Martedì, 28 gennaio 2014
Pisa sta diventando una citta sempre
più poetica, sotto forme e modalità anche molto distanti tra loro, dal
pop all'accademia. Dopo il primo Poetry Slam che si terrà l'8 Febbraio
prossimo (v la notizia QUI), ecco in programma per il 12 e 13 Febbraio un importante convegno dedicato a Wislawa Szymborska,
in onore del suo storico traduttore e studioso Pietro Marchesani, dal
titolo "Szymborska, la gioia di leggere. Lettori, poeti e critici".
L'evento è organizzato dal Dipartimento di Filologia, Letteratura e
Linguistica dell'Università di Pisa e dalla Fondazione Kristina
Bronislava Przyiemska Sbranti, per la cura di Giovanna Tomassucci, e si
articolerà in conferenze, dibattiti, panel, letture e la proiezione del
film-documentario di Katarzyna Kolenda-Zaleska "La vita a volte è
sopportabile. Ritratto ironico di Wislawa Szymborska". Numerosi e
significativi gli interventi di poeti, critici, studiosi (v. il
programma completo QUI): Galaverni, Berardinelli, Lipska, Tomassucci, Mikolaiewski, Bremer, Carpi, Febbraro, Ulbar e altri.
Perchè questo incontro? Ecco quanto affermano gli organizzatori:
"Nel nostro paese la Szymborska ha
rappresentato (e rappresenta) un vero e proprio fenomeno culturale,
testimoniato dalle decine di ristampe e altissime vendite delle sue
raccolte (pubblicate da Scheiwiller e Adelphi), dalle dichiarazioni
entusiastiche di molte personalità della cultura e infine dall'affluenza
agli incontri poetici con lei di centinaia e centinaia di persone (nel
maggio 2007 è stata ospite dell'Università di Pisa e ha tenuto un
intervento in una Sala degli Stemmi gremita fino all'inverosimile; due
anni più tardi, quando la scrittrice è stata invitata dal Collegio
Superiore dell'Università di Bologna, l'Aula Magna di Santa Lucia della
capienza di 1500 persone non è riuscita ad accogliere tutti i
convenuti).
Questo successo, notevole e senza precedenti
(per trovare qualcosa del genere bisogna risalire al fenomeno, del resto
assai diverso, dei Festival di poesia degli anni Settanta e Ottanta),
non è stato accompagnato in Italia da un'equivalente fortuna critica.
Non solo non sono state pubblicate monografie e saggi (a fronte di una
ricca messe di testi pubblicati in Polonia), ma la bella biografia di
Szczęsna e Bikont, Cianfrusaglie del passato. Biografia di Wisława
Szymborska, apparsa subito dopo il conferimento del Nobel e ormai giunta
alla VI edizione, verrà pubblicata in Italia, nella traduzione di
Andrea Ceccherelli, solo nei prossimi mesi. A cercare di sfruttare la
celebrità della scrittrice è stato sorprendentemente un altro settore
editoriale, quello dei manuali italiani di management e sociologia, che
si sono serviti (in genere in modo inadeguato) delle poesie della
Szymborska come di una sorta di "istruzioni per l'uso".
Con il convegno pisano vorremmo cercare di rispondere ad alcune domande:
- Perché la Szymborska fa accostare alla poesia quegli Italiani che
in genere non la leggono? Ed è forse vero che tra di loro ci sono
soprattutto giovani? E ancora, quali sono i suoi elementi "trascinanti"?
- La sua fortuna italiana è forse un fenomeno "privato", che
riguarda solo i lettori? La nostra editoria, sempre meno interessata
alla poesia e a chi continua a leggerla, si è trovata forse anche
disorientata rispetto a un fenomeno in controtendenza come quello della
Szymborska?
- La sua poesia ha influito sul linguaggio poetico italiano dell'ultimo quindicennio?
