Mercoledì, 21 dicembre 2016
Daniele Poletti - Ottativo - Edizioni Prufrock spa, 2016
L'ottativo è il tempo del desiderio, della possibilità, un antenato di
quel congiuntivo che ne mantiene ancora qualche tratto somatico. Forse
c''è un nesso tra questa mia breve annotazione e il titolo di questo
libro. O forse sono già stato depistato, complici le note editoriali.
Cos'è che eventualmente muove il desiderio o l'arte del possibile in un
libro come questo? Domande difficili da metter sotto sequestro,
recintare, soprattutto leggendo un'opera in cui la suggestione (meglio
ancora, il "suggerimento"), come energia messa a disposizione del
lettore, è motore principale, alimentato da parole che assomigliano a
schiavi liberati dalle catene.
Il libro ha una sua struttura rigida che contrasta con la fluidità del
materiale (v. più avanti): circa sette sezioni - la maggior parte delle
quali composte da tre testi "doppi" (cosa che poi vedremo) segnati con
numeri romani e a volte qualche titolo aggiuntivo - intervallate da
testi dalla connotazione prosastica, identificati da lettere progressive
(A, B, C,...) e titolati tutti "deprivazione del sonno". Da questo
punto di vista è un'opera organica, o per lo meno c'è una evidente
volontà di dotarla di organicità, di una struttura che riconduca ad un
tutto ogni singolo testo e a cui ogni testo si appoggi. In sostanza un
poema, un genere o una forma che hanno ritrovato il loro habitat
naturale proprio nella poesia di ricerca, fornendole una veste
concettuale.
Poema su che cosa? Domanda mal posta e fuorviante, in un'opera di
questo genere. Nella quale l'evidenza (proprio nel senso di prova
provata) è quella di un percorso, anzi di una penetrazione, anche
aggressiva, un tentativo di attraversamento di un corpo durissimo da
perforare, quello che è già arduo definire come "realtà" (quale? di
chi?). Il desiderio e la possibilità accarezzati sono quelli di un
accostamento, un accostamento di conoscenza a questa realtà/verità in
maniera paritaria, con l'unico strumento possibile, rebus sic stantibus,
cioè il linguaggio, uno strumento che però è in parte spuntato, almeno
da quando parole e cose hanno preso strade diverse, e il significante ha
assunto un ruolo iconico. E con la complicazione non indifferente che
qui non sembra entrare in gioco almeno l'altro grande strumento che
potrebbe supplire a questo iato, l'immaginazione, sostituita semmai da
un impianto allegorico piuttosto rarefatto, poichè distanziato, lontano,
dietro la durezza delle parole. Del resto, allegoria di che? Il mondo
ha qualche ragione di essere allegoria? O di comunicare qualcosa
attraverso di essa? Sotto questo aspetto a Daniele, come ha detto
altrove, non interessa la comprensione del dettato, ciò che lo intriga è semmai la dimostrazione (perseguita, mai raggiunta) che tutto è dicibile, è toccabile con
la parola, per trarne un senso anche inaspettato, o pitico. Ovviamente
una parte di questo senso sfugge, ma solo perché esso è consegnato alla
individualità del lettore (e so che una delle aspirazioni di Daniele è
comporre un'opera "aperta").
Ci sono in questi versi molte cose concrete, oggetti che popolano la
mente o il sogno (?), e molte parole/oggetto. Ma la realtà è un
materiale composito, un calcestruzzo però privo di solidità. In questo
senso non è reale perché non dispone di sé, non ha la
responsabilità di avere una struttura "fissa" che risponda a una qualche
mente razionale, di garantire sé stessa, di essere - in termini di
sociologia - una "costruzione sociale". La realtà - comunque la si
definisca - è (specie in un'opera di poesia) semplicemente un divenire,
sia nella realtà medesima sia nella mente di chi la "costruisce"
(l'autore). Mantiene, sempre, un alto grado di riscrivibilità. In questo senso, forse, c'è qualcosa di optativo, un margine di devianza o di possibilità, un
pertugio che serve a scardinare la superficie, infilandoci un qualche
grimaldello al fine di scoperchiarla, di ficcarci dentro uno sguardo
speculatore e conoscitivo. Sguardo a volte troppo vicino, microscopico, o
forse giustamente vicino, come quelle dilatazioni di frattali
che dimostrano nel piccolo un universo complesso, sguardo a volte di una
acribia perturbante, a volte rivolto ad un interno profondo, molto
corporeo, come di chi sta ad occhi serrati immaginando non il proprio
ombelico ma le proprie viscere.
