Mario Sironi - Paesaggio urbano, 1922
e questi paesaggi, anche
quelli lavorati in solchi e graffi
e univoci segni, che scavalcano selle
e ombre di nuvole riflesse,
sono latenze di passaggi, come
calpestii nell’erba asciutta,
o d’esistenze che appena un
cambiamento di traffico
cancella.
Se pietre affiorano sono accenni
a una immobilità esaltante,
eppure allarmi di uno stare superno
a cui si potrebbe appartenere.
E se gettavi, ecco,
sguardi come da un treno piombato
molto appariva angelicato d’un conforto
che la distanza falsifica.
Intanto forse non pensavi che
il paesaggio è come offerta
mondo radicamento abitazione.
Il rifiuto amplifica il disumano
attraversare di nodi ferroviari,
l’occhio sfocato d’una commozione,
d’un luogo dove noi non stiamo
o abbiamo un limite.
audiofile soppresso
(così va meglio?)