Lunedì, 22 giugno 2009
Se Henry Chinaski (cioè quello straordinario ubriacone di Heinrich Karl "Charles" Bukowski) e Fabrizio De André si fossero mai incontrati in qualche bar intorno al porto di Genova, probabilmente si sarebbero raccontati storie come queste, stringendo gli occhi al fumo delle loro sigarette. Un incontro impossibile, o immaginabile solo tramite la letteratura, o il sogno di un poeta come Massimo Pastore, di cui Bukowski è in effetti il nume tutelare. Non solo in quanto poeta, ma anche e forse di più come narratore, appunto, di storie, che recuperano pezzi di vita, pubblici o privati, con un linguaggio che alla vita (o a come si presume la vita parli) assomiglia. E poi magari questo linguaggio, anzi questa lingua proprio nel senso saussuriano, si addensa in forme chiuse e metriche o ripetizioni/ritornelli che - appunto - funzionerebbero benissimo musicate (v.ad esempio in Gesù dei carruggi, ma anche le inedite qui in calce). Perchè "lingua"? Perchè Massimo è giovane (è del 1978), e quindi con un pò di rabbia e di rivolta addosso e con qualche spinta dentro uguale e contraria. Così che a volte ricorre a un linguaggio condiviso, "giovanile", a un codice che, a volte pigiando sul pedale degli effetti, di disillusione e sfiducia deve avere il sapore. Ma anche, ecco, di malinconia un pò rimbaudiana un pò romantica, per cui anche il colloquiare quotidiano, il mimetico balbettio degli ubriachi, il parlare di tutti i giorni al bar (magari della "carogna" che ci sta sulle spalle, degli amori in attesa o persi, del popolo che sfila nei carruggi) vira verso un'aria lirica e limpida che tutto contiene, che sa di mare, che vignetta le storie e le inquadra come in una striscia di Corto Maltese. Con una certa varietà di registri, corti o lunghi al bisogno, con il controllo (non sempre perfetto ma spesso molto buono) della propria ispirazione, dei mezzi stilistici, delle buone vecchie figure retoriche, del ventaglio lessicale disponibile, Massimo compone piccole partiture, ma niente affatto minimaliste o bozzettistiche, proprio perchè non hanno questa pretesa, non vogliono essere emblematiche, rispondono al doppio bisogno di chi scrive e di chi legge. Il segreto infatti è raccontare cose note e lo stupore di esse meglio di quanto farebbe il lettore. E non è poco.
GESÙ DEI CARRUGGI
Credimi, l’astio e il malcontento
Si mischian ai sorrisi, ai marinai,
e camminan a braccetto sottovento
tra i carruggi ed i vinai,
credimi ti perderesti fratello
seguendo il polline del mare
che dalla lanterna come un uccello
vola portandone odor di sale
e magari potresti incrociare
la stanza di maria, sorriso messicano
un culo tondo da baciare
ed un gemito disumano
o magari ti troveresti per mano
in una strada piccina
tra l’africa e un napoletano:
“guagliò hascisc o cocaina.”
Credimi, l’astio e il malcontento
Si mischian ai sorrisi, ai carabinieri
E camminan a braccetto sottovento
Tra i carruggi e i negrieri
E potresti trovare tra chi muore di fame
Tra la rumenta e gli alcolizzati
Tra le briciole di pane
E il sorriso sdentato dei drogati
Gli occhi neri di un bambino
Profumo d’africa, elastici come caucciù,
suo padre è un assassino
e lui è dolce, lui è gesù.
I marinai salpano l’ancora e le mutande
Arrossisce il sole con mille forme
Pare proprio una festa di ghirlande
Mentre il figlio dell’assassino, gesù ora dorme.
ASTRATTO PALPABILE
Ho donato la mia spalla nuda
alla notte, quando le stelle
si facevano spazio coi denti
tra le inquietudini del cielo
allora cantavo una canzone lenta
sillabata, quasi come se le parole
scuotessero la lingua
mutando stagioni, dissapori e assolute verità
e con le scarpe sugli occhi
andavo legando, slegando sotto il cielo
montagne di teoremi
o piccole poesie.
TUTTI DOBBIAMO ESSERE BACIATI
Hai qualcosa del puttaniere, del pervertito, del vizioso,
hai qualcosa di rosa sulla guancia, sembra un bacio,
credo proprio sia un bacio…
muori come un idiota dietro le insegne delle profumerie,
concorri per un premio speciale alla critica dei bassi,
conosci l’odore del sudore di una puttana infranto da dodicimila sudori,
hai le labbra bagnate di tabacco… ti baceranno, stanne certo, ti baceranno…
hai qualcosa del drogato, dell’assassino, dell’uomo nero,
hai qualcosa di bianco sulla testa, sembra un pezzo di luna
un cappello di ciliegie…
potresti vendere santini sulle scale di una chiesa, potresti calpestare
gli alcolizzati davanti alle tabaccherie…
ti direi un uccello su un filo oppure un uomo qualunque
ma ti baceranno, stanne certo, ti baceranno…
muovi le tue braccia come le ali di un uccello,
immagina un rasoio a 100 kilometri orari
che scende veloce sull’onda notturna
e la taglia in due gocce simmetriche
lasciando intuire tutti i colori del mare…
hai qualcosa… ti baceranno, tutti dobbiamo essere baciati…
SCHIELE E GLI ULTIMI ARRIVATI
Gli specchi dei pavoni,
le grida di vento dei mari del sud,
lo storpio del caseggiato,
i tossici e le panchine e le miniere d’ oro
bruciate su un cucchiaio,
e i tuoi occhi, occhi di vernice…
Schiele nacque in una stazione ferroviaria a Tulnn,
dipingeva perlopiù puttane,
i barattoli di vetro che ho lasciato sul davanzale
hanno il colore che il tempo decide,
il mio cane era una puttana, le mie mani sono due puttane
che non si arrendono all’artrite
e ti scrivo da molto lontano, ti scrivo perché non ho niente da dire…
il giorno passato si è trasformato in un pastello,
peccato tu non possa vederlo…
dipingevi, e dipingevi male
ma cosa vuoi che importi allo storpio del caseggiato
e ai tossici, e alle panchine e alle miniere d’oro
bruciate su un cucchiaio…
dipingevi, e dipingevi male male male
anche se i tuoi occhi, o forse erano i miei, erano occhi di vernice,
e si accendevano quando sul tuo viso cresceva il mattino degli ultimi arrivati,
e l’ultimo arrivato prese il mio posto, il mio odore, le mie poesie
e fece con te quello che gli ubriachi fanno alla luna…
LA STORIA DI UN CORMORANO
Cartoline in bianco e nero,
un bacio rosso indurito…
sento con il dito
il tempo trascorso a seccare
sui vagoni…
voglia di strappare le ali ad un cormorano
ho costruito un ammasso di stecchi
sarà lì, che mi fermerò a nidificare
nel silenzio che solo la pioggia
ti può far notare…
ieri all’azzurro hanno portato due sassi dalla grecia,
uno per la mia rivolta.