In questa "ideologia" che mi pare di intravedere, c'è forse il senso di
altre caratteristiche di questo libro. Dove, ad esempio, le
"ripetizioni" dei brani sono in realtà espansioni o interpretazioni di
qualcosa che si omette, si fa finta di omettere, o si dimentica. Infatti
quasi tutti i testi sono "doppi", ma nel senso, appunto, che il secondo
lievita il primo, lo destruttura e lo ricompone, in uno sviluppo che è
anche (e forse inevitabilmente) una mutazione o anche una catastrophé, e
insieme uno scolio, una glossa, si vedano quegli apici che paiono
annotare (chiarire?) certe parti delle seconde "versioni" (e già con
questo termine siamo in un territorio instabile, poiché non c'è nessuna
certezza che versioni poi in effetti siano). C'è da aggiungere che il
primo testo viene definito dall'autore "archetipo", e questo è
interessante, per i molteplici rimandi alla psicologia, alla filologia,
alla critica del testo, e per l'evidenza dell'artificio di cui dicevo
prima, cioè di un secondo testo in cui porzioni del primo sono
"ricostruite" (parole dell'autore). Si potrebbe d'altro canto avere
l'impressione di una situazione simile (ma contraria) a quando si vuole
ricostruire al mattino un sogno avuto nella notte. Qualcosa manca,
qualcosa si aggiunge, altro viene reinventato. Il riferimento al sogno
non è casuale, in questa mia personale interpretazione, se si guarda
alla scrittura di Daniele come se fosse un processo insoddisfatto (e
forse aleatorio) di condensazione e spostamento, di costruzione e
distruzione di elementi costitutivi la realtà personale dell'autore,
anzi una verità "inverata", statuita e riparametrata come tale, per
quanto possa essere - scrive un Poletti/Debord - "una verità parallela
al vero". Una realtà in cui certo entra anche il perturbante, cioè la
dialettica tra il consueto, l'ordinario, il quotidiano, l'oggettuale e
il senso di alterità, di estraneità, di "doppiezza" che essi possono
generare quando si innescano certi corti circuiti ("è sconfortante come
la mela conosca l’albero / e l’albero non conosca la mela"). Dal punto
di vista di questa rielaborazione continua di materiali può essere utile
ricordare anche che alcuni dei testi di questo libro provengono da
un'altra prova (credo del 2013 o 2012, non ricordo se uscita a stampa)
intitolata, guarda caso, "Sui Quaderni in ottavo di K. (Ottativo)", cosa
che però non è detto che giustifichi o intersechi il titolo attuale (e
soprattutto il "prodotto" poetico attuale).
Da un altra prospettiva i termini scientifici che costellano il libro
dovrebbero per loro natura fornire un aggancio alla "verità", a qualcosa
di inconfutabile all'interno del materiale composito di cui si diceva,
ma appaiono anche come elementi "duri", come conchiglie puntute che
trovi camminando sulla sabbia, corpi alloctoni, misteriose presenze non
necessariamente funzionali alla comunicazione, come moai in un
paesaggio spopolato. E' anche un ricorso alla techné, a qualcosa di
surmoderno, un ammiccare ad un sentimento del tempo in cui l'umanesimo
in crisi si misura con un positivismo scientifico che da parte sua non
se la passa bene, anzi è morto e sepolto. E insieme un affermare: ecco,
vedete, le parole hanno ancora una consistenza, come se fossero ancora consequentia rerum.
Un approccio ricorsivo negli scritti poetici di Poletti, almeno in
quelli che ho avuto occasione di leggere. Ma anche i termini botanici,
anatomici, fisici, medici ecc, fanno parte di quelle cose concrete (o
empiricamente verificabili, se si rimane in ambito scientifico) che a
loro volta intridono quel materiale composito di cui si parlava.
Sembrano d'altra parte corrispondere, nella loro concretezza, ad un
grado di puntuta attenzione, forse proprio in quelle "deprivazioni del
sonno" che fanno da pietre confinarie nel testo. Uno stato di veglia,
forse ricercato e indotto ("Benzodiazepine in etere ottundimento,
riduzione della vigilanza, / difficoltà del verbale, diplopia, l’albero è
un albero / l’albero e la sua funzione") che però non sospende in
maniera drammatica solo il sonno, ma per forza di cose incide anche sul sogno, inteso come distruzione, ricostruzione e superfetazione della realtà.