- Il successo mediatico verificatosi subito dopo la morte della
poetessa soprattutto grazie alla celebrazione che ne ha fatto in prima
serata TV Roberto Saviano ha lasciato tracce a distanza di tempo nello
scenario culturale italiano oppure tale fenomeno è stato in gran parte
"riassorbito", come avviene per molti autori divenuti improvvisamente
celebri presso il grande pubblico?"
Il disegno è di Elena Buono
Giovedì, 23 gennaio 2014
Ivano Mugnanini - Il tempo salvato - Ed. Blu di Prussia 2010
Quella di Ivano Mugnaini è una poesia pensosa e pensata, frutto di una
evidente meditazione sui casi della vita, sull'amore, sull'eventualità
di ritrovarsi sconfitti, su una probabile incapacità, laicamente
consapevole, di comprendere il mondo circostante o la stessa natura, sul
rischio di una qualche indeguatezza di "comprendere" quel mondo nel
linguaggio e col linguaggio. Sono poesie fitte, dense, articolate spesso
in lunghi periodi monologanti, come un pensiero tra sé e sé riflesso,
che il poeta mette a disposizione del lettore. E il lettore deve
accostarle (o sarebbe meglio che lo facesse) con una predisposizione
d'animo quasi vergine, poichè si tratta di trovare all'interno di
ciascun testo il giusto cammino, il giusto ritmo, il giusto fiato,
quello che porta, con l'ultimo verso, al compimento, alla realizzazione
di una epifania poetica. Del resto lo stesso Mugnaini ci esorta,
nell'ultima poesia della silloge, "lasciamo che il testo trovi / il
cammino, l'oggetto, il messaggio" (...) lasciamo che il verso trovi /
per sé e per noi la sua strada, il suo senso". Che è una forma conativa,
quasi di stampo anglosassone, per tirare gentilmente il lettore
"dentro". Sia detto incidentalmente che nel lavoro di Mugnaini quella
parola "messaggio" non ha niente di mistificante, topico o sbrigativo,
poichè quel che comunemente con ciò si intende è quanto di più lontano
ci possa essere dall'essenza stessa della poesia, che non deve dare
"messaggi" a nessuno. E' semmai il contrario, sembra dirci Ivano tra le
righe: e cioè che non è il poeta a dettare il messaggio ma è la poesia,
nel suo divenire spesso misterioso, a svelare qualcosa che l'autore
stesso non sapeva. Va da sè tuttavia che il "mistero" in questi testi va
di pari passo con una sicura artigianalità del verso, certo consolidata
nel tempo, e che è proprio quella che permette all'autore di
impegnarsi, senza mai perdersi, nei monologhi interiori di cui dicevo, e
di addomesticare (forse anche in senso etimologico) proprio quel chè di
misterico che ancora oggi è un alone residuale che qualcuno accosta al
concetto del fare poetico.
Addomesticare, rendere domestico, è la millenaria illusione
antropocentrica (e perciò biblica) che accompagna il destino dell'uomo
sulla terra. Ma addomesticare che cosa? Innanzitutto, partendo dal
titolo, il non domesticabile per eccellenza, il tempo. Per quanto nella
comune esperienza umana sia un tentativo destinato al fallimento, il
poeta sa, come Agostino, e lo sa più di tutti, che il tempo siamo noi.
