Lunedì, 12 luglio 2010
Canto I
4)
mi pesa, la memoria imminente, mentre mi ristoro, penso a te, che l'orlo è baratro ai miei piedi, né caldo né gelo, sosto, il visitabile azzurro è pene,
non sono: ogni flusso mi trapasso sulla retina, è tempo, se penso a te, spina nel cuore, ovvero mi tasto, e mi vivo, con la mano nella terra, fredda, d'amica,
saprò i finali: accendo il fuoco ora ch'è frigida aria, e non c'è segno, tra i nostri dialoghi muti o il cadere, quando in stanze è una rottura amara:
mi tengo il peso e mi trastullo nei tuoi occhi, legato libero, la moneta è il taglio esiziale, in me scavo infedele se la poca pianta non dà refrigerio.
14)
gioca, sole, su tronchi mi bilico proscritto, mi diffondo alfine per l'aria pulita, fumo: la limpida volta echeggia, fruscii voci ricordi:
si dispoglia ramo, veste, o io smagliato su celate trappole, e mi svendo, se ho sete, e l'osso mi sarà spezzato, il prossimo tiro, astragali, non mi sorprende, più: sono io,
non sono, o deperibile ultimo depilando essenze, raggiri sono oltre consumabili perdenze: evaporate, sono frutice pioppo sono ipsilon:
è il veloce corvo la pura luce l'alba serrata il sarmento rosso è la bavosa sassata, il battito dell'ore la lacera farfalla:
Canto II
2)
è odore quando miri la luce e gli alberi
la terra ci riacquista che girandole nere
ho incontrato occhio memoria la sedia
siedo di sangue rosso rombano favelle
e dici le trame né speranze né idoli
quando ti stringo la pianta secca
penetro in prigionìa pergamene girano
carezze mentre oscillo è disfatto il rammendo
questa storia sono ti recitano è
le tue parole mi strozzano perlina rossa
9)
le figure transitano in questo mio spazio dell'occhio, scandisco distanze l'usura di ogni mutamento, e nasce il mare e s'imbianca e inarca spergiuri:
ora è suono la pioggia o il sole liquefa la pietra, in acque: ale se ale vanno perdono coesioni convesse mi enumero per ristagno le tappe in promiscuo:
non serrate la porta quando mi taccio: vi respiri il vento, vi cresca l'edera o l'odorosa gaggia su panni di celeste mi rinfresca il cuore, quel becco:
che dalle larghe vie si disurbani la depauperata cecità: se la serra in caldo mi fissa se le voci sono libere: quando da travi nottola per lanterne attraversando;
rigo il poco bianco, cenno appena su un cencio una nota, e metto in contatto i poli e mi attardo senza costume, all'approdo è puro segno che mi dislaccia questa prigionìa:
testi tratti da Il Verri n.19/1980
Ciro Vitiello è nato a Torre del Greco, in provincia di Napoli. Poeta e critico, dirige, per conto delle edizioni Guida, la collana di teoria critica "Idetica"; per l'editore Tullio Pironti, cura la "Biblioteca della Poesia Italiana Contemporanea".
Altri testi di Vitiello qui, qui e qui
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