Giovedì, 27 maggio 2010
Dice Giampaolo De Pietro dell'autore: Francesco è un poeta davvero toccante, e un artista magnifico. Se cerchi e dai uno sguardo alla sua biografia il passaggio per la scrittura è notevole (non da e per un elenco di "stellette" o notevoli premi in poi...), così come se conosci il suo disegno, la sua pittura, il suo linguaggio espressivo o tratto. Questa poetica della neve davvero ti nevica (bussa, tocca) intorno e dentro. Il lavoro di Francesco Balsamo è attraversato dalla neve, sarà per un utilizzo di bianco sul nero carbone, un bianco che non discioglie ma attraversa, restando mescolato, come innevando i tratti emozionali delle figure stesse, o dell’immaginazione di loro. Per farsi storia della neve, o neve della storia di ciascuno. (questo, però, lo avevo scritto in relazione alla sua ultima mostra - Il tempo plurale delle figure - bellissima!) Probabilmente lui ha avuto una fase in cui separava nettamente i due "mo(n)di". Il libro in questione - gli incerti editori siamo noi, certi di poter fare un buon lavoro, come un buon sogno da portare su carta-libri - ha una veste (orto)grafica curata personalmente dal poeta, e dentro (e fuori) vi si trovano suoi bellissimi disegni.
Personalmente non ho molto da aggiungere o da confutare rispetto a quanto afferma Giampaolo. A parte forse il fatto che questa scrittura, questa "ortografia della neve" - in cui appunto l'autore sembra scrivere di (e su) una materia poetica dallo stato fisico instabile almeno come i tre stadi dell'acqua - è al limite di una eterea liquefazione, o meglio sublimazione, termine che qui, se si leggono alcuni testi in cui il lirismo è quasi volatile, mi sembra quanto mai appropriato. Un'altra breve considerazione riguarda il rapporto tra linguaggi artistici, in questo caso tra pittura e scrittura. Almeno da quello che ho potuto vedere credo, contrariamente a quello che dice Giampaolo, che la "fase in cui (Balsamo) separava nettamente i due mo(n)di" non sia del tutto conclusa. C'è ancora a mio avviso (e non è mica detto che questo sia un male), una distanza tra i modi, i colori (a parte le trasparenze), le inquietudini di una pittura dai toni oscuri e densi da cui le figure (o parti di esse) emergono quasi in negativo come fantasmi persi nel tempo (v. ad esempio qui). E quelli di una scrittura trasparente e traforata, quasi sospesa e dissimulata, appunto, nell'estremo candore della neve (o - se preferite - della pagina). (g.c.)
Francesco Balsamo è nato nel 1969 a Catania, dove vive e lavora. Ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Brera e Catania e alla facoltà di Lettere dell’Università di Catania. È tra i vincitori del premio Eugenio Montale nel 2001 — sezione inediti — con Appendere l’ombra a un chiodo, poesie pubblicate nell’antologia dei premiati, edita da Crocetti nel 2002, nello stesso anno riceve il premio Sandro Penna, per l’inedito, con Discorso dell’albero alle sue foglie, edito da Stamperia dell’Arancio nel 2003. Alcune sue poesie sono state pubblicate su riviste e su antologie. Una sua raccolta è stata tradotta in finlandese e pubblicata a Helsinki nel 2004.
Da Ortografia della neve (incerti editori, 2010)
inverno atlantico i giorni affiorano a poco a poco come timide balene premono la fronte sul ghiaccio sottile delle finestre e affondano la coda nel buio dei cortili inverno atlantico col mare spina dorsale e le pinne curve dei pomeriggi quando tira un gran vento e ci salutiamo con la mano dalle scogliere delle case
passerei la vita intera a contare le comete dei pomeriggi, a guardare come cade un fiocco di mela e un altro ancora, leggerei in ogni vetro la grafìa dei giorni più freddi e di ogni amore farei un nodo di lana, mi fiderei dell’angelo delle dita che a piccoli gesti mi rassicura e spegne il lume
essere l’apprendista di un lume fino ad avere i tratti bruciacchiati ascoltare tutte le sue parabole leggere il corsivo delle ombre sul muro di fronte e imparare la pace sorda delle luci
la casa è di legno – legno d’aria – ci stiamo come nella tasca dei boschi e dormiamo tranquilli nel camino dei respiri. al mattino ci accendiamo come certe stufe affumicando l’aria, sono le parole che salgono verso il soffitto, alcune sollevano le tegole e verrebbe da pensare solo al cielo , l’inverno lo snidiamo così coi piccoli falò delle frasi
una foglia da centesimi cinque in cambio di una matita per scriverci con l’orecchio al suolo con la punta del naso sulla terra
morire di sfuggita come la prima nevicata o sparire appena in tono seppiato come in una fotografia un incerto qualcuno accanto al bavero di un altro vivere a voce in una nebbia improvvisa o di partenza in partenza al crepitìo dei saluti
passano i morti a luci spente e fanno un cenno, ma nessuno li vede e allora fanno un fischio come di nave a vapore, portano identiche notizie: è andata bene ci siamo persi in un bicchiere
s’inchinano le ore dentro gli ospedali e i cimiteri io sono il centesimo di un gesto e la parola è un sasso liscio appiattito rimbalza sulle tempie come sull’acqua
di notte i miei genitori sfogliano l’album di famiglia seduti in cucina sbiancano i figli al raggio di una torcia si raccontano i particolari delle loro vite soffiano via le date le età e si curvano l’uno sull’altra e appoggiano la fronte l’una sull’altra
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www.incertieditori.splinder.com (di Gianni Priano a "Ortografia della neve" di Francesco Balsamo) http://ellisse.altervista.org/index.php?/archives/461-Francesco-Balsamo-Poesie-da-Ortografia-della-neve.html (e su imperfetta ellisse di Gi
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