La scrittura di Poletti ha (allora) in sé il suo desiderio e la sua
potenzialità, tenta di agire in sé non come strumento di lettura del
mondo, ma come parte e forma di esso. Forse è in virtù di
questo che, pur mantenendo un andamento certo sperimentale, il libro di
Daniele non scivola mai in quella arroganza, quella presa del potere
della parola in cui la parola vale qualcosa a prescindere da quel che
dice, diventa rara e perciò preziosa e il suo valore cresce in maniera
inversamente proporzionale alla sua usabilità. Al di là delle indubbie
difficoltà il libro non è oscuro (Daniele diverse volte si è dovuto
difendere da questa accusa) per chi voglia carpire il senso di questo
percorso (formativo o plastico, direi), addirittura a tratti illuminato
da lampi assolutamente lirici, emersioni che non erano sfuggite, a suo
tempo, a uno dei più attenti lettori di Poletti, Edoardo Sanguineti). Il
percorso complessivo mi pare chiaramente indicato a chi legge, e
ampiamente aperto alle libere interpretazioni soggettive proprio grazie alla sua non univocità, nella accezione in cui intendeva il termine U. Eco. Anche la chiusa ha il suo senso. Alla fine si perde
la definizione, forse la chiarezza, forse la strada (dico il lettore,
perché certo l'autore nasconde tra i suoi materiali coordinate e punti
geodetici utili a ritrovarla, magari andando a ritroso): perché le
"deprivazioni del sonno" G,H e I subiscono in chiusura del libro uno
smottamento grafico che le rende progressivamente illeggibili, scivolano
in altre parole, in ammassi di una inintelligibile oscurità. Forse è
obnubilazione. Oppure il sonno è giunto, le palpebre si sono alla fine
chiuse. Immaginiamo che inizi un altro libro, forse un libro "nero",
un'opera di una diversa densità. L'amico Daniele, se vuole, può
prenderlo come suggerimento. (g.cerrai)
IV.
La più piccola distanza al di sotto della quale il concetto di dimensione perde ogni significato fisico
la più piccola unità di misura del tempo al di sotto della quale il concetto di durata
: un grande giallo secreto del fegato gravava sul suolo su ogni cosa grandi ali
spiegate il cui orlo esterno proietta un’ombra infinitamente divisibile
senza alcun ordine lunghezza larghezza profondità le pozzanghere portano sembianze
trombe a meridione premevano alle spalle la sua stessa statura.
L’estensione è omogenea e continua infinitamente divisibile; è indefinita.
Non sono servite a niente tutti i lavandini intasati le vasche
i bidè perché volare via i nostri morti i nostri dei.
IV. (iris)
senza ordine alcuno trombe a meridione ombre nelle pozzanghere grandi ali spiegate
giallo grava sul suolo su ogni cosa [da 561 a 580 nm: zona del giallo nelle sue seguenti tonalità intermedie:
da 561 a 570 nm: giallo-verde da 571 a 575 nm: giallo citrino da 576 a 580 nm: giallo] lo spettro
del visibile è limitato colori a noi sconosciuti
quelli della rondine [l’iride forma la tonaca vascolare dell’occhio: anteriormente l’umor acqueo lo separa
dalla cornea e forma la parete posteriore della camera anteriore dell’occhio; posteriormente
è appoggiato al cristallino con il quale delimita la camera posteriore dell’occhio]
il cui orlo esterno si estende indefinitamente.
Alle spalle non sono servite a niente la statura deposta
ha memoria dell’immediato [essendo una parte dell’estensione non può fornire
informazioni sull’estensione in generale] i lavandini le vasche tutta la nervatura murata dei tubi
⟨ce le strapperemmo di dosso⟩ ottusa di morti e dèi
IX.
La masticazione è un adattamento uno dei primi segni
durante le due dentizioni è discontinuo, tutto ciò che può essere addentato
fonda sicurezza radicamento; liso di masticatura.
