E' in linea il numero zero de L'Attenzione (http://www.lattenzione.com/) rivista letteraria e di cultura nata dall'impegno di una pattuglia di autori e appassionati, tra cui alcuni amici. I nomi, per chi è abituato a perlustrare la rete (e non solo) alla ricerca di segni vitali della poesia, sono noti: Fabrizio Centofanti, Gian Ruggero Manzoni, Massimo Orgiazzi, Antonella Pizzo, Fabiano Alborghetti, Marco Guzzi, Alessandro Ramberti, Massimo Sannelli. Alcuni di loro curano e partecipano a blog che contribuiscono ad una importante discussione, come "Oltre il tempo", "La poesia e lo spirito", "Liberinversi".
Poichè è il numero zero, al momento non troviamo altro che il manifesto e gli editoriali dei fondatori. E' pertanto da lì che dovremo partire per cominciare a farci un'idea. La necessità di una rivista, che è in rete ma è anche stampabile e quindi può essere, a scelta, eterea e palpabile, volatile e insieme dotata della concretezza della carta su cui appuntare i propri pensieri, sembra nascere proprio dalla percezione di una o più ristrettezze. Una forse è quella insita nel modo stesso di essere della rete, che con la sua apparente libertà crea a volte delle prigioni di solipsismo e autoreferenzialità in cui il blogger si rinchiude e pubblica sè stesso, non producendo confronto e dibattito e, quindi, crescita culturale. Si è dibattuto un bel pò su questo, in rete, ne fa menzione Orgiazzi nel suo articolo. Si è sostenuto non a torto che la rete ha permesso la diffusione di testi altrimenti impossibilitati ad entrare in contatto e la conoscenza di autori inediti di grande valore. E' anche vero che i blog talvolta sono stati terreno di scontri improduttivi ma da un certo punto di vista inevitabili, perché sempre ci sono stati e sempre ci saranno, hanno solo cambiato medium, e che sono ideologicamente e sociologicamente di difficile aggregazione. Quindi questa nuova rivista sembra aspirare a superare una specie di contraddizione in termini approfittando delle potenzialità di diffusione di due mondi paralleli. L'altra ristrettezza poteva essere individuata nel bisogno di raccogliere un nucleo forte, esistente ma come dicevamo disperso nella rete. Perché è evidente che una corrente di pensiero di fondo esiste, anche se solo il tempo potrà dire se porterà ad una linea editoriale coerente. Quale pensiero? Qui ci soccorrono, almeno in parte, gli articoli dei fondatori. Già l'editoriale, o manifesto che sia, pone dei punti fermi, a partire da una constatazione dell'imbarbarimento o del "disagio", per dirla con Freud, almeno di una parte consistente della civiltà occidentale. Per quanto le altre non se la passino meglio e forse per le stesse ragioni, è dalla nostra, o meglio dai valori in via di estinzione della nostra che dobbiamo partire, recuperando per cominciare uno "spazio di civiltà e incontro, per mettere in rapporto il poetico, il politico e lo spirituale", prestando attenzione "sui testi e per i testi", interrogandosi "sulla necessità delle forme artistiche" la cui questione "non dovrebbe essere semplificabile fino alla banalità " (Sannelli), credendo comunque "all'eticità della vita intellettuale", proponendo un "approccio onesto alla realtà ". Questo l'assunto di fondo dell'editoriale, in cui si confondono le identità dei singoli. Eppure anche questa è una poetica, la rivendicazione della forza di impatto culturale che può assumere l'unità di intenti, il superamento della diaspora delle intelligenze: "pur mantenendo l'identità singola si deve giungere alla dismissione dell'identità per qualcosa di pi๠forte, che è l'unione" e insieme "procedere egualmente ad un disarmo culturale: pregiudizi, preconcetti, quella materia spuria su cui è fondata la cecità " (Alborghetti). E' questa Ecclesia, che non deve stupire perché la cultura che permea il gruppo è cristiana, che muove proprio verso "atti di organizzazione virtuosa" (Sannelli), convinti che chi scrive abbia una responsabilità , come afferma Ramberti, che risiede non solo nel rivelare la realtà ma anche nel salvaguardare la parola che la rivela.
Certo io credo che ci sia bisogno di un grande equilibrio in tutto questo, una grande capacità di tolleranza (parola mai espressa forse perché abusata) e di confronto nell'ambito di uno spazio aperto "a tutto ciò che vivo e fecondo si può trovare, ovunque, anche nelle fazioni opposte" (Centofanti); e di mediazione di istanze diverse, che, pur nella unità di intenti del gruppo, colgo in qualche tratto: l'ecumenismo di Centofanti, il messianismo di Guzzi forse un po' intransigente e vertiginoso, la militanza (nel senso pieno del termine) di Manzoni, l'irrazionalismo elegiaco di Pizzo, il tradizionalismo dinamico di tutti. Ma ce la faranno, ne sono sicuro. E' utopia?, si chiede Antonella Pizzo. Non lo so, Antonella. Ma la vita senza qualche utopia, che cos'è? Buon lavoro, amici.