Alcune poesie di Alfredo De Palchi tratte da Paradigm - New and selected poems 1947-2009,
opera antologica bilingue curata da John Taylor (che ho qui occasione
di ringraziare ancora) per le Chelsea Editions (2013), istituzione not-for-profit
che lo stesso De Palchi dirige nell'ambito della Sonia Raiziss Giop
Charitable Foundation. Per quanto in rete siano già presenti diverse
cose di e su De Palchi, ad es. su Blanc de ta Nuque di Stefano Guglielmin (QUI e QUI) e su L'ombra delle Parole (QUI,
con una nota di Giorgio Linguaglossa), leggere e rileggere De Palchi è
sempre piacere ed esercizio, lezione sullo stile, sul linguaggio e
sulla sostanza della poesia come lunghissimo ininterrotto "corpo a corpo
con la parola poetica" (Luigi Manzi, in una interessante nota, v. QUI)
e anche incontro/scontro con una realtà storica e personale che sembra
permanere alla base di un dissidio, che ogni tanto emerge (v. ad es. QUI o QUI),
tra l'autore (forse sentito e che si sente lontano, al di là
dell'oceano) e la cultura letteraria italiana - che sembra non
riconoscerlo adeguatamente e che l'autore giudica con non poche ragioni
ferocemente - fin dalla opposizione di Franco Fortini ("politicamente
contrario", dice De Palchi) alla pubblicazione di "Un ricordo del 1945"
(ora in Sessioni con l'analista) in una rivista diretta da
Vittorio Sereni, che invece era stato uno dei suoi primi estimatori.
Tuttavia basta dare un'occhiata alla lunga bibliografia critica in calce
a questo stesso volume, parecchie decine di titoli molti dei quali di
autori italiani, per poter dire che l'attenzione al lavoro di De Palchi
non è mancata. Forse non in maniera sistematica come probabilmente il
poeta, che in questi cinquanta anni ha sempre scritto in italiano
implicitamente rivendicando un insolubile legame culturale con questo
paese, avrebbe desiderato. Ma quello che credo è che, scomparse le
generazioni che avrebbero potuto, se avessero voluto, includerlo in un
canone o "sistematizzarlo" in una più onorevole collocazione, i giovani non abbiano più gli strumenti
critici, i riferimenti storici o forse nemmeno il vocabolario per farlo - certo non per attualizzarlo, possibilmente capendolo - ma che lo sentano
appartenente a una "tradizione" che probabilmente fraintendono. Nel frattempo il dibattito, anche quando innescato con qualche animosità
dall'autore, non mi sembra che sia mai veramente decollato.
De Palchi, classe 1926, vive a lavora negli Stati Uniti dal 1956, dopo
essere transitato tra il 1951 e il '56 per Parigi e la Spagna. Un
sostanziale autoesilio, dopo le vicissitudini patite in Italia, dove,
subito dopo la guerra, era stato processato e incarcerato ingiustamente
dal '45 al '51 per un omicidio perpetrato dalla milizia fascista,
accusa da cui fu infine scagionato. Un'esperienza che ha influenzato in
maniera decisiva la sua produzione poetica, fin dalla prime raccolte La buia danza di scorpione (1947 - 1951), scritta nelle carceri di Procida e Civitavecchia, e Sessioni con l'analista (1948 - 1966). Sue successive opere sono: Costellazione anonima (1953 - 1973), Le viziose avversioni (1951 - 1996), Paradigma (1950 - 2000), Ultime (2000 - 2005), Foemina Tellus (2005 - 2009), che hanno trovato tutte una pubblicazione anche in Italia, in particolare nei volumi Paradigma - Tutte le poesie 1947 - 2005, edito da Mimesis/Hebenon nel 2006 per la cura di Roberto Bertoldo e Foemina tellus, pubblicato da Joker nel 2010, curatore Sandro Montalto.