Opito qui un contributo critico di Teresa Ferri (che ringrazio) dedicato alla figura materna nella poesia "Lettera alla madre" di Salvatore Quasimodo, autore a cui Teresa ha dedicato numerosi scritti (v. bibliografia in calce)
La figura materna, mito tra miti: Lettera alla madre di Salvatore Quasimodo
Di alterna fortuna critica, la poesia di Quasimodo viene suddivisa, forse troppo rigidamente, in due versanti: quello che comprende le raccolte fino al '40-42, e quello cui fanno capo i volumi del dopoguerra. Le coordinate principali alla base di tale ripartizione si rivelano di due tipi, uno squisitamente tematico e l'altro di natura stilistico-linguistica. La prima produzione è, a giudizio critico, dominata dal tema della terra natale, celebrata come paradiso perduto, e da quello dell'esilio del poeta, rappresentato come perdita di uno stato d'innocenza e immersione nella vita alienata della società metropolitana. Una produzione dunque che, esclusivamente privata e governata dalla nostalgia, sviluppa il suo discorso, affidandosi a quel linguaggio evocativo e metafisico che fece di Quasimodo uno dei rappresentanti di punta dell'Ermetismo. Nelle raccolte del dopoguerra vengono invece ravvisati una particolare insistenza su tematiche legate alla guerra e alla questione sociale e un accentuarsi della dimensione narrativa, discorsiva del linguaggio: come se la parola quasimodiana si aprisse quindi in un più largo respiro collettivo per rappresentare lacerazioni e travagli non più soltanto intimi..
A nostro parere, tale suddivisione può rivelarsi troppo rigida se si procede a un confronto rigoroso con i testi, se li si esamina alla luce di tale dicotomia interpretativa, che finisce con l'isolare determinati nuclei semici all'interno di certe raccolte e bandirli energicamente da altre, mentre l'esperienza bellica si costituirebbe come linea di demarcazione insormontabile per argomenti e motivi considerati forse troppo lirici e soggettivi e poco consoni al momento storico, alla situazione postbellica, a quella responsabilizzazione politica della letteratura auspicata dallo stesso Quasimodo nel discorso tenuto in occasione del conferimento del Nobel.
Se si prescinde dall'equivoco ideologico, presente in tante formulazioni critiche non soltanto relative alla scrittura quasimodiana, che imporrebbe il divieto di coesistenza testuale di determinati nuclei significazionali e una ferrea opposizione binaria tra "privato" e "pubblico", tra sfera emozionale e impegno politico, e ci si accosta ai versi senza preconcetti per reperire in essi le loro 'verità', assistiamo al vacillare rovinoso di tante consolidate certezze ermeneutiche. Al loro posto si fa largo un misurato movimento di lettura volto a ignorare binari precostituiti e a seguire invece gli alterni e audaci percorsi di una parola ignara di divieti di accesso e tesa a dar voce a un’armonica coincidenza degli opposti idonea e funzionale a tradurre il conflitto da cui la stessa nasce e di cui vive.