Giuseppe Martinelli (v. qui), il "professoreinnulla" come si autodefinisce con molta modestia, aveva ragione. Horace Tograth (v. commenti al post del 17/03/09) è un personaggio, nient'altro, del "Poète assassiné" di Guillaume Apollinaire, in cui, come lui ricorda, Walter Benjamin vedeva un'allegoria della situazione degli scrittori e degli artisti al suo tempo. E fin qui ci siamo.
Ma la sua invettiva è anche, e questo è singolare, l'exergo della nota (e per qualcuno famigerata) antologia poetica "La parola innamorata", a cura di Giancarlo Pontiggia e Enzo Di Mauro, Feltrinelli 1978, ormai introvabile. Nata come contrasto e risposta alle avanguardie e come recupero di una parola e di un linguaggio soggettivi, anche lirici e giocosi se vogliamo, tentativo che a leggere i testi lì raccolti non è difficile definire come abortito scivolando infatti spesso in un automanierismo (parola innamorata anche di sè stessa?, narcisismo?), l'antologia è coetanea di un'altra antologia, forse migliore, quella curata da Antonio Porta con il titolo "La poesia italiana degli anni '70", Feltrinelli 1979, ed è tuttavia un documento importante perchè costituisce una specie di "come eravamo" di parecchi poeti noti che poi hanno compiuto, attraversando diverse stagioni, una notevole metamorfosi stilistica (sono presenti tra gli altri Giuseppe Conte, Maurizio Cucchi, Milo De Angelis, Tomaso Kemeny, Angelo Lumelli, Nanni Cagnone, Valerio Magrelli, Cesare Viviani, Gregorio Scalise, Gino Scartaghiande). Ripropongo qui l'introduzione, abbastanza stralunata. Magari può far comodo a qualche studente di lettere. Curioso quello che ebbe a dire al riguardo Aldo Nove, non ricordo dove: "La prima cosa che colpisce dell'introduzione a La parola innamorata è che non si capisce niente, ma traspare comunque un'esigenza molto forte: una volontà di gioco, di recupero ludico-amoroso della parola. Una spiegazione banale me l'ha data uno dei poeti più importanti de La parola innamorata, ovvero Milo De Angelis, dicendo che lui e altri poeti si trovavano a casa sua, prendevano un sacco di acidi e poi scrivevano queste cose". Parole sue...