Mario Fresa, da Alluminio (ed. LietoColle, 2008)
Ma quanta gioia pare ‘l mio tormento
Ugo da Massa
*
Poi subito il tremore ha riposato ancora nella pioggia,
in quella lieve tranquillità che ha generato
l’indecisa, lunghissima stagione.
L’ombra nasconde docili rumori e a poco a poco estingue
in laminata attesa il precipizio d’acqua,
la crudele fratellanza dei gesti
che sgretola l’ampiezza di questo sonno duro:
un movimento ansioso che matura e si fa
grave divenire, avvelenato desiderio.
Piove sull’implorante fuoco della pelle che si stringe
in questo moto dalle promesse dolci;
respirerà la luce pietrificata in noi,
si strapperà la densa voce del diluvio
nella lotta dei gesti prosciugati;
e questa mano e questo volo figurato
fanno così tremare
il dolce nome dell’invito, e i riccioli carezzano
il terreno, fiammeggiano morendo
sulle tue bianche braccia.
Si apre volando il celestiale nastro che sorveglia già le strade:
la seta fascia i gesti
e come tace lo stupore della vista,
come risplende il fiore degli abbracci
ricaduto nella luce dei fantasmi…