Quello che vediamo qui è il Santa Caterina Market di Barcellona, opera di Enric Miralles e Benedetta Tagliabue, una enorme tettoia ondulata di 325000 tegole colorate esagonali che ricopre un preesistente edificio in stile neoclassico risalente alla metà dell'Ottocento.
Mi chiedevo, qualche giorno fa, la ragione per cui questo intervento architettonico, del quale aveva parlato un giornale, avesse attirato la mia attenzione. Mi piace l'architettura, la ritengo un segnale importante del tentativo dell'uomo di modellare il suo ambiente. Quando visito una città mi interesso non solo dei suoi musei ma anche della sua immagine architettonica e della sua relazione con l'uomo.
Questo tipo di interventi fa pensare in prima istanza a un problema più o meno riuscito di coesistenza tra antico e moderno, che il più delle volte si esplica in una decostruzione dell'esistente, con un conseguente passaggio alla mimesi e alla trasformazione. O, nel migliore dei casi, in una affettuosa coercizione del linguaggio nuovo sulla tradizione, non solo per riutilizzarla ma anche per adattarla a una fruizione di gusto più "moderno", qualche volta magari per ragioni tutt'altro che artistiche, anzi decisamente commerciali. In entrambi i casi l'approccio è tipicamente postmoderno, la contaminazione, la coesistenza di stili ecc.
Ma quello che mi aveva incuriosito era, come ho intuito poi, un valore metaforico dell'intervento, qualcosa che sembrava avvenire per l'effetto di forze differenti e contrastanti, e che poteva essere generalizzabile anche alla poesia. Attirava la mia attenzione l'onda principale della tettoia, sospinta verso l'alto dal frontone neoclassico, l'adeguarsi della forma là dove l'onda si solleva per lasciare il posto alla struttura che il tempo ci ha consegnato. La tettoia da parte sua introduce più elementi semantici (linee, forme, colori) che non sono omogenei al vecchio mercato. In questo dialogo, che è poi tra sperimentazione e tradizione, diventa artisticamente indistinguibile capire cosa agisce e cosa è agito: se è il frontone che spinge verso l'alto e dice alla tettoia se vuoi la tua forma devi assecondarmi e riconoscere la mia identità ; oppure se è la tettoia che assumendo in (sotto di) sè elementi linguistici della tradizione, forza la costituzione di un nuovo oggetto artistico. L'idea si confronta con l'idea, i codici (per dirla con Bourdieu) si sommano ai codici, ne creano di nuovi, o, se vogliamo, creano nuove poetiche. I due linguaggi (innovazione / tradizione) si legittimano a vicenda, proprio mentre si cambiano, prendono atto di sè e creano un nuovo contesto artistico, una nuova "competenza". Questo naturalmente quando il codice del nuovo non rimuove quello del vecchio, nel tentativo di cancellarlo, di destoricizzarlo completamente, come sembra l'ambizione di certe avanguardie. E' sempre presente il rischio dello svuotamento (anche di senso) del vecchio, dello "sventramento", che non è un modus operandi solo dell'architettura. Oppure del suo uso strumentale, decontestualizzato. In altre parole il rischio dell'illeggibilità , a maggior ragione nelle espressioni artistiche dove il linguaggio è la materia prima. Il fatto è che appare necessario il superamento di certe antinomie o conflittualità storiche, per andare ad un rapporto dinamico creativo, non tra avanguardia e tradizione, intese l'una come rottura assoluta e l'altra come assoluta staticità autoreferenziale, ma tra innovazione e cultura radicata. Per quanto possa apparire "confortevole" e rassicurante la tradizione con i suoi consueti sentieri, noi, tutti noi, dovremmo renderci conto che essa da sola non basta senza il recupero e l'elaborazione del meglio delle spinte innovative, come pure l'innovazione o la sperimentazione decade e si insterilisce senza l'elaborazione dei materiali culturali (tematici, poietici, stilistici) che la tradizione ci ha lasciato in eredità . L'ipotesi è tanto più vera nell'ambito della poesia, tipicamente un'arte più di altre polisemica, soggetta a diversi codici critici e conoscitivi. In essa l'immissione acritica di elementi spuri, alloctoni (forme, stili, modalità espressive, linguaggi, materiali ecc.) può essere nella migliore delle ipotesi straniante (ma anche questo può essere un "messaggio") e nella peggiore distruttiva, senza la verificazione del confronto, anche serrato, con gli elementi che nel tempo hanno determinato il farsi della poesia. (segue, forse...)