Paesaggi provvisori, interazioni, fotografia e altro (intorno a Ai Weiwei, "Entrelacs", Jeu de Paume, Parigi) di Elisa Castagnoli
Provisional Landscapes (2002-2008)
“Esiste una continuità nell’architettura occidentale dal rinascimento ai nostri giorni. In Cina tale continuità é stata spezzata dalla rivoluzione.
Da allora odiamo il passato, non ha ai nostri occhi alcun valore. Allora lo distruggiamo. Ed é così che ci ritroviamo con questi edifici senza
anima, senza gioia né vita che massacrano la terra e il territorio circostante”.
Terre di interi villaggi, considerate proprietà dello stato in Cina, vengono sottoposte a sistematiche operazioni di smantellamento, vecchie case
tradizionali, gli hutong, interi nuclei rurali sono rasi al suolo nel corso d’una notte nel processo di riconfigurazione dello spazio
architetturale, della sua dislocazione in linea discontinua aderendo a vasti progetti edilizi a bassi costi.
La velocità di ricostruzione, quanto l’altrettanto rapido gesto di azzeramento, tabula rasa, messa a capo dell’eredità precedente riconfigurano il
territorio in gerarchie spaziali, in reticoli e sistemi plastici mai neutrali, anche quando si presentano negli stadi mediani di terre a raso, di
cantieri industriali o cumuli di macerie. Eppure, la riconversione del territorio, tanto rapida negli ultimi decenni, quasi rincorrendo freneticamente
il ritmo del cambiamento, sembra lasciare nelle fotografie di Weiwei delle parentesi di vacuità, questi campi lunghi ricorrenti in primo piano di
terreni aridi, brulli, di intere estensioni rase al suolo e corsi d’acqua in fuga prospettica verso il fondo. I primi piani resi alla denudazione di
forme e segni pre-esistenti e i nuovi edifici sullo sfondo come altra dimensione architetturale, altra configurazione d'un modello estraneo che si
affaccia, senza reale continuità al precedente, sul retro delle immagini.
Nella giustapposizione che occupa una parete immensa della galleria sono insieme queste visioni di case e villaggi secolari spazzati via dalle esigenze
di un capitalismo ascendente, poi lo spazio del provvisorio, della transizione, l’indefinito d’una trasmutazione riempita di macerie e sassi, di
detriti in eruzione- irruzione; tale la materia di pietra o terra in fase di sommovimento, nel riavvolgimento apparente su sé stessa. Accanto alle
macchine, alle scavatrici, e ai cantieri aperti nella caoticità ingovernabile dei lavori in corso, appaiono, infine queste terre o superfici messe a
zero, rase, rese a terreni incolti, a pozze d’acqua, alla denudazione d’una non-memoria o solo forse al fascino d’un transitorio, d’un provvisorio
voluto, inevitabile o volutamente assunto che vi si insinua.