Martedì, 14 marzo 2017
da The acacia trees
III
You see those breakers coming around Pigeon Island bowing like nuns in a procession? One thing I know, when you're gone like my other friends, not to Thailand or Russia, but wherever it is loved friends go with their different beliefs, who were like a flock of seagulls leaving the mirror of the sand, or a bittern passing lonely Barrel of Beef, or the sails that an egret hoists leaving its rock; I go down to the same sea by another road with manchineel shadows and stunted sea grapes dwarfed by the wind. I carry something to read: the wind is bright and shadows race like grief, I open their books and see their distant shapes approaching and always arriving, their voices heard in the page of a cloud, like the soft surf in my head.
III
Li vedi quei frangenti che attorno a Pigeon Island si prostrano come suore in processione? Una cosa la so, quando sarai andato come gli altri miei amici, non in Thailandia o in Russia, ma ovunque vanno con i loro credi diversi gli amici più cari, che erano come uno stormo di gabbiani che lascia lo specchio della spiaggia, o un tarabuso che sorvola il solitario Barrel of Beef, o la vela issata da un'egretta quando lascia il suo scoglio; scendo al solito mare da una strada diversa con le ombre delle mancinelle e le uve di mare rachitiche a cui il vento blocca la crescita. Mi porto qualcosa da leggere: il vento è limpido e le ombre sfrecciano come il dolore, apro i loro libri e vedo le loro sagome distanti che s'avvicinano, sempre in arrivo, le loro voci udite nella pagina di una nube, come la lieve risacca nella mia testa.
da Sicilian suite
II
I am haunted by hedges of pink oleander along the Sicilian roads, their consonants of gravel under the tires, by stone piles, by walls whose wonder is that there was no need to travel this far, to recognize things I already knew, except, and now it grows, the odd broken castle through whose doors peered a Caribbean blue, and the name Ortigia that rings like crystal in its fragile balance. In the pine's rustle and the silver alder's and the olive's, a difference began, sounds that needed translation. The sea was the same except for its history. The island was our patron saint's birthplace. They shared the same name: Lucia. The heat had the identical innocence of an island afternoon, but with a difference, the way the oleanders looked and the olive's green flame.
II
Sono perseguitato da siepi d'oleandro rosa lungo le strade siciliane, le loro consonanti di ghiaia sotto le ruote, da pile di pietre, da muri la cui sorpresa è che non c'era bisogno di andare così distante per riconoscere ciò di cui mi ero già accorto, tranne, e ora ritorna, quello strano castello in rovina con un blu caraibico affacciato alle porte e il nome Ortigia che tintinna come cristallo nel suo fragile equilibrio. Nel fruscio del pino, dell'ontano argenteo e dell'olivo qualcosa iniziava a cambiare, suoni che andavano tradotti. Il mare era uguale tranne per la sua storia. La nostra santa patrona era nata qui. Condividevano un unico nome: Lucia. La calura aveva l'identica innocenza di un pomeriggio isolano, ma con una differenza, l'aspetto degli oleandri e la verde fiamma dell'olivo.
VII
There was no « affair », it was all one-sided. Bats fretted the treetops then pitched like darts from the pines. At lunch an invisible presence presided over the wines and salads as, in fits and starts, a sinuous organ sobbed to the Bay of the Saracens flecked with gulls' feathers or the sails of yachts, yet balance and perfection made no sense. By the open-air table where I sat alone a flock of chattering girls passed, premature sirens fleeing like pipers from the sudden thought of a stone. Emerald ducks paddled and stabbed their bills in the cool dark well sacred to Arethusa. I wondered in the inching sun how it was known to the ferry's horn, the pines, the Bay's azure hills and the jeering screaming girls that I would lose her or an accordion's meandering sob and moan through the coiled, serpentine alleys of Siracusa.
VII
Non c'è stata nessuna « storia », ho fatto tutto da solo. I pipistrelli ornavano le cime degli alberi poi si lanciavano come dardi dai pini. A pranzo una presenza invisibile presiedeva su vini e insalate mentre, in convulsioni e sussulti, un organo sinuoso singhiozzava sulla Baia dei Saraceni punteggiata di piume di gabbiani o di vele, eppure equilibrio e perfezione non avevano senso. Uno stormo di ragazze cinguettanti passò davanti al tavolo dov'ero seduto da solo, sirene premature che fuggivano come piovanelli dal pensiero improvviso di una pietra. Anatre smeraldo sguazzavano e infilzavano i becchi nella fonte fresca e buia sacra ad Aretusa. Nel sole che avanzava lentamente mi chiedevo come la sirena del traghetto, i pini, le colline azzurre della baia e quelle chiassose ragazze insolenti sapessero che l'avrei perduta o i singhiozzi e i lamenti sinuosi di una fisarmonica nei vicoli attorti e serpeggianti di Siracusa.