L’altro per la tua vendetta.
Sembravano grigi, hai presente la polvere di un uomo?
Grigi come il volto dei vivi sui tram al primo mattino,
dove ho confuso duecento volti per il tuo bacio
seccato nei vagoni…
prestissimo lascerò il mio lavoro,
dimenticherò il tuo nome,
asciugherò le lacrime con una molotov sul cuore
e dove mi diranno di sparare
io coltiverò pomodori.
Allontanandomi da un caso letterario distribuito in lattina
ti aspetterò trecento notti ancora, magari tatuandomi di miele,
troverai il tuo letto caldo, ed un cormorano
tutto intento a far l’amore con le parole…
CONFIDENZIALE
Un odore di rosmarino
intorno ai fiori delle tue vene,
la bicicletta di Truffaut,
i film in francese,
le tue mutande francesi
dove seppellirono il tuo odore
e adesso che il naso è corto
non ti sento più arrivare…
chiudono le imposte i venditori,
mi strofino su una stella come un gatto
perché mi sembra l’unica cosa da fare,
e ti conto gli occhi contro il cielo
mentre la sigaretta mi brucia le labbra…
se un giorno ti chiamavo amore
tu non farci caso,
sarà stata una scheggia d’universo sul comodino
a ricordarti il timbro della mia voce…
- forse bisogna sperare che non venga di nuovo ottobre -
PULSIONE VERTICALE
Ripetuti e assenti –io sto bene-
passi d’altri che ripercorro,
gioia che inchioda
alla sfumatura del nero,
colpo d’occhio rotondo
che riannoda funi alle mani
non esattamente di cristallo
meglio dire mani di acciaio
o mani mani mani
che stringono mani…
è vanificato –spero- il limite
delle mie pulsioni scure,
si avvicina l’estate, l’erba gialla
ed il canto sciamano del grillo…
fa caldo, mi assale
il desiderio di stenderti sull’erba
pulsione verticale,
amore astrale…
dicono che la perfezione di un bacio
stia nella grazia dell’umido
ultimo istante di lingua…
(inedita)
LA MIA GEOGRAFIA
Taciturno
Sterco
Di luna…
Obbedire regredire morire.
Dove?
dove si contano le doti…
dove arrossiscono le gote…
dove il boia è soltanto il riflesso dentro lo specchio
del profilo migliore… il sinistro credo…
E nessuno che domandi del tuo progetto:
- un giorno mi fermerò a cercare tutti i baci del mondo,
in una piazza, sui tram, nelle discariche…-
Ecco siamo giunti nel paese dove ebbe origine il padre di mio padre,
la mappa dei miei desideri è scritta sulle braccia
ed ancora inseguo la mia geografia
raccogliendo i capelli di una donna in un continente
misterioso,
un giorno intreccerò la sottile linea che separa la luna
dal mio baricentro,
e ti dirò che ti amo, probabilmente,
ma tu non farci caso,
questa è la mia geografia, soltanto la mia geografia.
(inedita)
CANE CHE ABBATTE PALPITO CHE BATTE
Vuoto
Vuoto
Vuoto…
Scialle di strisce cielo sereno
mutazioni verderame
delle foglie
spirale, in amore…
cane che abbatte
palpito
che batte….
Alterno i frontespizi
con i nomi dei tuoi
eterni capelli,
autrice in prima pagina
editrice delle mie lunghe mani bianche…
penetrante tensione
piano muto d’orizzonte
amo la periferia del tuo sorriso
come cane che abbatte
palpito
che batte…
Vuoto
Vuoto
Vuoto
Ciò che ci circonda.
(inedita)
Massimo Pastore è nato nel 1978 a Genova dove tuttora risiede. Nel 2001 ha ottenuto il premio “De Palchi – Raiziss” con il componimento Gesù dei carrugi. Nello stesso anno ha pubblicato una raccolta di liriche dal titolo Noi altri che morimmo a trent’anni. Ha preso parte a varie manifestazioni culturali quali la “Carovana dei versi”, il “Festival pop della resistenza” ideato da Gianpiero Alloiso, e “Genova inedita”. Collabora attivamente con letture poetiche presso circoli Arci e centri sociali. Il suo sito: http://centroelementipoetici.wordpress.com/
foto: by Noemi Bisio from Flickr (CCL)
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Tracciato: Gen 05, 16:38
Tracciato: Ott 14, 19:28