Lunedì, 31 maggio 2010
In questo quinto post dedicato ad alcuni lavori usciti dai laboratori "mattutini" di traduzione durante il gemellaggio italo-francese della scorsa primavera a Pistoia, Angèle Paoli traduce Alessandro Ceni, due testi tratti dalla sua raccolta "Mattoni per l'altare del fuoco". Dice Angèle di questo lavoro (Semicerchio n. 40, pag.30): "Lavorare con altri poeti (...), condividere idee sul modo più preciso di di avvicinare un testo, allargare la riflessione all'etimologia delle parole, è stato esaltante. (...). Mi è piaciuto molto lavorare alla traduzione della poesia di Alessandro Ceni, adattarmi al suo mondo, all'ampiezza della sua frase, dei suoi versi. Fare mia questa poesia del soffio, del respiro lungo. Poesia del senso, quella del poeta, nutrita da un antico passato, ancorato nella memoria. Poesia allo stesso tempo mitica e viva. Ricca di immagini personali e originali, che rimandano all'universo mentale di tutti."
da Mattoni per l'altare del fuoco (Jaca Book Milano, 2002)
XVII
Io guardo questi alberi un’ultima volta, come sempre si guardano le cose, per ultime volte, al di fuori dei campi coltivati e su un suolo che per tutti era santo: dove le bestie tenevano assemblee di fidanzamenti all’apparire e al ritrarsi degli animali ibernanti, lo sparviero mutato in colombo la volpe in donna, e le anime dei defunti che emergevano in cerca di uova sessuate sulla fragile costa di un fiume: le gazze, allora, i ciuffi di piantaggine, le cavallette tra le erbe, d’ogni regione astronomica i voli interrotti degli uccelli di passo e le meteore nel mucchio di sementi del letto domestico e accanto agli altari del suolo e delle messi, dove sempre ti sei rivolto ad antenati indistinti e hai creduto di sentire le anime dei morti fluttuare confusamente nell’angolo oscuro della casa.
XVII
Je regarde ces arbres une dernière fois, comme l’on regarde toujours les choses pour la dernière fois, par-delà les champs cultivés et sur un sol qui pour tous était sacré: où les bêtes tenaient leurs assemblées de fiançailles dans la venue et le repli des animaux hibernants, l’épervier changé en pigeon le renard en femme, où les âmes des défunts affleuraient à la recherche d’œufs sexués sur la fragile rive d’un fleuve : les pies alors, les touffes de plantain, les sauterelles dans l’herbe, de chaque région astronomique les vols interrompus des oiseaux de passage et les météores dans l’amas de semences du lit de la maison et à côté des autels du sol et des moissons, où tu t’es toujours tourné vers de vagues ancêtres et tu as cru sentir les âmes des morts flottant confusément dans l’angle sombre de la demeure.
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Giovedì, 27 maggio 2010
Dice Giampaolo De Pietro dell'autore: Francesco è un poeta davvero toccante, e un artista magnifico. Se cerchi e dai uno sguardo alla sua biografia il passaggio per la scrittura è notevole (non da e per un elenco di "stellette" o notevoli premi in poi...), così come se conosci il suo disegno, la sua pittura, il suo linguaggio espressivo o tratto. Questa poetica della neve davvero ti nevica (bussa, tocca) intorno e dentro. Il lavoro di Francesco Balsamo è attraversato dalla neve, sarà per un utilizzo di bianco sul nero carbone, un bianco che non discioglie ma attraversa, restando mescolato, come innevando i tratti emozionali delle figure stesse, o dell’immaginazione di loro. Per farsi storia della neve, o neve della storia di ciascuno. (questo, però, lo avevo scritto in relazione alla sua ultima mostra - Il tempo plurale delle figure - bellissima!) Probabilmente lui ha avuto una fase in cui separava nettamente i due "mo(n)di". Il libro in questione - gli incerti editori siamo noi, certi di poter fare un buon lavoro, come un buon sogno da portare su carta-libri - ha una veste (orto)grafica curata personalmente dal poeta, e dentro (e fuori) vi si trovano suoi bellissimi disegni.
