Mercoledì, 9 agosto 2017
La poesia e il caldo dell’estate duemiladiciassette (nota di Rita Pacilio)
Estate duemiladiciassette: caldo e incendi, caldo e piogge torrenziali,
caldo e vento, caldo e dipartite di innumerevoli amici. L’Italia sembra
stia bruciando viva nella morsa di un’estate che procede al di là delle
responsabilità personali. Eppure c’è voglia di poesia con la consapevolezza
di andare nel mondo verso tutti sondando animi, aspettative e motivazioni
umane. Con la parola ci si occupa di se stessi, degli altri per mettere a
nudo la propria appartenenza alle vicende di tutti: il poeta diventa un ascoltatore com-prensivo, determinato a dichiarare l’esistenza
come un conflitto sempre aperto sui problemi più rilevanti dell’Universo.
Contro Venere
di Alessandra Merico – I quaderni del Bardo Edizioni, 2017
Se al poeta è concesso
opporsi al modello tradizionale della poesia, intesa come mimesi
dell’esperienza oggettiva
non gli è, invece, possibile fuggire dalla realtà
sia che scelga la via dell’estetismo o della speculazione metafisica,
oppure sia attratto dalla ribellione avanguardistica
(Gabriele Morelli). Alessandra Merico, nel suo lavoro poetico Contro Venere, sceglie di partire dall’esperienza personale per
porsi di fronte alla poesia moderna immergendo il soggetto, l’essere umano
sacro e fragile, in continua lotta con il sentimento, nel conflitto
palpabile del sentimento stesso. È l’amore, puro e spesso umiliato, che
viene a trasformarsi in un diario originale tra senso ed esperienza. La
musicalità del verso libero vigila sulla creazione della coscienza che in
queste pagine, si ribella, combatte e agisce, non in maniera moralistica,
ma con sensibilità e indagine visionaria. Si sviluppa il discorso
linguistico: le immagini intime e sociali, il perdono simbolico, la
temporalità, la vendicazione, la guerra, nei diversi registri
emozionali, richiedono l’esigenza della verità e la sua stessa ricerca. La
formula del rapporto con il mondo reclama una riscrittura e una ricreazione
della stessa storia. Merico si esprime in prima persona confessando lo
sguardo consapevole sul senso sottile di amare. Lo fa alla sua maniera
inscenando una pièce teatrale.
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Sabato, 12 aprile 2014
Filippo Ravizza - Nel secolo fragile, La Vita Felice, 2014
Con consapevole profondità e con attentissima ricerca cosmica, ineluttabile e contestualizzabile storicamente, Filippo Ravizza, nel suo recente lavoro
poetico, Nel secolo fragile, per i tipi editoriali La Vita Felice, ’14, coinvolge e colloca, se stesso e il lettore, nella realtà di
figure/luoghi, del presente e del passato, attraverso analogie semantiche pervase di corruttibilità terrena. Tutto questo grazie alla memoria del tono e
della lingua, dello stile e del senso poetico di cui la parola si arricchisce soprattutto quando i versi hanno una validità terrena, storica,
vitale e non solo di spazio letterario sapiens. Lo stile poetico-letterario dell’autore, conquistato con lo studio e la vocazione all’applicazione al
dialogo interiore, si misura con la caratteristica della poesia che riecheggia nell’esperienza del mondo. L’entusiasmo lirico di Ravizza emerge forte e si
sposta dallo stile, pur ricercato e curatissimo, al contenuto/significato in cui offre testimonianze importanti di una memoria storica che rivela urgenze
di narrazioni etiche e sociologiche. Qui ritroviamo le nostre tradizioni, i nostri errori, tanti nostri limiti e molti dubbi in cui si sono intrecciate
innumerevoli allusioni della nostra vita passata. È nel trapassato, infatti, che ritroviamo il ricordo, l’erotismo, l’addio, l’ideale patriottico,
l’allusione/delusione, il rapporto amicale, amoroso, lo sconforto del congedo, del possibile e dell’impossibile. Nel passato il poeta pone la continuità e
la combinazione della voce poetica personale e la proiezione della voce sociale: la gioia e il dolore, la nostalgia e la malinconia del detto e del non detto. Il ponte è la figura simbolica/metaforica dai molteplici significati psicologici: da un lato risuona come un
ancoraggio di speranza e di ricostruzione verso il presente/futuro e dall’altro può essere vista come l’ultima riflessione spirituale di un legame intimo
verso un elemento armonico/filosofico e lontano che ci convince della sincerità di un’esperienza eterea e impercettibile protesa e tesa esclusivamente in
un passato ormai andato, da conservare unicamente come emozione perduta. La vita quotidiana diventa materia poetica e i fatti della storia si poggiano
sulla base etica dell’autenticità e della sincerità. Nei testi di Ravizza la liricità si sviluppa, infatti, sul rapporto tra reale e poesia ecco perché non
c’è finzione: il poeta non si cela dietro le parole. Le Piazze sono esistite, le bandiere, i mercati, i grandi fiumi, i Popoli, le classi, le varie versioni di questo realismo non sono mistificazioni della realtà, ma vere e proprie ricomposizioni poetiche, con
frammenti che sottendono rara bellezza emotiva; a volte rafforzano, senza sosta, la coscienza storica come per proteggere quegli aspetti dell’autobiografia
poetica che, pur traspaiono, e sono commoventi. (rita pacilio)
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