Martedì, 30 marzo 2010
Si riaccende, come era auspicabile anche in previsione di alcuni prossimi appuntamenti, il dibattito sul come e dove la poesia nella rete, sul suo stato di salute, sul da farsi, e su altri problemi collaterali. Interviene buon ultimo, su UniversoPoesia (v. qui), Matteo Fantuzzi, da sempre molto attento alle problematiche del rapporto poesia /web, e anche un pò preoccupato riguardo al futuro dello strumento blog. Pur rimandando al suo articolo, ne estrapolo un brano che si presta ad alcune considerazioni.
"La prima cosa di cui forse non si deve nemmeno discutere consiste nella morte dei blog di Poesia almeno come noi li intendiamo, cioè come uno strumento di condivisione, di ragionamento, di analisi, di coscienza militante di quello che avviene oggi nella Poesia italiana contemporanea. Che ci si stesse plafonando dopo una fase di esuberanza non è certo una novità ma qualcosa che conosciamo bene e accade almeno da un paio d'anni. Quello che va deciso ora è come andare avanti, cosa fare. Perché se i blog plafonano è indubbiamente esplosa al contrario la parabola ascendente di Facebook anche nella promozione della Poesia, ma Facebook è una risposta che mette in campo parecchi compromessi o quanto meno riporta in vita parecchi mostri del passato: prima questione, il circolo chiuso".
Il problema in questo paese è spesso quello di scambiare il mezzo per il fine, e anche, come nel brano sopra, i numeri (in questo caso il successo di Facebook) per la qualità. Tempo fa ho incontrato un giovane poeta (non faccio nomi neanche morto). Non conoscendolo di persona, ho voluto stringergli la mano e presentarmi (vecchie pericolose abitudini d'antan). Lui mi guarda in faccia e fa: "Ma, ci conosciamo?". E alla mia risposta: "Si e no, diciamo che su Facebook...", lui alza gli occhi al cielo e ridacchia : "ah, Facebook, allora...", e un altro tizio che sta lì nei paraggi non richiesto ridacchia e fa: "eheh, Facebook, figurati i miei alunni sai come lo chiamano, faccia di buco, eheh". Va bene, mi sono sentito un pò fesso, e su una cosa hanno ragione, che chiamare amico qualcuno frequentato su Facebook è un pò azzardato, ma lo è se non riesci a stabilirci una comunicazione, uno scambio di idee vero, e da questo punto di vista invece posso dire di avere su Facebook qualche amico reale. Su una cosa invece non hanno ragione, cioè sul cullare la loro ipocrisia: tutti disprezzano Facebook e tutti sono su Facebook, di tutte le persone che conosco solo due o tre hanno avuto le palle di ignorare il mezzo completamente (e qui sì, potrei fare i nomi). Il punto è per quale fine lo usi. Altrimenti il mezzo usa te.
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