desafinado
c’è un limite all’albero
nella sua altezza, c’è un limite
in noi,
negli anni cresciuti a guardarlo crescere,
c’è un limite nel canto del merlo,
una sostanziale impotenza,
una reiterata vana ricerca
come il frangersi di certe voci
nel cortile, a stizza.
C’è un limite in questa
modulazione di suoni, nel
corteggiamento del merlo, cirucì –cì nell’aria
che si è fermata e sembra
aver raggiunto l’orlo del cielo,
l’acuminata immobilità dei monti.
E’ come la fine di un’era o d’una terra,
un Finisterre suburbano
d’estate e languore, oblazione
da giorno di messa, un soldo usurato
gettato oltre un limite invalicabile
[…]
c’è un oceano sottinteso
oltre al tutto, pieno
di formiche inesauste,
nella notte che satura
su note d’una bossa umida,
c’è un’onda che fluttua,
fluttua, fluttua,
e sospinge e allatta
la nostra necessità
sopra una nota cosi
lancinante e lunga che la musica
non può che essere finita…