In trentadue giorni si appalesano i distretti venosi
: continuano a perdere foglie per torsione
: il frasario dei tigli è liso e scopre un’armatura saia
: cedono le valvole a nido di rondine sporgendo nel suo lume
c’è reflusso, desiderio di una cella
nuova, uno dei primi segni il desiderio di
per mordere ogni mattina un carminativo rende
lieve un mordicativo per non separarsi.
La nervatura rimane diagonale i decidui rimangono e variano.
IX.
[fase di apertura: la bocca è aperta e la mandibola abbassata;
fase di chiusura: la mandibola viene alzata verso la mascella; fase di occlusione o intercuspidale:
la mandibola è ferma i denti dell’arcata superiore e di quella inferiore si approssimano].
A partire dalla presenza si determina il segno la mandibola
è sostituto dell’impensabile inizio e fine entro cui la luce consuma le superfici
ingiallimento sbiancatura screpolo, si ritiene che le possibilità ⟨necessità⟩ di dormire
diminuiscono al diminuire dei giorni uno dei primi segni è il desiderio
⟨non vergogna di voler morire, eppure; adattamento⟩
ogni mattina i denti serrati si lisano la mandibola non è che un ferro di cavallo [due spine ossee
simmetriche danno origine al muscolo genioglosso: nelle apnee ostruttive del sonno il muscolo è interessato; deprivazione].
Continuano a perdere le foglie un carminativo per ⟨alleviare⟩ il tatto
dal supplizio delle mosche per non separarsi. A partire dalla presenza
si determina il segno del vacuo
deprivazione del sonno - C
una porzione di spazio separata dallo spazio circostante è corpo in
presenza di luce; corpo e ombra sono porzioni di spazio consentanee;
corpo e ombra nel sonno sono porzioni di spazio equipollenti;
superficie linea e punto si limitano reciprocamente all’infinito senza
determinare la finitudine
XI. (saliva)
Non lasciare ti faccia che tu possa verso di esso
credere di avere. Il corpo accoglie il corpo espelle conserva
l’occhio calmo alla penetrazione del foraneo, vulnerario
di salvia lumache incarnativi. La pelle lisa
delle cicatrici è nucleo di immortalità. Deviazione dei flussi
: ciò che sta dentro
sconfina per spinta esercitata
sulla parete contenitrice attraverso
le bocche il dentro sconfina cambi continui
di frequenza nel fuori che si lascia sempre occupare
scarica l’occhio colmo a bocca chiusa il dubbio
della fonazione. Mai stato qui, sempre una prima volta,
neppure l’uso della sedia è così chiaro eppure
i moti nei pressi della sedia secreti. Scavalcare
cancelli ritorna nella mantica ritorno del giorno.
XIII.
Che si ripete continuamente con certezza diventa una parte
della cerimonia vuotano sorsate masticamenti per stomaci mai ingombri
è un fare irruzione continuamente la previsione certa già della cerimonia
l’irrompere, tacere, seduzioni del potere chiacchiere inesorate,
chiacchiere su presidenti chiacchiere su ladri chiacchiere su primi ministri
chiacchiere su eserciti chiacchiere su guerre chiacchiere sul cibo
chiacchiere su bevande chiacchiere sull’abito chacchiere su profumi
chiacchiere su parentele chiacchire su città chiacchere su province
chiiacchere su donne chiacchierere su uomini ciacchiere su eroi
chiacchiere da strada chiacchierre da pozzo chiaccchiere su spiriti
chiaachiere vane sull’origine del mondo sull’origine dell’acqua sull’essere
non essere, sulla storia proprio così come l’adrenalina si trova nel carrello emergenza
primo cassetto a livello sistemico intestino bronchi, aumento della frequenza cardiaca
volume sistolico in gittata cardiaca, deviazione del flusso sanguigno fegato
aumento della glicemia. Quanto ode qua non riferisce là per la disunione di quelli
quanto ode là non riferisce qua per la disunione di questi. La si può prevedere
con certezza e allora diventa una parte della cerimonia.
XIII.
fanno irruzione continuamente la previsione è certa diventa una parte
che si ripete continuamente [ciclo iterativo, è una struttura di controllo che attraverso costrutti sintattici di flusso serve a
specificare se, quando, in quale ordine e quante volte] all’irrompere si tace - seduzione del potere - imposizione
(consacrante) - masticamenti per stomaci mai ingombri - chiacchiere inesorate.
Il soggetto resta prigioniero delle strutture ripetitive catene ⟨corde⟩ di significanti non svincolate.
