Chi è Alfonsina Storni? Può essere solo qualcuno che
incontri per caso, in una biblioteca, come è successo a me. Una (per me)
sconosciuta poetessa argentina, nata però nel Canton Ticino nel 1892, morta
suicida a Buenos Aires nel 1938 perché ammalata di cancro, ragazza madre,
donna sempre indipendente in quei non facili primi anni del Novecento. In
realtà Alfonsina Storni è una figura centrale nella poesia latino americana
non solo femminile, dove è in compagnia di nomi come Gabriela Mistral e
Juana de Ibarbourou. E contemporaneamente è figura esemplare della lotta
delle donne per la propria emancipazione, non solo nella chiusa e
tradizionalista società argentina dell'epoca.
In quegli anni venti e trenta bonaerensi pieni di fermenti artistici (si
pensi a Borges, a Victoria Ocampo, alla rivista Sur) Alfonsina
Storni ebbe anche un notevole successo, soprattutto in virtù di uno stile
diretto, forse anche un po' datato e comunque lontano dal modernismo che si
stava affermando, ma capace di trasmettere emozioni vive, e di tematiche
che potremmo definire prefemministe e orgogliosamente libertarie, in cui
hanno spazio rilevante amore e eros, connotati però da una visione di essi
non subalterna, non viziata da una collocazione tradizionale e secondaria
della donna, non segnata da lirismi o romanticismi superflui, ma densamente
emozionale e insieme consapevole. Una poesia a testa alta, vissuta, che per
diversi aspetti mi ricorda la poesia confessionale americana di Sexton e
Plath, ma percorsa da un sentimento di orgogliosa solitudine, in cui gli
uomini non entrano a loro piacimento ma di volta in volta vengono accolti o
respinti senza rimpianti o deliqui.
Poemas de amor
è una raccolta abbastanza singolare per l'epoca in cui fu pubblicata, siamo
nel 1926, composta unicamente di prose poetiche, di testi brevi e intensi
nei quali l'amore viene cantato come da una certa distanza, con la
malinconia che l'argomento richiede, con il contrasto piacere/dolore che
rimanda alle espressioni più alte del tango porteño, ma senza lamentazioni,
anzi con un certo senso di superiorità morale, di indipendenza nelle
relazioni, di conscia maturità dei sentimenti (esemplare da questo punto di
vista è la poesia che aggiungo in calce, Inganno, tratta dalla
raccolta Ocra, del 1925) rispetto all'uomo.
Come scrive Beatriz Sarlo, l'autrice "pur ricorrendo alla
retorica tardo-romantica, in definitiva ne contraddice l'ideologia
esplicita. Alfonsina lavora con gli espedienti poetici che conosce, ma
deformandone i contenuti ideologici". E aggiunge: "Alfonsina: una donna
sola/una poetessa di successo. Questa combinazione, difficile nella Buenos
Aires del secondo decennio del Novecento, si fa largo nel mondo letterario
e nel pubblico. Ciò che si riconosce e si legge nella poesia di Alfonsina è
la volontà di contraddire i destini sociali, esercitata in decisioni
fondamentali della sua propria vita: essere una donna libera che a diciotto
anni inizia una relazione con un uomo sposato, senza tramutarla in
un'intollerabile situazione di licenziosità che avrebbe segnato per sempre
la sua vita; decidere di avere un figlio senza padre, lavorare per
mantenerlo in una grande città che non conosce, lottando per avvicinarsi a
forme professionali del mestiere letterario; brandire questa serie di
decisioni come un valore che la singolarizza ma che, al tempo stesso, può
esemplarmente funzionare per altre donne; imporsi, con tutti questi
obblighi morali e materiali, in uno spazio intellettuale dominato da
uomini; farsi amica di costoro senza rinunciare alla propria indipendenza e
alla libertà delle proprie scelte morali; scrivere una poesia chiaramente
autobiografica e, di conseguenza, render pubbliche vicissitudini, gioie e
sconfitte di relazioni considerate irregolari.
Alfonsina realizza tutto questo. Il suo impulso fondamentale è il rifiuto
dell'ipocrisia e del discorso doppio come forma di relazione fra uomo e
donna, con speciale attenzione alle questioni morali essenziali. Nella
forma della sua poesia non riesce a rompere con le convenzioni letterarie,
nemmeno con quelle più arcaiche rispetto al momento in cui scrive. Tuttavia
Alfonsina rompe quando sceglie i suoi temi poetici e vi imprime una
direzione apertamente autobiografica che non dissimula nemmeno ai suoi
inizi. In questa costosa rottura ideologica si spiegano tutte le forze che
investe nella sua poesia, per lo meno fino a metà degli anni trenta.
Alfonsina si procura un enorme consenso e, senza chinarsi a una morale
convenzionale, schiude la possibilità sociale a diverse identità femminili.
Contemporaneamente, lavorando con una retorica facile e conosciuta, fa in
modo che questa morale diversa sia letta da un pubblico molto più ampio di
quello dedito alle innovazioni avanguardistiche, da un pubblico che, in
verità, oltrepassa i confini dell'ambito intellettuale. Non opera una
duplice rottura, formale e ideologica, bensì una rottura semplice ma
immediatamente comunicabile, esemplare e piena di successo".