Giovedì, 8 settembre 2011
Dopo il romanzo "L'uomo senza radici" era necessario per me leggere anche la poesia, non meno eccellente, di Dieter Schlesak, in questa bellissima antologia a cura di Stefano Busellato, Settanta volte sete,
edita da ETS, Pisa 2006. Frutto del lavoro di un "conciliabolo" di una
quindicina di traduttori, supervisionato dallo stesso autore che ne ha
approvato la forma definitiva, il libro rappresenta insieme la prima
antologia e la prima traduzione italiana del lavoro poetico di Schlesak.
Il titolo, che certamente l'autore ha approvato, gioca tra un rimando
alla risposta evangelica di Gesù a Pietro ("Signore, quante volte dovrò
perdonare mio fratello se pecca contro di me, fino a sette volte?" "Non
ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette", vale a dire
sempre. e l'allusione ad una
inestinguibile sete di vero e di significato dell'esistenza, di cui
Schlesak è insieme schiavo e cantore, nello stesso tempo feroce critico e
appassionato indagatore, e con la quale bisogna confrontarsi sempre e
per sempre, primo precetto e impegno di un poeta.
"Un'opera che pone al centro la parola, ma che a un tempo si muove
nella sua periferia; che la carica di un'attenzione microtonale,
maniacale a tratti, poiché nutrita dalla consapevolezza che essa è
soltanto un segno, non reificazione dell'autoreferenza. Come l'oracolo
di Delfi, quando è portata alle sue massime tensioni espressive essa non
dice, indica, accenna a una dimensione extralinguistica verso cui la
parola vuole tornare perché da là proviene. (...) Una poesia che
certamente spiacerà a coloro che cercano nel verso una ghirlanda di
parole con cui abbellire il dato di fatto. Il reale, al
contrario, è posto sotto una critica tagliente che affonda fin nelle
radici dalle quali esso trae il proprio mortale nutrimento: nel razionale,
nella concatenazione sistematica e grammaticale che forma un'omogeneità
fenomenica fasullamente impermeabile a ogni condizionale e che già
Parmenide smascherava dicendo essere «tutte e soltanto nomi le cose che i
mortali hanno stabilito persuasi che fossero vere». (...) Dolore,
storia, lucido sguardo sul presente che per Schlesak soffiano come
sinonimi da uno dei più importanti mantici della propria poetica - la
tematica dell'esilio. Dapprima subito come fuga dal regime
comunista, poi scelto come espatrio volontario per non restare preda di
una qualsivoglia carta che pretenda di inscrivere un'identità. L'esilio
passa da dato biografico a categoria esistenziale. (...) ed ecco che
dopo la dissidenza rispetto alla dittatura rossa, inizia un diverso
esilio, la scoperta di un assolutismo ancora più rigido ed endemico -
comincia la resistenza alla dittatura capitalista. Maggiormente
schiacciante questa perché priva di riferimenti diretti da poter
colpire, perché "microfisica", un assoggettamento che prende il volto di
ciascun assoggettato, e non c'è schiavitù peggiore di quella che fa
credere al forzato di essere uomo libero. (...) Per Eliot «il dovere del
poeta è far affiorare la poesia dalle risorse inesplorate del non
poetico», le liriche di Schlesak sono uno sguardo su quanto di meno
poetico sia dato a vedere, sono un non volere chiudere gli occhi
sull'essenza grettamente prosaica dell'esistenza estraendone ragioni per
una resistenza poetica che come Michelstaedter non si persuade «essere
vita la qualunque vita si viva»". (dalla prefazione di Stefano Busellato).
Da leggere anche la recensione di Fortuna Della Porta su "Senecio" (reperibile QUI)
VERSILIA, estate nel quadro, quel che davvero è: così distendi la sabbia gialla, la duna avanza sul filo dei nervi, così deponi il fiore, idea nell'albero, il bianco dell'occhio, neve blu latteo, i dardi dell'iride, e bocca rosso mela, lo spazio è il bianco di una fata, come un sogno.
La nera pasta e sangue coagulato che sgorga dalle cose; mettilo sulla carta e tenta la traccia, quello che appare non vale più niente.
Così odora qui la terra estiva, vibrazione rovente, l'occhio misura il tempo, il mare, la terra sono scuri, è qui solo lo sguardo, la lingua, l'odore: davanti a te un campo di colori:
scorre la sabbia pallida, tutto, e sanguina verde nero violetto, la notte è rossa,
quest'uomo è stato quasi risparmiato, vive ancora e nel nulla costruisce un cuore di colore: sempremai
e dopo la morte abita a lungo la vita attraverso lo schermo dell'occhio.
Fin dove ancora arrivi a scomparire,
qui è la sua terra.
***
TUTT'INTORNO A CASA MIA
mi sorge l'intuizione sotto la pioggia/ sotto gli Dei che continuano a pescare invisibili, nelle strisce di pioggia membra luccicanti presso l'ulivo davanti la mia finestra.
Nelle sue foglie pendono le pergamene donde provengono i nostri pensieri, qui ormai da anni accasato, aspetto pieno d'impazienza; adesso sento più chiaramente il grigio cielo del sud al di sopra di me, quando la mia vita stantìa mi folgora - nell'osteria Parola su un foglio l'anamnesi affamato ristoro.
Devo divorare tutto, poi si risolve/ sul foglio intoccato davanti a casa.
Presto sorge l'intuizione, profili fioriscono fulminei, cadono le prime grosse gocce, già sbattono le finestre è il vecchio temporale, come se tornassi a casa.
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EPITAFFIO PER LA PSICHIATRIA
A coloro che in Germania hanno dovuto subire la "morte di grazia"
Si mangiano l'anima infelici Ciò che essi sanno Appena alla bocca affiora Gli basta per vivere Muovendosi lenti. Come un mendico li guardo Mentre ancora colpa si accumula Sulla lingua in declino/ che qui accade.
