilmente falsificabile
LES NUAGES PARFOIS S’ENLISENT
Les nuages parfois s’enlisent sur des terres trompeuses. L’orage oublie ses étranges pouvoirs. Nous sommes là, perpétuant par des plaintes absurdes cet oubli d’un jardin. Les dieux nous sont maintenant comme ce duvet de chardon dans l’espace. Pierres éclatées le champ rendu ― ouvert au délire ― la nuit trop lourde bascule.
L’aube, encore, sublime, la pièce de soleil jetée par compassion dans l’aveugle écuelle.
(été 1962)
A VOLTE LE NUVOLE SPROFONDANO
A volte le nuvole sprofondano su terre ingannatrici. Il temporale scorda i suoi strani poteri. Noi siamo là, tramandando con dei lamenti assurdi questa amnesia d'un giardino. Gli dei ci appaiono ora come questa peluria di cardo nello spazio. Pietre schiantate reso il campo - aperto al delirio - la notte troppo pesante oscilla.
L'alba, ancora, sublime, il pezzo di sole gettato per compassione nella cieca scodella.
(estate 1962)
(inedita, in Rivista "Europe", marzo 2007, p.191) (trad. G. Cerrai e Valérie Brantôme)
Un sito dedicato a P.-A. Jourdan (in francese) V. qui
Illustrazione: P.-A. J. alla finestra della sua casa a l'Haÿ-les-Roses, circa 1975 (Photo Gilles Jourdan).