
In questi giorni ricorre il decennale della morte di Amelia Rosselli e molti hanno pensato di celebrare l'evento, in molti modi diversi. Della Rosselli si è detto molto, a cominciare dalla sua poesia sospesa in un terreno di confine, in una continua osmosi tra due lingue e, forse, due identità. Di difficile collocazione, tanto che è stata inserita con qualche disagio nella antologia "Poeti italiani del Novecento" di P.V.Mengaldo, che, quando uscì, intendeva essere esaustiva del panorama poetico italiano giunto alla fine degli anni Settanta. In maniera un pò ellittica (in questo blog non potrebbe forse essere altrimenti) colgo qui due piccioni, riproponendo un testo di una poetessa che amo nella traduzione di un'altra poetessa ugualmente amata, che ci ha messo del suo. Entrambe sublimi, entrambe travolte dall'impossibilità di trovare infine una catarsi poetica alla tragedia dell'esistere...
MORNING SONG di Sylvia Plath
Love set you going like a fat gold watch.
The midwife slapped your footsoles, and your bald cry
took its place among the elements.
Our voices echo, magnifying your arrival. New statue.
In a drafty museum, your nakedness
shadows our safety. We stand round blankly as walls.
I'm no more your mother
than the cloud that distills a mirror to reflect its own slow
effacement at the wind's hand.
All night your moth-breath
flickers among the flat pink roses. I wake to listen:
a far sea moves in my ear.
One cry, and I stumble from bed, cow-heavy and floral
in my Victorian nightgown.
Your mouth opens clean as a cat's. The window square
whitens and swallows its dull stars. And now you try
your handful of notes;
the clear vowels rise like balloons.
CANTO DEL MATTINO
Come un grasso orologio d'oro l'amore ti mise in moto.
La levatrice schiaffeggiò le piante dei tuoi piedi, e il tuo grido pelato
prese il posto tra gli elementi.
Le nostre voci echeggiano, magnificando il tuo arrivo. Nuova statua.
In un museo percorso da correnti d'aria, la tua nudità
adombra la nostra sicurezza. Ti attorniamo vacui come mura.
Non sono più madre tua io
della nuvola che distilla uno specchio per riflettervi la sua propria lenta
cancellatura per mano del vento.
Tutta la notte il tuo fiato-di-falena
ondeggia tra le rosee lisce rose. Veglio per ascoltare:
un mare lontano muove nel mio orecchio.
Uno strillo, e dal letto incespico, pesante come una vacca e floreale
nella mia vestaglia vittoriana.
La tua bocca s'apre nitida come quella d'un gatto. Il riquadro della finestra
s'imbianca e ringoia le sue tetre stelle. E ora tu provi
un tuo trillo di note;
le chiare vocali sorgono come palloni d'aria.