Mi muovo in fretta Nel sistema della follia Per andare da loro Passo una porta Che questa lingua Colpevolmente ha creato E attonita ci vive ogni giorno.
***
VIAGGIO IN GERMANIA, AD EST
A VolkerBraun 1 Sopravviene il confine e ci sbarra il cammino, una linea di sabbia canta la bellezza del luogo inesistente. Un albero ha ragione. E tu così vuoi leggero nella frase lasciarti tutto alle spalle?
Ma chi fora e disturba i muri con parole e pallottole? Con la mente divisa, alla finestra, e già passato. Era dunque un paesaggio, e pallida apparenza?
Così pensò un'ebbrezza felice la favola della libertà, la divisione mal compresa. La gioia dura solo attimi. Potere stordire. Cambiare potere.
2 E il luogo vuoto abbatte. Il vuoto. In me. In te. L'antica patria. Viva l'orribile morta. Presto, il tempo è scaduto. Si vedono i campi passare. E già da molto è vecchio questo confine.
3 Come un canto verde e spazi lontani: semine - gli Stati nelle orecchie, un inno in bocca un atque. Tutto così va avanti. E nulla sarebbe accaduto? La nuova colpa copre l'antica. Solo un cielo è concorde. Dice un padre là sopra nella grande fossa comune. E conta i caduti, ogni tre giorni - un monumento.
***
L'EMIGRANTE
Lettere scambiate al di là di ogni chiuso confine la quiete illude in sembianze di morte così come un fulmine a te d'accanto s'infigge l'indecifrato attimo - per lei solo un alito lieve - l'acuminata sosta ad libitum.
Lo senti, e più ancora è il presagio, uccelli silenti, forse colombe viaggiatrici portano il messaggio. E ancora in rima concorde coi nostri respiri abbattiamo le porte serrate.
A lungo restano ferme o si aprono poi quando vengo quando di nuovo vengo quanto a lungo per sempre.
Occhi rinchiusi. Su di noi e presto l'antico confine dell'erba e poi sempre la quiete. Ancora è là sulla pista di volo il tuo vestito nero, il vento l'increspa nel vuoto dell'aria, una corona di nota, un punto, e in basso anche un rumore di tuono.
***
LA POESIA Speranza che si cancella da sé
Uccelli leggeri/ in licenza si perdono come fiocchi di neve o bolle di sapone cercando d'avere un enorme cuor leggero.
Nessun verso raggiunge la fame le grida/ sotto le mura di tortura non solo di uomini uccisi quando la testa crolla.
Qui camminiamo senza dolore sopra la riga
Ciò che ancora dà speranza resta nella poesia/ non più possibile.
***
ASCOLTA AMORE LA VITA RISUONA in noi come corda spezzata.
Ci siamo fatti più quieti, tu, - sentendo la nostra aridità, e l'inquieto saluto dei padroni, che promuovono il morire.
Siamo qui, amore. Gli attimi se ne sono andati come rondini già da tempo volate via.
Potremmo essere là, amore - come sempre.
Lo so, quando ti tocco, riprendiamo coraggio.
Siamo qui, amore, a vibrare e risuonare. Ma quel ch'è s'spezzato e ci fa male, celebra le nozze e se la ride.
Come possiamo prenderci per mano, se sono così secche ed ardenti, a lungo attendevano la parola e nel silenzio ardevano, come ci avessero preso la vita, il nostro pegno.
Ascolta, amore, dimenticare è bene, ma resta vivo il dolore.
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CON TE LA VITA NON FINISCE MAI Orli dei monti del golfo degli alberi che ci figuriamo belli con la loro luce figure per gli occhi concepite secondo puri suoni uccelli che mi rallegrano. Noi costruiti insieme qui nel nostro spazio delle righe corporee. L'intero paesaggio sei TU.
Tempo dell'attesa/ ancora ticchetta l'orologio del mondo ticchetta nel mio cervello nel cuore, dalla scrittura come se piccole lettere potessero salvare me e i miei occhi, ticchetta l'orologio nell'orecchio lo stormire del vento dei grilli di notte ticchetta in tutto.
Ma chi è che sta al centro di tutto e giace e vola con me? Sei tu che conobbi sentii e vidi tu adesso dolorante in nessun luogo amore invisibile che tutto connetti e tieni!
E pulsano le vene vene azzurre dell'inseminatore d'uomini battono sempre incontro a te e al tuo venire! Ma se è spento qui solo cieca ogni riga e bianca come gelida neve senza più spazio fra il se e il ma quello ch'è spento che nessuno più conosce? Questa oscurità la deve illuminare ADESSO il lampo del mio amore
***
IL PECCATO ORIGINALE. Copia Cappella Sistina
In principio era un albero nel suo alfabeto.
Quello che andrebbe fatto è una macchia bianca, ma sta in un altro foglio,
incompiuta come la vita, affinché possa essere.
Il peccato: è dove occupi l'assenza. Dove ognuno perde il possibile: l'hanno chiamato anche Dio, il Signore,
il suo verbo è l'albero. Ma chi, con la parola, ci assolve?
***
NON NEL LINGUAGGIO sta rannicchiato l'altro che sono io
Io ti dico che mi sguscio del vostro linguaggio infantile mi sguscio in te e costeggio le parole sussurrate
Non aver paura già da tempo sei me e non lo sai
l'Altro dorme per millenni in te
colui che tu con mille voci vivi e sei - quegli parla e dimentica?
Guarda, dal gioco infantile di un io scompaio ed affondo nel mare poesia.
Il testo originale tedesco è stato omesso per difficoltà tipografiche di trascrizione. Me ne scuso.
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