Tempo salvato, tempo perso...benché possa sembrare banale richiamare
questa giustapposizione, vale la pena ricordare che è il tempo che
salviamo in memoria a costituire quel tempo "non spazializzato", fatto
di un flusso ininterrotto di momenti, che è il cardine della nostra
coscienza (Bergson), ma anche del nostro "esserci", come afferma
Heidegger, il nostro essere nel mondo, e perciò, in ultima istanza, la
nostra identità di uomini e donne. Ma soprattutto, dice Mugnaini nel
brano che dà il titolo alla silloge, il tempo salvato (quindi non
perduto) è quello "strappato con la vita alla vita", compreso ovviamente
quello dedicato alla poesia, quella "follia che ti spinge ad alzarti
prima / della luce cercando il senso, la parola". Nel valore etico del
tempo "salvato", perciò, per quanto esso possa essere "fragile,
imperfetto, / regolato da cronografi tarati male", si nobilitano, anche
poeticamente, le esperienze vissute, l'amore, gli eventi anche minimi ma
significativi, le pulsioni primarie. La domesticazione è riportare con
la poesia le cose all'interno della cerchia, non solo strettamente
personale, attraverso confini sempre aperti, osmotici, tra l'oggettuale e
il soggettivo. Ecco perciò che in questi testi si va dal piccolo al
grande e viceversa, dall'interno all'esterno, dall'io a un noi, non
sempre esplicito ma sempre presente, dalla concretezza delle cose
all'animo. Un continuo attraversamento affettuato con una apparente
composta serenità, o una disillusa ironia che ha anche illustri
ascendenti nella poesia del Novecento, ma che dà la dimensione di un
autore che si sente talvolta apolide rispetto al mondo, e nutre
felicemente la sua poesia di questo sentimento. Un procedimento che è
possibile cogliere in pieno, a titolo di esempio, proprio ne "Il tempo
salvato", in cui si passa da una constatazione del reale anche "dura",
anche arrabbiata, ad una riflessione dolente, una domanda sul senso di
sè e del proprio fare, anzi sulla "ipotesi di sé, la possibilità di
essere / immaginato come ente inesistente" (corsivo mio).
Ossimoro, contraddizione, aporia, estremo confine tra l'essere e il mero
accidente, ovvero qualcosa che - semplicemente - accade, o si lascia accadere.
(g.c.)
Continua a leggere "Ivano Mugnaini - Il tempo salvato"
Mercoledì, 22 gennaio 2014
A integrazione del post di giovedì scorso relativo al Poetry Slam che si terrà a Pisa Sabato 8 Febbraio prossimo, trovate il programma completo QUI o cliccando sull'immagine. Tanto per la cronaca.
Giovedì, 16 gennaio 2014
Rilancio volentieri questa iniziativa che vedrà la partecipazione di Dome Bulfaro come maestro di cerimonia (eMCee) e di Massimiliano Antonucci in veste di sacrifice (poeta di apertura), prevista per Sabato 8 febbraio 2014 qui a Pisa. L'iscrizione è gratuita. Chi fosse interessato a mettersi in gara può scrivere a massiantonucci[chiocciola]gmail.com. Il vincitore parteciperà alle successive fasi regionali Toscana / Emilia Romagna che condurranno alle finali nazionali del campionato LIPS.
Rimando coloro che volessero saperne di più sul poetry slam a questi articoli di Lello Voce, riconosciuto "importatore" in Italia del medesimo, in cui si parla di storia di questa competizione performativa, di regole di gara e della nascita della LIPS (Lega Italiana Poetry Slam - v. QUI e QUI).
Domenica, 12 gennaio 2014
SEBASTIANO AGLIECO – COMPITU RE VIVI - IL PONTE DEL SALE 2013

Qualunque forma vivente con un sistema nervoso piuttosto elaborato può provare sensazioni di dolore e di piacere regolando la propria sopravvivenza
attraverso meccanismi di rigetto, per quanto riguarda gli stimoli negativi, e di assorbimento per quelli positivi. Purtroppo, però, non sempre è semplice
rifiutare ciò che procura dolore, sofferenza, paura, ansia, vergogna; anzi per gli studiosi di psicologia, queste emozioni, spesso, aiutano l’individuo a
regolare i propri percorsi di adattamento psicosociale. Nei primissimi anni di vita si impara ad ‘attaccare/fuggire’ oppure ad ‘afferrare/stringere’ per