Continua a leggere "Letture di primavera: Derek Walcott, da Egrette bianche"
Mercoledì, 17 dicembre 2014
Eliot fa parte, insieme ad altri, delle mie lett ure "curative", quando il troppo è troppo e c'è la necessità di ripristinare un certo livello qualitativo, di rifarsi la bocca, di restaurare certe pietre di paragone. Insomma di fare "rehab". The hollow men, un testo del 1925, mantiene a distanza di 90 anni una drammatica attualità, anche al di là della componente mistica che certo lo innerva (l'autore si stava avviando verso la sua conversione al cattolicesimo che troverà espressione ad esempio in Mercoledì delle ceneri del 1930). Il poemetto è introdotto da due epigrafi. La prima (Mistah Kurtz—he dead, Mister Kurtz - è morto) è tratta da "Cuore di tenebra" di Joseph Conrad ed è la notizia che Marlow, il protagonista, apprende da un servitore durante il ritorno dal viaggio di ricerca del misterioso Kurtz. Incidentalmente, una delle scene magistrali di "Apocalypse now" di Francis Ford Coppola (1979), che come noto trasse molta ispirazione da Conrad, è quella in cui Marlon Brando, nelle vesti del tragico colonnello Kurtz, recita proprio The hollow men, in un geniale intreccio culturale (v. QUI, in inglese) che, vale la pena di ricordare, rimanda al "riutilizzo" del serbatoio della tradizione così come lo intendeva Eliot nel suo saggio "Tradizione e talento individuale" del 1919 (v. meglio QUI). L'altra citazione (A penny for the Old Guy, un penny per il vecchio Guy) punta direttamente al secondo verso poiché fa riferimento ai fantocci impagliati che il 5 novembre tradizionalmente i bambini inglesi portano in giro chiedendo un penny, fantocci che poi saranno bruciati in ricordo della esecuzione di Guy Fawkes, che nel 1605 tentò di assassinare il re Giacomo I e i membri del Parlamento con una esplosione. Da notare, anche qui incidentalmente, che la maschera rappresentativa del personaggio Fawkes ha fatto anch'essa il suo percorso culturale fino a diventare il simbolo di movimenti di protesta contro l'ordine costituito come Anonymous o Occupy. Ma l'uomo di paglia, per Eliot, vale un penny. Gli uomini vuoti, gli uomini "impagliati" del 1925 che nel poemetto si presentano in prima persona ("noi") non si differenziano certo da quelli del terzo millennio che stiamo vivendo, non sono diversi da noi. Il vuoto, che non è solo quello esistenziale, che subiamo, ma anche quello che creiamo, spesso deliberatamente, o quando "l'ombra cade" tra il pensiero e l'azione, tra il potere e il fare, senza che noi interveniamo, è fatto di usura delle parole "secche", della loro inconsistenza, della sterilità di chi popola desolatamente ("figura senza forma, ombra senza colore, / forza paralizzata, gesto privo di moto") una "terra desolata", una "valle di stelle morenti". Gli uomini vuoti brancolano, ammassati sulla riva di un fiume che assomiglia molto a un dantesco Stige pieno di accidiosi, girano irresoluti intorno a sterili simulacri. Attraverso una serie cospicua di simboli, metafore e quei correlativi oggettivi la cui "invenzione" è tradizionalmente attribuita a Eliot e che tanta importanza hanno avuto nella poesia moderna, il poemetto si avvia al finale, estremamente moderno. La preghiera della quinta parte sembra essere un balbettio smozzicato ("Perché Tuo è / La vita è / Perché Tuo è il") che non riesce ad afferrare e coagulare quanto una voce fuori campo sembra suggerire. Non sembra che ci sia molta speranza. La chiusa è percussiva e folgorante insieme, con una estrema accusa di ignavia accidiosa che Roberto Sanesi, per quanto "whimper" possa essere tradotto restrittivamente anche come "gemito, lamento", rende lapidariamente con la parola "piagnisteo". (g.c.)
Continua a leggere "Thomas Stearns Eliot - The hollow men"
|