A distanza di quasi due anni dalla loro pubblicazione presento qui alcuni testi tratti dal libro di Daniela Monreale "L'attracco sulla luna", Edizioni Il crocicchio 2006, nessuno dei quali credo sia apparso in rete, tranne forse Brixen. Dice della Monreale Gabriela Fantato, prefatrice del libro: "Quest'ultimo libro di Daniela Monreale è una sorta di canzoniere alla gioia, nato da un incontro amoroso che svela però come per la poetessa toscana l'amore non sia solo incontro con l'amato, bensì condizione originaria dell'umano che, svelando il senso antico e ancestrale della vita, condice a noi stessi e ci fa partecipi del mondo". La vita - prosegue Fantato - "per la poetessa, si svela a noi quando riusciamo a sentire che il nostro Essere più autentico è nel nostro "esser corpo", nel nostro abitare il mondo come corpo e venire modificati dall'incontro con la concretezza delle cose, avvertendo però l'infinito dentro le pieghe della vita stessa, che è come un fuoco che arde e ci sfugge se la interroghiamo solo con la ragione". La scelta che ho fatto riguarda appunto i testi che, a mio avviso, corrispondono più a questa "prossimità" con il mondo e le cose (comprese quelle cose che si chiamano parole) con cui l'esperienza, gli affetti, la memoria della gioia si legano, si specchiano e partecipano.
Vetro anteriore
Il gomito di strada scoperchia
una mancanza, gira l'altalena
dei riquadri, l'orizzonte a Monteriggioni
fissa il tuo sopracciglio, infaticabile,
che nelle immagini danza sicuro.
Sento il tuo nome tagliarmi a sangue,
lo sento in questa fuga prospettica
di nuvole avanti a me,
mentre lo squasso del motore
mi separa, il tunnel del ritorno
è finalmente dolce e
va sinuoso dove ti aspetto,
dove l'estremo è continente,
dove chiamiamo terra la nuda pelle.
***
Luoghi e passioni
Ci sono morbidezze, parentesi, vuoti a perdere,
che non conosci: le bateau parisienne, Pomposa,
l'ascesa a San Marino, persino Ponte a Bozzone
sono stati luoghi di sforamento per illuminazioni
simpatetiche, trip di vero sangue, insomma.
Ed è giusto che non li sappia, perchè più vero
sia il confine che li separa al resto,
giusto che tu li scopra al buio,
quando li sgrano dalle mie dita
graffiandotene la traduzione,
come scriba della notte.
***
Braies
C'è un piano divino - un arco senza frecce -
pensavo ai piedi del capanno, dove le barche
agganciano la profondità del lago,
lo sento perfino nelle increspature del tuo viso,
quello che vorresti dire e non riesci.
Così, a millequattrocento metri, Braies
è una giostra di silenzio, la Croda del Becco
finge una risposta ortogonale,
ma si perde nell'acqua, inutile provare faticare,
la grandiosa geometria delle montagne
dà il segnale di questo assaporarti
in ogni pietra canale erba lacustre,
e la mia agorafobia in centro al greto
- che non puoi comprendere del tutto -
è sgomento di felicità,
sappilo fino in fondo.
***
Non riesco più a scriverti,
a ordinare una frase una parola un lemma,
e quel tuo diario infinito non trova più
i miei storditi dormiveglia,
non mi incontra nel conto lineare,
passano mesi di silenzio
come sentinelle affaticate
su una parola grande quanto il mondo.
La tua - che non riposa mai - sfreccia
sul ritaglio infimo di Cielo, aquila rara,
ed io, invece, mi ritiro a lumaca
lasciando filamenti di promesse,
una calca vaporosa di percezioni
che bivaccano sulla tua nuca,
come caldo temporale.
***
Nella foresta
Tutto cade, veramente cade, anche quando
il momento è alto, maldestro a dire,
quando vacillano i pronomi,
le giunture dei sensi alle parole,
quando il vertice accosta l'ovvietà,
perchè abbiamo poche note davvero
per l'unica sinfonia che conta,
quella che ci ha sorpreso, ci ha dimezzato,
ci ha riunito in un accordo
che riempie te, me e il mondo che ci guarda,
così vien voglia di correre nel profondo
di una foresta in fiamme,
e nel respiro mai dimesso
attraversarla tutta, dirne il calore,
fino a bruciare.
***
Brixen, sei anni dopo
Inenarrabile
ai più che sorvolano la friabile bellezza
- questa tellurica bipenne al Cielo questo Duomo
ai piedi della Plöse, come sei anni fa dicevo
in una poesia esangue e colorata al buio -
ancora eretta la traccia di un disegno
mi attraversa.
Mi suggerisce che tu stai vicino a questo
morso di gioia, lo mangi d'amore insieme a me
che divoro.
E la navata percorro albata di un barocco
ormai familiare, ammansito da un organo
che ha un gusto sferico,
la ruota perfetta del Canon di Pachelbel,
quando adolescente avevo in testa
grolle di mani e bocche acuminate,
rosse a metà, sparpagliate come coriandoli in festa,
adesso un imprevisto coup de foudre mi sorride,
ho il cerebro assediato
ho la tua foto sul comodino,
qui è la nostra geografia qui è la scena
che non registreremo nella piccola camcorder,
dicono in quattro,
dicono i nostri occhi serafini.
Daniela Monreale (Palermo, 1963), poetessa, vive in provincia di Firenze. Dopo aver compiuto gli studi classici e frequentato per alcuni anni la Facoltà di Lettere e Filosofia di Palermo, si è poi diplomata in Pittura presso l'Accademia di Belle Arti. Trasferitasi a Firenze nel 1998, dove attualmente lavora, collabora ad alcune riviste culturali ("La Mosca di Milano", "Soaltà", "Le Voci della Luna", "La Nuova Tribuna Letteraria", ecc…), sia come apporti creativi sia come attività critico-letteraria. Per "Il Foglio letterario" ha curato il supplemento annuale di poesia Bar Code . Ha conseguito vari riconoscimenti in numerosi premi di poesia, nazionali e internazionali. Nell'aprile 2004 ha ricevuto il diploma honoris causa dell'Accademia Siculo-Normanna (Istituto di cultura superiore del Mediterraneo di Palermo e Monreale). Nello stesso anno è stata inserita nel III volume dell'opera "Storia della letteratura italiana - il secondo novecento", Guido Miano editore, Milano. www.danielamonreale.it