Sempre nel tentativo di gettare uno sguardo (v. ad esempio qui)sulla relazione, secondo me mai abbastanza stretta, tra poesia e pensiero, anche filosofico, pubblico qui un saggio di notevole valore di Lorena Zaccagnino dedicato a Yves Bonnefoy. L'articolo è tratto da Dialegesthai. Rivista telematica di filosofia, anno 2 (2000), che ringrazio.
Yves Bonnefoy, un poeta fenomenologo
1. La resistenza alla concettualizzazione e l'apertura alla speranza. L'elogio della menzogna
«Je voudrais réunir, je voudrais identifier presque la poésie et l'espoir».(1) Con queste parole Yves Bonnefoy apre il saggio L'acte et le lieu de la poésie, precisando, però, l'esistenza di due tipi di poesia e di speranza. Individua una prima forma di poesia, chimerica e menzognera, che coltiva la speranza di strappare l'oggetto nominato al tempo, allo spazio, alla materia, per salvarne soltanto l'essenza. Questa poesia, che Bonnefoy definisce divine, dimentica la consunzione e il disfacimento dei corpi, abolisce l'infection de ce qui se perd nella speranza che almeno la scrittura divenga un assoluto in cui poter trovare riposo. La parola poetica acquieta l'uomo angosciato dal nulla e diventa la sua consolazione illusoria, uno spazio miracolosamente non corruttibile. Eppure questa poesia, che sembra dimenticare la morte, accoglie la negazione che le è propria. Quest'ultima osservazione di Blanchot sottolinea il tentativo della scrittura di disfarsi della realtà, la rinuncia del poeta al suo muoversi nel mondo:
le mauvais espoir est celui qui passe par l'idéal -- le ciel de l'idée, la beauté des noms, le salut abstrait du concept.(2)
Questo primo tipo di poesia offre dunque lo stesso illusorio riposo in un «lieu préservé»(3) che promette il «concept». Molti degli scritti di Bonnefoy denunciano il potere incantatorio e malefico del concetto, che è la nozione astratta di un sentimento, o di un evento, la quale seduce poiché offre una «demeure éternelle»: (4) una dimora incorruttibile e trasparente per il pensiero. Richard nota che «la primitive opacité des choses se mue peu à peu en transparence»: (5) il concetto è in grado di acquietare perché muta gli urti che l'esistenza produce e gli stravolgimenti del caso in un equilibrio armonioso, in un «calme discours», secondo le parole dello stesso Richard. Tuttavia questa pace armoniosa può offrirla soltanto l'astrazione, non l'esperienza vissuta, opaca, che Bonnefoy scorge in una foglia d'edera maciullata, segnata dal tempo che l'ha incisa, dalla violenza a cui l'ha sottoposta la vita. Il concetto di foglia è un tradimento della realtà particolare di quella foglia, e dell'Erlebnis che l'ha solcata. Il «concept», così come il primo tipo di poesia individuata da Bonnefoy, oppone un rifiuto all'Erlebnis, a quella che il poeta chiama presenza: il concetto è «le grand refus» (6) dell'esistenza, che comporta anche un'inibizione dello slancio e della passione, oltre che una protezione dagli eventi tumultuosi, e
quand il n'y a plus de désirs, d'errements ou de passions, même le vent et le feu ne sont plus réels, la demeure d'absence est grandie aux proportions de ce monde. (7)