Sabato, 21 marzo 2015
Più che un post una notizia, o un'indicazione di lettura. Pubblico qui al cuni testi tratti da Vita zero di Lamberto Pignotti, uscito per la prima volta nel 1962 e ripubblicato in formato digitale dalla Onix Ebook (*). Pignotti, classe 1926, è considerato universalmente il padre della poesia visiva (anzi verbovisiva) e di ricerca italiana, attivo fin dagli anni Quaranta - Cinquanta. Artista poliedrico, giornalista, saggista, ha partecipato alla fondazione del Gruppo '63, e ha dato poi vita sempre nel 1963, insieme a Eugenio Miccini e Giuseppe Chiari, al Gruppo '70, un progetto interdisciplinare con l'obbiettivo di mettere in atto le possibili sinergie artistiche, concettuali, tecniche, comunicative per un'arte "sinestetica" che rispondesse agli stimoli di una realtà in forte cambiamento, anche tecnologico. E' in quell'ambito, tra l'altro, che si sviluppa la poesia visiva, attuata spesso con tecniche di collage (v. un esempio in calce), che costituisce la massa più rilevante, e forse più nota, della produzione di Pignotti, sebbene la sua bibliografia di opere poetiche, di saggistica e anche narrative sia davvero enorme. Dice Marco Palladini nella prefazione di questo libretto: "È in questo clima neo-capitalistico che anche la sonnacchiosa letteratura italiana incomincia a reagire. Alcuni scrittori resistono e prendono assai criticamente le distanze: da Bianciardi (vedi La vita agra, sempre 1962) a Pasolini che denuncia un ‘nuovo fascismo’ economico-sociale che distrugge le differenze e omologa tutto dentro il modello consumistico. I giovani autori della neo-avanguardia prendono, invece, la palla al balzo per cercare di svecchiare sul piano teorico, metodologico e linguistico la premoderna scena letteraria nazionale, ancora incardinata alla estetica del ‘realismo’ (...)La posizione di Pignotti che trapela da Vita zero mi sembra intermedia. Non c’è alcuna contestazione apocalittica o retrò o reazionaria della modernità capitalistica che avanza, ma c’è una sottile, puntuta decostruzione, un sardonico straniamento del suo modello razionalistico-efficientistico.(...) Il riuso di forme di linguaggio tecnico o burocratico-funzionale o epistolare-formale, la straniata reiterazione di frasi fatte o di luoghi comuni fa pensare anche alla poesia di Nanni Balestrini, anche se in Pignotti non c’è l’efferato e ‘crudele’ effetto di montaggio spaesante del poeta milanese, qui è tutto organicamente ricomposto e compiuto. Vita zero di poesia in poesia ci precipita in una condizione di indecidibilità e di sgretolamento del mondo: “… insomma tutto ciò che può essere visto / e fissato in immagini in quanto tale / fornendo al tempo stesso / la massima illusione di verità / e la più completa sensazione di astrattezza”. La ‘verità’ come illusione e l’astratto che si incarna e si presentifica collidono tra loro e non soltanto ci ‘disorientano’, ma sono il moderno mix da cui procede un azzeramento delle ragioni del vivere. È la desertificazione dei valori e la correlata disumanizzazione del soggetto tradizionale, laddove il moderno neocapitalistico impone impersonali paradigmi econometrici, tecno-razionali, scientifico-oggettivistici, dunque per l’appunto di manipolazione desoggettivante".
Continua a leggere "Lamberto Pignotti - Vita zero"
|