Lunedì, 7 dicembre 2015
Dodici testi di Roberto Bertoldo, tratti da il Calvario delle gru (2000), già apparsi su L'ombra delle parole (v. QUI) con una nota di Giorgio Linguaglossa a cui vale la pena fare riferimento e a cui rimando anche per la cospicua biobibliografia dell'autore, sono qui riproposti nella traduzione in francese di Valérie Brantôme, amica e già altre volte collaboratrice di IE, che ringrazio di cuore. Anche questo post rientra nella mia convinzione, forse chiara, che sia sempre utile confrontarsi, per quanto possibile, con altre scritture e altre lingue, in sostanza con altre interpretazioni, stili, conflitti traspositivi, modalità di fare poesia, di dare un nome alle cose, insomma di leggere e reinventare la realtà. Cosa non facile, certo, e forse doppiamente impegnativa (e utile) per chi, come Valérie, non solo traduce poesia ma anche la scrive, e affronta la poesia degli altri con amore e insieme occhio critico. Questo vale forse a maggior ragione con la poesia di Bertoldo con cui Valérie si è voluta cimentare, una poesia "pensosa"e cognitiva, densa e ricca, ad un primo accostamento ardua, pregna di costruzioni metaforiche ardite, che non vuole sedurre liricamente né "cantare" niente ma che ha l'ambizione di elaborare un pensiero anche filosofico e di mettere in discussione molti punti di riferimento culturali, soprattutto di ciò che Bertoldo chiama il "postcontemporaneo", ovvero (cito l'autore) "il postmoderno forte, col quale indico semplicemente il postmoderno liberatosi dal decadentismo, e cioè indico una cultura che attualmente sembra, solo perché il presente spesso la rigetta, propria del futuro (per questo lo chiamo anche postcontemporaneo), è l’accettazione del progresso gnoseologico e del modello epistemologico contemporaneo che l’età odierna si ostina, a parte eccezioni, a rifuggire per codardia e interesse". Ecco che, tra l'altro (cito Linguaglossa, v. QUI) "Bertoldo intuisce e comprende, con indubbia genialità, la necessità di riformulare una nuova poetica di tipo post-simbolistico nel quadro concettuale del postmoderno, comprende che soltanto attraversando criticamente il post-simbolismo si può attingere una poesia emancipata e culturalmente attrezzata sul piano metaforico, comprende che soltanto arretrando sulle posizioni di un consapevole modernismo si può uscire dalla palude dei cliché del minimalismo (corsivo mio)". Una ragione più che sufficiente, se non servisse altro, a farmelo amare.
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