Oggi la macchina dei numeri non funziona. Sputa, nonostante le insistenze, inutili bigliettini con un misterioso messaggio di errore, ma niente che ci dica di stare buoni e compunti al nostro posto, sulle panchine di legno e acciaio, ad aspettare il turno. La gente perplessa ci riprova ostinatamente, perchè le macchine devono funzionare. I foglietti si ammucchiano sul pavimento. L'ho fatto anch'io, lo confesso, cercando di premere l'apposito pulsante con sufficiente gentilezza ma più volte. Niente da fare. Anche il tabellone elettronico che solitamente tira la tombola dell’a-chi-tocca-ora si è spento. Sono inquieto, perchè la macchina dei numeri è un baluardo a difesa di un ordine civile che non ci appartiene, che non è nella storia di questo popolo. Siamo arrivati a questa conquista con decenni di ritardo, per noi la famosa fila all’inglese era oggetto di stupore nei nostri viaggi all’estero. E infatti in pochi minuti regrediamo tutti insieme in un caos di gente ammucchiata e sguardi sospettosi e di traverso e una specie di difesa a uomo fatta di gomiti allargati e spalle curve, a protezione di una ipotetica precedenza davanti allo sportello. Si distingue da una parte una ragazza carina ma imbronciata, con l’aria di chi sa di non poter contare, qui, su nessuna cavalleria. C’è poco da fare, a noi non piace la fila, stare incolonnati uno dietro l’altro ci dà un notevole fastidio, forse perchè pensiamo che quello che ci sta dietro voglia, per usare un eufemismo, abusare in qualche modo di noi. Vabbè, oggi va così, aspettiamo mentre gli impiegati cercano di metterci una toppa. Intanto do uno sguardo in giro.
Gli uffici postali sono tutti uguali. Potrei essere a Bolzano, a Villaputzu o alla periferia di Pisa, come in effetti sono, e il paesaggio, comprese forse le facce, sarebbe esattamente lo stesso. Lo stesso accostamento di giallo e azzurro, lo stesso arredo di alluminio e plastica e invariabilmente, in un angolo, una specie di sgabuzzino, dove, dietro la privacy di pareti di vetro, tu vorresti aprire un libretto e invece qualcuno cerca di venderti un fondo azionario, esattamente come in banca. In effetti le poste non sono più quelle di una volta, sono una Spa, cioè non sono più dello Stato (o forse sì, non lo so). Insomma, si fanno le stesse cose di prima, spedire lettere, ritirare pensioni, ma sono cose marginali perché quella è una banca. Però, ed è questa la differenza, una banca con negozietto annesso.
Mentre la folla si assesta lentamente giocherellando con i telefonini, e forse la macchina dei numeri riprende i sensi, io mi guardo intorno. C’è in effetti, da una parte, una vetrinetta che porta l’invitante scritta “Idee regalo” con esposti gadgets come salvadenari fatti a forma di cassetta postale a euro 13, una cassetta da lettere vera in ghisa per 55.90 ed altre quisquilie che hanno scarsi motivi per trovarsi lì, comprese tre confezioni di CD di, nell’ordine, Celentano, Venditti e Vivaldi.