fronteggiare l’angoscia della paura e della solitudine e si apprende che l’unico corollario possibile per ‘salvarsi’ è l’amore. Il tema dominante del
lavoro in poesia di Sebastiano Aglieco, infatti, è l’amore inteso come dovere/compito propedeutico di ciascun essere umano nei confronti di se stesso e
dell’altro. Il poeta è psicologo e formatore, sa che le esperienze passate possono condizionare comportamenti e attese creando ansie che spesso i fatti non
possono giustificare. Ecco perché l’autore riporta a galla i vissuti di luoghi del passato portando alla luce quelle stesse sensazioni, la complessità di
quelle vulnerabilità, che per quanto superate, possono ancora produrre effetti e reazioni. Il motivo è chiaro perché lo spazio e il tempo somatizzano tutto
ciò che accade nel sé sociale sempre più minacciato da equilibri instabili, dall’eco dell’imprevedibilità dell’esistenza, dallo stretto legame che
sussiste tra le forme di dipendenza/rassicurazione e distacco/angoscia. Ecco perché Aglieco parte dalle primissime fasi evolutive per insegnarci a
guardare/sentire parole, linguaggi, luoghi, emozioni e simbolismi: i bambini sono il punto focale intorno a cui si sviluppa il mondo degli adulti e il
futuro. Imparare a sostituirsi a essi, in modo empatico, ci permette di comprendere il disagio soggettivo e lo svantaggio sociale dell’eventuale
comportamento emozionale patologico. Il senso di responsabilità educativa dell’autore analizza, fruga, penetra gli scenari interiori attraverso
l’osservazione esteriore (muro, cortile, buio, mare, candele …) di fasi simboliche che cristallizzano le fasi senso-motorie funzionando a
livello di esercizio di incroci tra la lingua dialettale, lo sviluppo del pensiero e la disponibilità all’azione appropriata. Si sopravvive al pianeta
sociale con la preghiera, con l’atto di accoglimento dello stereotipo, del pregiudizio, della selezione naturale, attraversando la perfezione di un disegno
a priori che si libera della superstizione, della paura, della punizione, del male. La Madonna/madre ridimensiona l’impatto con la propria vulnerabilità.
Padre e madre diventano i portatori di un meccanismo riproduttivo sempre più di fondamentale riferimento e non figure casuali e
l’amore/salvezza/purificazione ritorna a sollecitare la comprensione della conflittualità interiore distruttiva per sentirsi sostenuti e automaticamente
aiutati a evolversi, a migliorarsi. (rita pacilio)
Continua a leggere "Sebastiano Aglieco - Compitu re vivi, nota di Rita Pacilio"
Lunedì, 6 gennaio 2014
Ho letto per la prima volta A.J. Sinadino in una deliziosa opera (tre
volumetti in 24°) intitolata "Poeti simbolisti e liberty in Italia", uno
di quei libri che solo Vanni Scheiwiller sapeva fare (Strenna del Pesce
d'Oro 1968, 72, 73, a cura di Glauco Viazzi e V. Scheiwiller), anche se
non proprio "taschinabile", come lui amava dire. Poeta poi (o forse
prima, non ricordo) ritrovato in "Poesia Due" di Guanda, da cui ho
tratto questi testi che ho ritradotto.
Sinadino è poeta pressoché sconosciuto in Italia, o almeno dimenticato
da tempo immemorabile. Di origine greca, nato in Egitto da madre
italiana, è stato un autentico cosmopolita, capace di entrare in
contatto con le culture più stimolanti dell'epoca, subendo gli influssi
futuristi, ma anche e soprattutto simbolisti, a cominciare dal
riconosciuto maestro del simbolismo, Stéphane Mallarmé, senza perdere di
vista autori come Proust, Poe, Baudelaire, tutti citati in questi
testi (V. biografia alla fine dell'articolo). Ancora oggi la sua scrittura, a parte l'apparirci a tratti
retorica, è capace di fornire al lettore grandi suggestioni. Una poesia
misurata, controllata più di quanto appaia, ma insieme carica di una
mistica particolare, religiosa fino al sincretismo, in cui l'autore
ricerca non solo la purezza della parola ma anche la sua stessa purezza,
una poesia nella quale "il reale si lascia dai suoni, colori,
sensazioni ed emozioni raccogliere" (E. Citro) e che sembra bruciare
intensamente dall'interno, nella sua meditazione sul tempo e sulla morte. (g.c.)
Continua a leggere "Agostino John Sinadino - Poesie"
|