Gabriella Musetti - Le sorelle, La Vita Felice 2013 
‘…
Ri-scoprire e ri-valutare il divino femminile significa, inoltre, ridefinire la relazione che le donne hanno con la natura, ma anche con l’etica e
l’estetica. La genealogia femminile … contesta il sistema di valori imposto e interrompe l’ordine maschile precostituito, rappresentando il punto di
incontro di differenti identità femminili e la creazione di linee di discendenza-dipendenza-sorellanza: maestre/discepole, donne modello/sorelle,
dee/donne mortali, madri/figlie…’
c’è ‘ un ordine etico fra donne in due dimensioni, una verticale, nella linea genealogica madre-figlia e una orizzontale attraverso la sorellanza’…
(Daniele Cerrato - Congresso “Le voci delle dee”, Università di Sassari, 20, 21, 22 settembre 2012)
A tutti è capitato di ascoltare parole/lamentele di una donna sul legame indissolubile che si riesce a costruire con una sorella/e e/o sui sensi di colpa,
rabbia che si nutrono nei loro confronti. In realtà le esperienze infantili vissute nel nucleo domestico continuano ad avere il proprio peso anche durante
l’età adulta in cui le scelte di autonomia possono far degenerare i rapporti precostituiti. Nella fase evolutiva e poi nell’adolescenza si sviluppano
passioni e tensioni interminabili e contraddittorie che fanno riferimento alla dipendenza psicologica di un ruolo simbolico interiorizzato. È necessario
separarsi dalle sorelle? Si può essere dipendenti emotivamente da loro? La psicologia ci parla spesso del distacco interiore come un esito positivo del
normale processo di sviluppo e se questo non dovesse avvenire si consolida un profondo senso di smarrimento e di fallimento, ma soprattutto si scatena la
burrasca emozionale. È pur vero che la distanza interiore è spesso insopportabile e i fratelli/sorelle, insieme ai genitori, rappresentano protezione,
sicurezza, nucleo familiare anche se, spesso, la famiglia non è un’entità stabile, integra, unita. Gabriella Musetti, nel suo lavoro poetico Le sorelle, La Vita Felice 2013, rinuncia alla lotta identitaria e riesce, attraverso la poesia, ad assumere un atteggiamento di accoglienza, di
partecipazione che va al di là dell’immagine stereotipata dell’unione fraterna. Forse il limite di chi vive la sorellanza è quello di imparare molto presto
il comportamento che frattura e separa per meglio perseguire gli impulsi di autonomia e di libertà, quasi come a dover/voler rinnegare la necessità
inespressa del desiderio di comunione simbiotica. Per l’autrice la responsabilità dei ricordi si aggancia a sensazioni di rimpianto, spesso di
idealizzazione delle figure: la mancanza mette a nudo ogni sentimento/attaccamento! Forse il confronto aperto incarna e definisce meglio la funzione della
sorella (maggiore o minore); i ruoli prestabiliti fanno i conti con le aspettative quasi come a saper diventare ‘alleate contestate’ conservando il proprio lignaggio di donne dello stesso sangue, della stessa cultura religiosa della vita. (rita pacilio)