E c’è anche una scaffalatura con esposti un po’ di libri. Per il vero la prima volta che avevo registrato la novità avevo creduto, ma solo per un attimo di follia, che i libri fossero lì per alleviare l’attesa ai clienti. Bastava allungare una mano, sporgendosi appena dalle panchine messe in fila come in una sala d’aspetto, e mettersi a leggere, ammazzando piacevolmente il tempo. Ma invece sono oggetti che rientrano nel nuovo merchandising postale, messi in vendita secondo criteri imperscrutabili. Così, mentre l’attesa supera abbondantemente la mezz’ora e la ragazza imbronciata si osserva rassegnata le unghie laccate, mi diverto a fare una mia personale classifica. Da un punto di vista della presenza Giovanni Paolo II batte tutti: è infatti sullo scaffale con ben due titoli, Memoria e identità e L’amore non avrà mai fine, con l’aggiunta di un consistente cofanetto di poesie, due o tre CD con libretto, lette da attori come Gassman, Sordi, la Vitti ecc. Disgraziatamente, su uno dei libri del Papa incombe un tomo della premiata ditta Clerici Antonella - Moroni Anna dal titolo Oggi cucini tu 2, che insidia la posizione in classifica del Santo Padre. Infatti non c’è solo quello: chi avesse paura di diventare tonda come la Clerici non deve disperare perché trova opportunamente collocato su un altro palchetto a poca distanza Oggi cucini tu light, che sembra stare al primo come il philadelfia sta al lardo di Colonnata. Ma scorrendo i titoli, però, si potrebbe incorrere in qualche disorientamento: per esempio il libro che vedo poco più sotto, in bella vista, non è un classico della cucina romanesca come si potrebbe pensare. Si tratta invece di Mo’ je faccio er cucchiaio, un testo base di quella bella testa che è Francesco Totti detto Er Pupone (il cucchiaio in questione per chi non lo sapesse è un tiro ad effetto piuttosto insidioso), un pensatore così libero che il più delle volte bisogna falciarlo a gamba tesa. Naturalmente c’è Cammilleri, che si vende sempre bene, e poi i suoi sono morti ammazzati di un certo tono, anche se ti ci casca l’occhio non è che ti scanti, che ti turbi al punto da sbagliare il conto corrente e poi macari si è già visto in televisione e quindi, minchia!, ha una sua legittimazione popolare (eh, sì, è questa la parola magica, po-po-la-re). Mi inquieta di più la presenza, nell’ombra dello scaffale, di quel tipo, Faletti, che prima faceva il cabarettista e poi è stato a Sanremo e ora campa anche lui di morti ammazzati, ma in serie e più impresentabili di quelli di Cammilleri, in volumoni che non sono mai meno di cinque-seicento pagine neanche per sbaglio, come questo Fuori da un evidente destino. All’estrema destra (o sinistra, vai a sapere di questi tempi) il versante revisionista e pataccarorappresentato da un Dan Brown a pacchi, quello del Codice Da Vinci e come se non bastasse anche di Angeli e demoni, il campione mondiale dei tarocchi che la danno a bere, non tanto per le bufale in tema di religione (cosa relativa in un’epoca di relativismo) quanto per una scrittura furbetta e precotta per il cinema, uno che sta al Papa, perfino quello poeta (che è tutto dire), come il diavolo all’acqua santa, ma in quanto a chili complessivi lo batte alla grande. E siccome una cosa tira (commercialmente) l’altra, chi ha buttato i libri alla rinfusa sullo scaffale ha pensato bene di controbilanciare Brown con un altro volumone (con DVD) che dovrebbe dire una parola definitiva sui lati oscuri e i misteri del genio del Rinascimento. E poi chi c’è? C’è Bruno Vespa (ne dubitavi?) e anche il buon Veltroni (il romanziere, non il politico, ma mi dicono che sono la stessa persona) e pure la Tamaro che purtroppo non riesce ancora ad andare dove la portava il nostro cuore, cioè sulle bancarelle dell’usato.
Sono un po’ abbattuto. L’attesa va per le lunghe…Chi c’è rimasto? L’ingenuità poetica di sparuti libretti per bambini, la Pimpa di Altan, altre cosette. In una metaforica soffitta c’è un Tiziano Terzani, uno che ha girato il mondo, ha rischiato di suo cercando di capirlo, ha cercato fin che è morto una sua dimensione spirituale, cresciuta come la sua pittoresca barba bianca. Non so che ci faccia lì. Forse ne ha scritti tanti e quasi tutti belli che alla fine ha trovato un posticino perfino al Poste Italiane Bookstore…
C’è rimasta anche la ragazza imbronciata, e qualche altro pellegrino postale che aspetta la sua tombola. Prendo in mano i due Clerici-Moroni, li sfoglio con l’invidia di chi non sa fare quasi una sega in cucina. La ragazza imbronciata non può fare a meno di buttarci l’occhio, ci sono le figure. “Lei quale sceglierebbe?”, le chiedo disinvolto. Mi guarda come se fossi scemo. Alzo le spalle, mi consolo con la lettura della ricetta dell’abbacchio brodettato ai carciofi. E’ quasi ora di pranzo.