Riflessioni sull'arte: da Grafemi di Giuseppe Zuccarino, Ed. Joker, 2007
Un libro interessante e godibile, inviatomi da Marco Ercolani se
ricordo bene, disperso colpevolmente in una catasta di libri. A parte di
ringraziare Marco, mi offre l'occasione di continuare a dare
un'occhiata, che come ho detto spesso è sempre utile a chi fa poesia, al
mondo delle arti, soprattutto plastiche e figurative. La scelta dei
brani si riferisce particolarmente a quello.
Zuccarino è uno scrittore che esercita un'arte ancor più minoritaria
della poesia, se questo è possibile, ovvero quella del frammento, del
pensiero zibaldonesco che partendo da un'idea si coagula con una
scrittura limpida e chiara in testi brevi e brevissimi e che spazia in
campi apparentemente diversi tra loro (arte, filosofia, critica
letteraria) ma che appartengono tutti ad un umanesimo raro e prezioso.
Il frammento, è bene dirlo, non ha niente di aforistico o apodittico,
assomiglia piuttosto a un saggio brevissimo o a qualcosa che sta ad esso
quanto il racconto sta al romanzo. La sua brevità è anche leggerezza e
velocità di "esecuzione", e sta in questo forse la sua principale
qualità e il suo valore oserei dire quasi didattico, insieme a quella di
"innesco" di una riflessione che il lettore può, se vuole, nutrire
ulteriormente, magari dissentendo. Poichè i frammenti, come dice
l'autore, "nel loro disporsi in serie, non mirano a conseguire l'unità
armonica di un discorso, ma semmai la pluralità dissonante di un
discordo", tra loro, e - ripeto - con il lettore. A cui il frammento "si
mostra per un attimo e, appena letto, ritorna nell'ombra", come "un
oggetto più simile alla superficie mutevole di un deserto sabbioso che
all'ordinato succedersi di un microcosmo di parole" (M. Ercolani nella
quarta di copertina). Ma l'importante è individuarne la qualità,
evitando ciò che lamenta lo stesso Zuccarino: "Capita oggi che i
frammenti non vengano più riconosciuti come tali, acquistando agli occhi
del lettore la rassicurante pacatezza della massima". (g.c.)
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