A livello sistemico aumento delle frequenze, i volumi produttivi deviano
il flusso sanguigno verso il fegato
aumento della glicemia. [descrizione di una foglia (platano occidentale): organo specializzato, ascella pronunciata che restituisce
il tipico rumore su pavimento in ceramica, cinque corde o nervi
principali: rachide portante e quattro vertebre coassiali da cui
partono numerosi nervi emissari; margine lobato e superficie leggermente tomentosa; generosità e abnegazione; la massa fogliare
è strutturata come un linguaggio, ma i rapporti gerarchici che
organizzano la funzione sono incapaci di esprimere la razionalità dei
processi economici; il senso di morte è ciclico come un processo economico con la costante del potere avvolto dalla dura madre].
Lo si può prevedere con certezza quanto ode qua riferisce là per la disunione di quelli
quanto ode là riferisce qua per la disunione di questi.
Continuamente esce dal campo previsionale - certezza è verità - la parola fa parte della cerimonia
XV.
Una volta che si è accolta in sé non pretende più si creda in lei
parlare fa saliva tutto ciò che svia è dialogo tra due seggiole
nella camera suono cubo di oggetti in parallasse. La mela è tutto
ciò che svia, in un certo senso è sconfortante come la mela conosca l’albero
e l’albero non conosca la mela terminazione solo in apparenza
legittima il timbro lo è del suono la parola della voce la voce del fiato.
I secondi fini coi quali l’accogli in te non sono tuoi ma suoi.
Tutto ciò che svia le coordinate della mela rispetto alle seggiole
variabili al variare della solerzia, delle losanghe a strappo sulla carta da parati.
XV.
tutto ciò che svia è il dialogo. [quattro pareti una porta; la porta è sulla parete opposta al muro crudo che dà a nord;
la stanza è sempre un parallelepipedo; sostiamo o permaniamo avvolti in parallelogrammi;
ci sono anse rientri polmoni, ma la porta sembra non mutare posizione; lo sviluppo è sempre a croce; il corpo è duale
rispetto alla stanza ma ha diversa struttura combinatoria rispetto alle seggiole]. La mela è tutto ciò che svia
[un ramo spunta da un albero, porta nome e essenza dell’albero; ciò che esce è identico a quello che rimane all’interno;
il frutto non è espressione di se stesso].
1.9 imitazione è alla base dell’acquisizione del sistema, il principio di riferimento fonda ma anche seppellisce
Se fosse soppressa ogni mediazione tra me e il muro ⟨terminazione solo
in apparenza legittima⟩. [il bene è sconfortante quanto il male; nel dialogo tra due seggiole si sviluppano
segmenti di inappartenenza; cause ed effetti sono assimilabili alla statistica degli strappi della carta]
XVIII. (seme)
Attraverso la porta di destra gli uomini entrano in cui si tiene consiglio
l’ultima parola dell’ultimo con quella per perdere la facoltà di giudicare
con definitiva esattezza gli inserti a coda di rondine dei cassetti
vicino alla porta di sinistra per se stesso il giudizio è errato circa la parola
è esatta la funzione degli inserti la resistenza l’incastro che sfida
un odore di rovere fresco vicino alla porta di destra sono almeno cinque
sarebbero diventati componenti della famiglia e così certo non sarebbero
più entrati dalla porta di sinistra.
Il secondo cassetto contiene solo federe di lino grezzo.
XVIII.
non ci sono finestre attraverso una porta perdere la facoltà di giudicare [la serratura è un dispositivo che
assicura chiusura e apertura grazie a una chiave].
La funzione di una porta è esatta, telaio cardini serratura creano soglia
presso un muro la posizione è ingiudicabile.
Il volo di solito è veloce una rapida successione di curve cambi di traiettoria
quando predano insetti che volano veloci [l’incastro a coda di rondine è un tipo di giunzione stringente per
la realizzazione di cassetti; fa parte delle cosiddette giunzioni multiple caratterizzate da una serie di elementi maschio
e femmina: i pieni sono detti tenoni i vuoti mortase].
Nel ⟨quarto⟩ cassetto solo federe il secondo non si apre solo due
del consiglio lo sanno e escono sempre dalla porta di centro.
