Mercoledì, 25 marzo 2009
da L'anima tema
*
qualcuno, che prima è venuto, è andato via lasciando
presto il suo sigillo d’acqua al centro della stanza
l’angelo ammirato attentamente nel dipinto ha
labbra chiuse, sciàmano in un coro poche voci
care, i gridi si confondono, le rondini
*
per aver soltanto vòlto il viso al tuo passaggio
hai finito lì da dietro di guardarmi, dove non vedevo
a onor del vero: non sono forse belli i tuoi occhi? o
come non sapessi già il colore dei capelli, l’opera
dolce delle labbra, il fiato, il dono della voce, chiusi
dietro al dito che indicava la più breve via in silenzio
*
l’aria ferma mi dà pace quanto basta alla figura
che ritorna a farsi viva nell’immagine intravista,
solo ricongiungimento al caldo della luce, poi caduti
il corpo, la sostanza delle cose, l’incolmabile divario
che ti ha resa un’altra lì da me; non tra noi
ricade l’ombra dove entrando il fuoco più si vuota
la materia prende a sé in un ago azzurro luce propria
*
credi, poi che di tutti i nostri gesti
cade l’ombra addosso ai muri
vi penetra una parte, s’apre il varco
tra briciole di pietra intorno all’architrave
dura poco poi nel vivo della storia
altri giorni prima, per diversi pesi,
si equilibra indietro il tempo, il piatto
uguale trattenuto a mano, basso;
hanno un solo suono i passi
dalle spalle indietro e poi
da Radici scoperte
*
restano però scoperti i passi
indietro dove non si può più
andare a tempo, a cogliere
i minuti in atto con la forza
spingerli davanti come l’acqua
a nuoto, cedere quel posto,
alzarsi, giungere se stessi
altrove, d’altre cose ormai
capaci come lasciarle ad altri
in sorte da esaudire, a turno
qui venuti a struggersi in segreto
sopra la maniglia rotta di una porta ferma
che non apre più alla stanza dove siamo:
ruota sì la chiave a vuoto, non dà scatti
*
apre la radice nera dalla sete
in gola le parole, le frantuma,
danno alla figura umana un tratto
che è dissimile dagli altri
dura la tua voce umana a dirmi
che s’è persa la miriade e i colori
in cui rapida sparivi tra le dita,
china, sopra l’acqua il viso
ci riprende insieme il canto
spande in case vuote volti
e nomi in altri luoghi, i nostri
*
qui tra i morti, i vivi, tremano le cose
per riflessi d’acqua fanno cerchi e buchi
entrando sul fondale scuro, toccano nei punti
inaccessibili anche il mondo, i nodi e i nervi
più si disfa il loro dato certo: tra due battiti
di ciglia si completa dalla nascita una morte
sola
da Come s'inoltra
*
portarti è giglio tra minute spoglie,
chiara alle mani, scelta come l’acqua;
la falce assetata sulle radici dell’erba,
tra i rovi le rondini riempiono la casa
non ha più storia l’estate, entra nel vivo
dei giorni da un’altra stagione; la camera,
piccola, nuda, affonda nel sonno; muove
unite le tende alla finestra dopo il saluto
la mano ferma, dirama illuminata intorno
tu non sei nata a questa terra, vieni
al tempo che vi approda senza pena
di stare a vivere, a morire, quasi in noi
avesse tregua l’opera del mondo, la fortuna
*
il mese è
luglio: sparso come sai sono le rondini
a folate e scrosci, un andare quasi via dal mondo
giù per vicoli introversi a frotte, muti, i capi chini
crespe foglie, gonfie, gusci, i nidi tolti ai rami
scendono dagli acquitrini in rivoli e voragini,
fan le cose cumuli sui margini del vuoto, vuote
si ribattono negli occhi, si defilano agli sguardi
a te io confido l’ansia, l’ardua luce colma tra le ciglia
prima di trovarti; tenue tintinnio di chiavi in tasca
dà il segnale entrando, tu che aspetti di toccarmi
voce, voce ha in questa casa attentamente l’alfabeto
fermo tra le dita, le vocali concave alla gola e sonanti;
nella stessa luce il volto avvampa, taglia corto i fili bassi,
la memoria buia, su qualcosa soffia dentro che si porta
Non è sempre agevole estrarre testi esemplificativi da un poemetto articolato in sezioni ma decisamente unitario come L'opera racchiusa di Federico Federici (ora uscito su carta presso Lampi di stampa). Perciò Federico mi scuserà se ne dovesse risultare un'anteprima forse non esauriente. Avevo già avuto l'opportunità di leggerlo nella sua stesura pressochè definitiva ma ancora suscettibile di interventi perchè mi ero proposto come lettore quando avevo saputo che ci stava lavorando. A questo "beta test" era seguito, nel gennaio scorso, un breve scambio di opinioni tra me e l'autore, che qui trascrivo:
Bene, Federico, ho letto il libro. E anche riletto, più di una volta. Lavoro interessante, stilisticamente compatto, ben organizzato. Mi sembra un percorso dal metafisico al fisico, o anche da una oscurità alla luce, non so se a ritroso o meno. Anche il linguaggio percepisce questa curva, da una parte volutamente disarticolato in filamenti sintattici, a volte sospeso; dall'altra ricomposto in un eloquio più ampio, che infatti allunga il respiro dei brani dell'ultima sezione, e il suo dire. In termini di "piacevolezza" (se mi passi questo termine), è inevitabile che personalmente preferisca "Come s'inoltra", una sezione molto bella, con tratti lirici toccanti e sentiti che "narrano" parecchio (riconosco in questa preferenza un mio vecchio vizio o imprinting). Ma è indubbia e evidente la ricerca (e non parlo solo in termini tecnici, ma proprio di quella che l'uomo fa nel proprio spirito) che informa tutta "L'anima tema". Dico spirito, ma può dirsi casa, o luogo chiuso, o hortus conclusus, in cui il poeta medita la sua opera (racchiusa ma non conclusa, spero) e ne trae un senso. E che è il filo rosso di tutto il libro.
