Sperimentazioni visive e poetiche: partendo da "Bologna dopo Morandi 1945-2015" (a Palazzo Fava a Bologna)
Dodici stazioni da percorrere come attraverso una serie di tappe o soste obbligate di riflessione e visione nel tragitto stilistico e temporale che segue e
traccia l’evoluzione dell’arte bolognese dal dopoguerra ai giorni nostri nella mostra attualmente in corso a Palazzo Fava, “Bologna dopo Morandi 1945-2015”
curata dal noto critico d’arte Renato Barilli. Una settantina di artisti, l’epicentro di una città o meglio di una zona geografica intorno alla quale
prendono forma differenti esperienze pittoriche e artistiche dal ‘45 al contemporaneo , infine una personalità indiscussa e catalizzatrice, quella di
Giorgio Morandi, dalla quale inevitabilmente dover partire per ridisegnare l’oltre, il post o il dialogo con quel passato. Morandi spartiacque in ogni caso
tra l’arte moderna e contemporanea nel panorama bolognese, limite inglobante da dover oltrepassare o bypassare per andare all’incontro con altre modalità
espressive e personalità artistiche forse meno note, ma anche, punto focale del cammino aperto dall’avanguardia fino ad abbracciare tutte le possibili
evoluzioni e involuzioni del post-moderno per approdare al panorama variegato dell'arte contemporanea.
Cronologicamente si parte dall’influenza post-cubista degli anni ’30, al cui vertice resta la pittura di Sergio Romiti- nature morte dall’eredità
morandiana che sfociano in una forte ispirazione analitica e compositiva- cui fa seguito l’impetuosa ondata, la rivoluzione stilistica attuata
dall’Informale in Italia alla fine degli anni ’50. La voce del critico più noto all’epoca in quest’ambito, Francesco Arcangeli, accompagna la transizione
rilevando criticamente il passaggio dal limite estremo dell’ “ultimo naturalismo” alla nuovo esubero di giovani artisti informali come Ennio Morlotti,
Mattia Moreni, Alberto Burri e Mandelli. L’inevitabile via d’uscita dalla sperimentazione estrema e univoca dell’informale sarà segnata da una nuova
“ricerca della relazione” raccontata da artisti come Concetto Pozzati i cui lavori confluiscono nel clima della pop art e del new-Dada degli anni ’60.
Altre stazioni di rilevo nella mostra sono la Scuola di Palazzo Bentivoglio con i due poli di Arte Povera (Pier Paolo Calzolari) e ribaltamento della
medesima in un clima post-moderno e citazionista con Luigi Ontani. Una sala è ancora dedicata ai fumettisti incentrati attorno alla personalità di Andrea
Pazienza e un’altra sala all’esperienza fotografica sperimentale e solitaria di Nino Migliori. Infine la Nuova Officina Bolognese apre uno spazio di
ricerca nell’ambito della video-arte, dei nuovi media, del digitale e dell’installazione video cui è lasciato il secondo piano della mostra come il punto
più estremo, l’approdo ultimo in cui confluisce il “post-post” della metafisica morandiana.