Circa la parola è esatta la funzione degli inserti, il giro di chiave ha struttura fonetica
non espiratoria ⟨l’unita acustica del discorso è il dispositivo⟩
XX. deprivazione
vedeva il /corpo/ ma non il termine qualcosa di continuo, di secchezza
in secchezza fino alla bocca prosciugata; non parlava; capiva
ciò che diceva dentro di sé; gli si era fatto vicino a somiglianza di
una falce; si liquefece; l’indescrittibile non lo ha potuto /conoscere/
dalla fondazione fino a soltanto /colui/; disgiunto dall’/oggetto/
dalla /cosa/ dal /soggetto/; nella combinazione esiste una scala
ascendente di libertà, ma le espressioni non dipendono più in alcun
modo dal /contesto/, il subordine la dipendenza l’accordo vengono
meno a non /essere/; sostituzione con dispositivi anaforici /astratti/,
verso l’ossatura, rimbombo della cassa toracica ottusione, qualcosa
di continuo dallo stomaco alla bocca prosciugata, non usciva; /
lingua/ saliva denti appercezione del fiume senza fiume, capiva ciò
che diceva dentro di sé; semi di suono voci di /memoria/ disturbi
vari; capiva ma non riconosceva: il /malato/ è un cittadino, un individuo,
un soggetto parlante, secondo l’istituzione; alieno dalla
propria /voce/ il soggetto diventa puramente inconscio, nel quale
essendo uno diverrà due; quando i due siano uno e l’interno come
l’esterno e l’esterno come l’interno e ciò che è su come ciò che è
giù e al posto di un occhio rifarete due occhi e una mano al posto
di una mano e un piede al posto di un piede e un’/immagine/ al
posto di un’immagine, allora non sarà più necessario; desunto n°1
/riconoscere/ è un atto di ridondanza della /conoscenza/ che varia
a seconda del /tempo/ a disposizione, il percorso di un corpo in un
tempo imponderabile è un accavallarsi continuo di riconoscimenti;
la falce, si liquefece e parlò attraverso il sonno senza parlare; il rumore
ambientale del sonno copula liturgica della; diceva dentro di
sé; in primo luogo i /mutamenti/ consistono nella creazione di nuove
/relazioni/ tra; divengono materiale significante solo in quanto
utilizzati in un altro /sistema/; una macchia contenuto e contorno;
una macchia su una macchia è identica in qualunque punto dell’estensione;
sarà una certa /forma/ immune da tutti gli atti; essa ne
può produrre in altrui, ma ha in se stessa il connaturale; diaspora
cellulare e tagmemi, il /caso/, espansione, bisogno di spazio; dinamica
oppositiva fuori da sé gli si erano fatti vicini a somiglianza;
desunto n°3 la rottura del /significante/ avviene attraverso l’innesco
della macchina-macchia, bestia e testa cessano di essere discernibili
nella espressione verbale e scritta, il sistema fonologico è un sistema
di rapporti produttivi che libera l’inconscio e sedimenta /storia/; quantità
in qualità, coincidentia oppositorum, negazione della negazione;
il /fiato/ organizzatore sovvertito in allume accorpa i predicati
in feldspati;
Daniele Poletti nasce a Viareggio nel 1975. Poesia e teatro del corpo sono le attività che animano la sua ricerca. Pubblicazioni: Dama di Muschi (1995, edizione privata), con i testi introduttivi del poeta visivo Arrigo Lora-Totino e dall’artista Antonino Bove, Una giornata... particolare (2003, Mauro Baroni editore) e Ipotesi per un ipofisario (2005, Marco Del Bucchia Editore). Tra le partecipazioni: L’ora d’aria dei cani (2003, Mauro Baroni editore), Parabol(ich)e dell’ultimo giorno. Per Emilio Villa (2013, Dot. Com Press), I racconti della metro (2016, Aracne editore). Sue poesie e lavori concettuali sono apparsi su varie riviste e contenitori d’artista (Offerta Speciale, Risvolti, Geiger, BAU, Italian Poetry Review tra le altre e su l’immaginazione 10 poesie con una nota di Edoardo Sanguineti). È presente su alcuni blog letterari come Il fiore del deserto, Poetarum Silva, Rebstein, Trasversale, blanc de ta nuque. Fondatore e promotore del progetto culturale [dia•foria: www.diaforia.org, che all’inizio del 2013 ha inaugurato un nuovo spazio dedicato alle scritture di ricerca: f l o e m a - esplorazioni della parola (http://www.diaforia.org/floema/).
|