Il settimo "foglio" dei lavori di traduzione eseguiti nella primavera del 2009 durante la visita a Pistoia dei poeti francesi dello Scriptorium di Marsiglia riguarda la versione che Valérie Brantôme ha eseguito di una bella poesia (peraltro già presente in rete) che Martino Baldi ha scritto in occasione di una sua permanenza nei Caraibi dove, secondo quanto mi scrive, svolgeva la mansione di istitutore privato di due marmocchi di un qualche notabile locale. Una elegia moderna, tra Lee Masters e Walcott, o, rovesciando Ungaretti, una malinconia di naufragi terrestri che Valérie rende con accuratezza e rispetto dell'armonia (basti confrontare gli ultimi tre versi per rendersene conto).
Sulla tomba di James U. Curtin, nel centenario della morte
A Quarantine Point, un promontorio roccioso proteso a mezz’aria verso il mar dei Caraibi, che lo circonda quasi a trecentosessanta gradi, all’estremo sudovest dell’isola di Grenada, in mezzo a grandi pietre rade sparse su un prato misteriosamente verde e apparentemente curato in mezzo alla foresta bruciata dalla stagione arida, c’è una sola tomba con un piccola modestissima lapide, ai piedi di un piccolo arbusto sempreverde. Probabilmente è il primo e l’ultimo punto della costa da cui si avvista il sole rispettivamente all’alba e al tramonto. Sulla lapide è incisa una scritta, orientata non in direzione dei passanti ma in direzione del mare e del tramonto: In loving memory of my dearly beloved husband James U. Curtin. Born Toronto Oct. 29, 1875 - Died March 24, 1907.
Infine giungerai a questo palmo
di terra, a questo assurdo tuffo
di un prato inglese strappato alla foresta,
al gesto di una mano di roccia aperta verso il mare
e troverai, forse, le ragioni che mossero
ogni tuo illecito passo verso il nulla, ogni respiro
strette in convivio poco prima dell'alba
sulla lapide azzurra dell'oceano, e sull’altra
minima e ferma
le tue labbra ritrarsi nel silenzio
che si irradia prima e dopo la scena.
E troverai nel nome di un fratello,
my dearly beloved husband
James Umbert Curtin,
ancorato e steso
qualcosa che ti stringe e lì saprai
che c’è, che esiste, che non muore
il qualcosa nascosto che si perde,
il patto segreto del viaggio.
E forse per qualcosa avrai dovuto
attraversare i cieli e le foreste, sentire
il canto acuminato delle scimmie e dei serpenti
mentre cala la nebbia notturna nel vulcano
e nel verde più verde, nell'azzurro
più azzurro, nel nero più nero
per qualcosa, forse, avrai dovuto
vedere spalancare le fauci
della bestia letale e l'omicidio perfetto
pronto da estrarre nel fodero della notte.
Oh, beloved wife, Miss Curtin,
che cent'anni adesso gravano sulle tue lacrime,
quale errore mi guida qui, testimone in ritardo
del doloroso culmine del tuo amore, ignota
invidia degli amanti che non sanno
che la luce dell'inizio è la luce della fine
e la luce della fine un tepore eterno
e che i nostri stupidi gesti altro non sono
che l'ombra della tua infuocata speranza
di salvare qualcosa che non esiste
se nessuno la nomina.
Miss Curtin, in nome della luce
del cui mistero è ombra, io ti chiedo
cosa è accaduto veramente qui,
ti chiedo di conoscere il miracolo
che ti spinse ad amare quest'uomo
fino a offrire per sempre alla sua fronte il mare.
Lo invidieranno adesso Elena e Didone
e le più nobili amanti dei poeti a cui
cuori di carta offrirono pomi di cartone,
non questa felicità improvvisa della sorte
questo perpetuo bacio sulla fronte
un infinito "buongiorno (o buonanotte), amore"
che con l'andare del sole gli ripeti
e che insegni adesso a chi si spinge
fino alla soglia marina del cercare,
in questo piccolo spoglio e nascosto
definitivo mausoleo della luce.
Martino BALDI
*** *** ***