Difficile cavare un estratto da questo libro eccellente (Peter Russell, This is not my hour,
Edizioni del Foglio clandestino, 2010), perchè qualsiasi sua selezione
somiglia a guardare un panorama con un cannocchiale alla rovescia. Il
libro andrebbe letto e riletto nella sua completezza, poichè ricco,
articolato, colto, sapienziale, un libro che si apparenta a buon titolo
alla poesia di Pound e Eliot, incastonata però, almeno in questo libro,
in una forma classica come quella del sonetto, non solo di ascendenza
shakespeariana o miltoniana, ma anche del medioevo italiano. In questo
Russell ci è fratello, fratello della nostra tradizione migliore, oltre
ad essere stato nostro "conterraneo" avendo vissuto in Toscana, nel
Pratomagno, per circa venti anni, fino alla morte avvenuta nel 2003.
Il libro è frutto dell'affetto di Raffaello Bisso, curatore e
traduttore, che con esso porta a buon fine un impegno anche di amicizia
contratto con l'autore, impegno non indifferente non solo in termini
traduttivi ma anche di "interrogazione" del testo e delle cospicue
implicazioni culturali ad esso sottese, come dimostrano le note
accuratissime. "Se il sonetto é tra le forme adatte o tradizionalmente
adattate alla riflessione sapienziale, alla critica civile e culturale
ecc., meglio che fissato come ‘forma’ assoluta serve vederlo nel tempo e
nello spazio mutevoli della storia di una letteratura e nel fuoco della
prassi degli autori. Nei Sonnets, l’attenzione ai livelli del
testo indica la presenza di un altro elemento organico, essenziale alla
logica di funzionamento di questa scrittura, di cui regge parte del
carico comunicativo facendo convergere le parti verso l'intensificazione
e l'eccedenza espressiva". Su temi poeticamente essenziali, come
emergenze dal tessuto apparentemente pastorale: come "quello di
meditazione sulla fine, qoheletiana sui generis, ma in cui serpeggia secondo il virgiliano "Latet anguis in herba" (Ecl.III) la modalità dell'Et in Arcadia Ego" (Bisso),
accompagnata da una critica acuta alla società impazzita da cui il
poeta si è appartato, e da una osservazione della natura che diventa
anche, correlativamente, scatto e impulso della poetica russelliana.