Izabela Filipiak, scrittrice, poetessa, saggista, è nata nel 1961 a Gdynia in Polonia. Dopo un soggiorno negli Stati Uniti negli anni '80 come rifugiata politica, è poi tornata in Polonia per partecipare alla rivoluzione letteraria post-comunista, diventando nei successivi anni '90 un'icona femminista, fino alla sua pubblica dichiarazione di omosessualità nel 1998. Ha insegnato scrittura creativa e pubblicato diversi libri di narrativa, saggistica e poesia, spostandosi poi nel 2003 in California dove è attualmente professore associato all'Istituto di Slavistica e Letterature dell'Est europeo a Berkeley. I temi più ricorrenti nel suo lavoro, che risente di influssi nordamericani, sono l'esclusione, la modernità, il genere, il disagio sociale, l'omosessualità.
da I. Filipiak, Madame Intuita, a cura di A. Amenta, Heimat Edizioni Salerno 2007. Fonte: eSamizdat (www.esamizdat.it), che ringrazio.
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MADAME INTUITA
Tutta la vita come un corso di second language
un mucchio di sacrifici da emigrante e alla fine
non sono mai riuscita a sbarazzarmi dell’accento
lo riconoscevano con mio disappunto
nonostante mi sentissi assimilata
come si deve: e dunque, tanto sforzo per niente?
Così scoraggiata in segreto
da me stessa
ho iniziato lezioni di conversazione
di effimero linguaggio ma anche qui
parlo con un accento
persino più forte perdo
il filo e le connessioni è inevitabile
Potrebbe chiamarsi materno eppure io
non ho una madre, ma solo qualche favola e mito
– stai guardando il ballo di una donna
distratta su una fune – cadrà?
si afferrerà a qualcosa? il ricordo annotato
dei suoi sbalzi d’umore e della loro fine
non invoglia molto alla scioltezza di parola
La lingua lontana eppure vicina è come acqua
scivola tra le dita un attimo dopo di nuovo vuote
e rugiadose lascia un retrogusto di piacere cristallino
mentre come un poeta del primo rinascimento
assaporo la struttura elaborata del latino
il suo ammirevole e logico contenuto
Nei concorsi retorici sono avvantaggiata
dalla lingua delle classi colte Solo la mancanza di prudenza
si discosta dalla più giusta delle regole
che l’origine fin troppo incerta
va cancellata con uno studio zelante
anche se non svanirà mai
Insicura di me stessa smetto di parlare
ascolto soltanto afferro i suoni
un torrente montano cadendo giù per le rocce
svanisce come battito irregolare come ritmo come eco
come un folletto – ora son qui e ora non più
prima che riesca a ridere mi addentro carponi
in strati di dolore e di danno – che devo farne?
Un’altra voltami imbatto in stralci di lettere in racconti interrotti
Allora collego i fili faccio chiarezza nel disegno
Guardo soltanto sono felice non dico niente
per non spaventare neppure col respiro la figura sul ciglio