Mi fermo qui. Ne riparleremo, spero.
ciao
giacomo
caro Giacomo, ti ringrazio per aver letto con attenzione i miei versi. Mi fa piacere tu abbia trovato spunti di interesse. Un po' mi sorprende che sia la terza sezione quella che ti è apparsa più lineare, avrei -secondo il mio orecchio- considerato la seconda. Al di là di tutte le questioni stilistiche che si possono invocare e che si prestano certamente a sostenere qualsiasi opera, segretamente, come le ossa la pelle, mi fa piacere che sia giunta (ossia: che, scrivendo e riscrivendo io non abbia operato al punto da eliminarla, estrarla senza accorgermene) l'occasione che ispira tutte e tre le sezioni: la visita a una casa, che ora è la casa dell'infanzia, ora quella di una lunga vacanza, ora la casa accanto a una strada conosciuta e frequentata, popolata di voci, di indizi, e nella quale è o ritorna un'unica figura con la quale il dialogo è quasi sempre interrotto, impossibile o reso muto dalla non coincidenza dei tempi. E questa figura sia dunque al tempo stesso l'anima e una donna, con la scarsa certezza nell'esistenza di entrambe (in un tempo che sia qui o altrove nel passato o nel futuro). Tutto, come dici tu, tra la metafisica e la fisica e per me questo è sempre stata la Fisica, in tutti gli anni che l'ho studiata o praticata all'università: non la pratica di una tecnologia, non il suo sviluppo, ma un'ansia di assoluto che non spengono i numeri e il loro mistero. Dire una cosa o misurare una grandezza pongono la stessa inafferrabilità, la stessa incomunicabilità di fondo. Diversamente però dalla Fisica, l'arte (non dico la Letteratura tout court) hanno spesso dato prova di un principio di confutabilità più storico che essenziale, dovuto anche a una diversa materia linguistica. Non solo le strutture si evolvono, ma proprio le parole, i punti in cui tali strutture si innervano e mettono radici, un po' come se la scienza ridiscutesse continuamente la posizione del 2 rispetto al 3 e operasse di conseguenza. Ad ogni modo, al di là di queste mie malcelate dichiarazioni di poetica, auguro a questi versi di parlare al cuore di chi li leggerà, non conoscendomi, non sapendo che farsene di una storia narrata per episodi e preferendo la catena delle analogie, delle associazioni tattili e melodiche. Resterò in attesa ancora qualche giorno, di qualche altro resoconto da chi mi ha chiesto di leggere il libro, poi, rileggerò un'ultima volta per conto mio, scioglierò un paio di dubbi che mi sono rimasti e impaginerò tutto, spedendo all'editore per le vere e proprie bozze in carta.
Nel frattempo, ti auguro una buona giornata e, ancora una volta, ti ringrazio
Federico
Che aggiungere dopo la seconda lettura? Ad esempio, che le tre sezioni ("l'anima tema", "radici scoperte" e "come s'inoltra") che avevano suscitato in me sensazioni diverse, dimostrano non solo un'unità ideale e morale ma anche una sinergia dinamica, segno che l'inafferrabilità del dire che forse Federici paventa qui non ha luogo, anzi è felicemente contraddetta per mezzo di un linguaggio accurato, di aggettivazione essenziale, che con parole relativamente semplici ma "lavorate" (come dimostra anche la non breve gestazione del libro) fino alla loro ossatura, riesce a dire cose complesse, distese spesso in versi ampi - più, ripeto, nell'ultima sezione - che suonano tanto metricamente tradizionali quanto implacabilmente moderni e che restituiscono quelle "associazioni tattili e melodiche" che diceva Federico; o che - soprattutto - tutto questo e altro ancora riesce a evocare una affascinante presenza pluridimensionale, sia essa una casa, una donna o - di più - l'alone metaforico di esse. Ma quello che più conta è che si tratta di un piccolo libro che si legge e rilegge con grande soddisfazione.
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