Giovedì, 30 agosto 2012
Irving Stettner - Hurrah! - Ed. Il foglio clandestino, 2012 - traduzione di Erio Sughi, cura di Davide Argnani.
Un bel libro, non avrei altro da aggiungere. Tuttavia, nell'aggettivo "bello" sono compresi, a titolo gratuito:
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l'interessante opportunità di gettare uno sguardo su una realtà
poetica decentrata (ma pur sempre molto "americana") rispetto a quella
dei "poeti laureati" a cui, in vario modo e spesso superficialmente,
siamo abituati. Stettner non è nemmeno l'ultimo dei beat, come potrebbe
sembrare. E' una voce originale, più parente, in tanti suoi testi lirici
e "naturali", di Whitman (Argnani parla infatti di "naturalismo
classico"); in altri, in minore e in modo molto meno scatologico, di
Bukowski. Un giramondo libertario innamorato della natura e dell'amore,
libero nel verso e nel verbo, che Stettner quasi "schizza", esattamente
come fa (faceva, purtroppo) con le sue opere grafiche, alcune delle
quali riprodotte nel libro (e il libro è piacevole anche per questo).
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l'altrettanto interessante opportunità di scorrere un libro (si legge
alla svelta) perfino divertente, direi quasi disintossicante
specialmente se si è reduci dalla lettura di qualche testo non tanto
oscuro (molti grandi lo sono) quanto ecolalico. Dico questo perchè nelle
poesie di Stettner la messa in scena delle emozioni, delle impressioni,
dei sentimenti (spesso gioiosa) non è mai disgiunta da una voglia di
narrare, di fare un racconto, e di farlo (soprattutto nei testi lunghi qui non presenti) con quella stesura fortemente
paratattica e parecchio "oggettiva" tante volte apprezzata nella prosa
americana. Una scrittura quindi rivolta decisamente all'esterno,
estroversa. Perfino il ricorso allo slang (difficile da tradurre ma
molto pittorico) e al colloquiale vi concorrono.
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la tangibile sensazione di una poesia "militante" (come ci piace dire
dalle nostre parti), vissuta, con molta poca "finzione" dentro. Stettner
è (era) poeta non perchè scrive poesia ma perchè la vive. Perchè
scrive, come afferma in una lettera ad un amico, "una poesia in
mezz'ora, un'altra invece in alcuni giorni, altre in una settimana o
due, in 6 mesi, un anno, ecc." ma lo fa "per gioia, angoscia, estremo
benessere, o estrema disperazione, plumbeo dolore". O anche semplicemente perchè lo
trova "del tutto piacevole, dilettevole".
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