*
È un imbuto la notte
e la luna
un polline di luce.
Qui non ci sono gli amanti
che abitarono altre poesie.
Non potettero entrare.
E noi dobbiamo fuggire
perché è stretta la notte.
Non ha salvezza.
*
Quando dovrò andare
non sarò prolisso nell’addio
non come quei tramonti africani
sugli alberi di baobab.
Tutto ciò che dovrei ancora dirti
sarà una secchezza di labbra
un nero di porte chiuse
la voce del non avuto.
*
L’amore è una via antica
nel bosco degli incanti.
Gli amanti per quella via
incrociano i destini.
Noi siamo all’imbocco della via
uno di fronte all’altra
irraggiungibilmente.
Come l’aquila e il delfino
che vollero innamorarsi.
*
Dove siamo seduti
la notte è scesa sulla pietra.
La notte nera
che porta queste bocche
a mordersi cieche.
La pietra bianca
che rotola e cade nell’acqua.
*
Abbiamo dato i nomi
a tutte le eternità.
Al vederle per strada
le abbiamo chiamate subito:
Casa. Pietra. Amore.
Ora la Casa è venduta
la Pietra è rotolata
l’Amore muore in una fossa.
Nessuna eternità è rimasta.
Manovre inutili per schivare
l’alzata del vento.
*
Mi invitavi a una notte stellata.
Ancora impronunciata
disponevi la bocca
a una parola finale.
Io che conoscevo il dolore
dei giardinieri
venivo a mani piene:
con grandi forbici per tagliare le stelle
un secchiello per spegnere la luna.
*
L’amore
si rivela con gli occhi
come quando lo dicono i miei
senza imbarcare parola.
Dirtelo la prima volta
con voce tenera di emozione
sarà dirti
un sentimento già vecchio.
*
Mi fa più triste la tua dolcezza
andare a rivedere l’ala
tra le ortiche dov’è caduta.
Ma mi sorridi con quel modo
che finisco per credere
alla menzogna che mi prende
quando ti dico che l’ala
tra le ortiche si sta rialzando.
*
È l’inutile che sgranchisce
le ossa dei nostri discorsi
mentre la polpa intorno non è cresciuta.
Delle promesse credute sane
nel corpo dei nostri intenti
è l’inutile che ne parla
con la voce arresa di un rimpianto
che non sa raffigurarsi.
È l’inutile la breve stagione
di un bacio fallito
che viene alla bocca già morto.
*
Ciò che non può fare l’assenza è assentarsi.
Anche l’assenza è una presenza
condannata ad esistere.
Come quelle volte in cui non sei
che una briciola di te
una delle tante respirazioni del mondo.
Quelle volte in cui vieni a portarmi
l’intangibile nervo di un abbraccio
aprendomi la bocca con un bacio di medusa.
Emilio Capaccio è
nato il 16 maggio del 1976. Ha vissuto a Campagna (SA). Si è lureato in
Economia e Commercio all’Università degli Studi del Sannio di
Benevento. Vive a Milano dove lavora nel settore della sanità pubblica.
Alcune sue poesie sono state inserite in varie antologie dalle case
editrici: Pagine e Aletti Editore. Finalista ai concorsi: “I Poeti
dell’Adda 2012”, “Il Federiciano 2013” e “Viaggio di Versi, III
edizione”, a cura della rivista “Poeti e Poesie”. Si è classificato al
2° posto nel concorso letterario nazionale: “Il Giardino di Babuk –
Proust en Italie 2015”. Ha pubblicato in formato e-book: Malinconico Oscuro,
traduzioni di poeti sudamericani inediti, con prefazione di Giorgio
Mancinelli. Collabora la rivista internazionale di poesia: “Iris News”,
diretta da Chiara De Luca. Sue traduzioni e poesie sono presenti su vari
siti e blog. Ha pubblicato la raccolta poetica: Voce del Paesaggio edita da Kolibris Edizioni 2016, con prefazione di Massimo Sannelli.