Personalmente non ho molto da aggiungere o da confutare rispetto a quanto afferma Giampaolo. A parte forse il fatto che questa scrittura, questa "ortografia della neve" - in cui appunto l'autore sembra scrivere di (e su) una materia poetica dallo stato fisico instabile almeno come i tre stadi dell'acqua - è al limite di una eterea liquefazione, o meglio sublimazione, termine che qui, se si leggono alcuni testi in cui il lirismo è quasi volatile, mi sembra quanto mai appropriato. Un'altra breve considerazione riguarda il rapporto tra linguaggi artistici, in questo caso tra pittura e scrittura. Almeno da quello che ho potuto vedere credo, contrariamente a quello che dice Giampaolo, che la "fase in cui (Balsamo) separava nettamente i due mo(n)di" non sia del tutto conclusa. C'è ancora a mio avviso (e non è mica detto che questo sia un male), una distanza tra i modi, i colori (a parte le trasparenze), le inquietudini di una pittura dai toni oscuri e densi da cui le figure (o parti di esse) emergono quasi in negativo come fantasmi persi nel tempo (v. ad esempio qui). E quelli di una scrittura trasparente e traforata, quasi sospesa e dissimulata, appunto, nell'estremo candore della neve (o - se preferite - della pagina). (g.c.)
Francesco Balsamo è nato nel 1969 a Catania, dove vive e lavora. Ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Brera e Catania e alla facoltà di Lettere dell’Università di Catania. È tra i vincitori del premio Eugenio Montale nel 2001 — sezione inediti — con Appendere l’ombra a un chiodo, poesie pubblicate nell’antologia dei premiati, edita da Crocetti nel 2002, nello stesso anno riceve il premio Sandro Penna, per l’inedito, con Discorso dell’albero alle sue foglie, edito da Stamperia dell’Arancio nel 2003. Alcune sue poesie sono state pubblicate su riviste e su antologie. Una sua raccolta è stata tradotta in finlandese e pubblicata a Helsinki nel 2004.
Continua a leggere "Francesco Balsamo: Poesie da "Ortografia della neve""
Lunedì, 24 maggio 2010
In q uesto gioco di artigianato osmotico tra poeti/traduttori, nel quarto appuntamento con i testi elaborati in simbiosi nel corso del gemellaggio italo-francese di Pistoia nella scorsa primavera (v. i precedenti al tag "parole in coincidenza") è Martha Canfield a restituire a Olivier Bastide (presente su questo blog anche con un altro interessante lavoro v. qui) il "favore", traducendo tre suoi testi tratti dal libro "L'Arpenteur" (L'Agrimensore), inedito in Italia. Anche qui tradizione e modernità si intrecciano solidamente, i richiami di matrice simbolista si annodano su un moderno tessuto di poesia in prosa, in immagini immediate e sibilline insieme. L’Arpenteur
L’abîme croît au jour suivant ; il définit l’austérité. Dans mes allées, je sais l’écueil des joies soudaines. Nourri d’herbe et de pacotille, j’ai l’air réticent des bergers d’hiver. J’appréhende l’outrage, les saignées vives sur l’écorce. Ma palanquée de mots goûte la Terre, l’Homme… Arpenteur du pays connu, pétri vivant au chaud des cendres.
L’Agrimensore
L’abisso cresce il giorno dopo; definisce l’austerità. Nei miei passaggi, conosco lo scoglio delle gioie improvvise. Alimentato d’erba e di paccotiglia, ho l’aria reticente dei pastori d’inverno. Temo l’oltraggio, le incisioni vive sulla corteccia. La mia carriolata di parole assapora la Terra, l’Uomo... Agrimensore del paese conosciuto, impastato vivo al calore delle ceneri.
Continua a leggere "Parole in coincidenza 4: Olivier Bastide tradotto da Martha Canfield"
Mercoledì, 19 maggio 2010
Elia Malagò è nata a Felonica Po, in provincia di Mantova nel 1948. Ha vissuto a lungo a Bologna, dove si è laureata con Ezio Raimondi, e attualmente vive a Mantova, impegnata in attività didattiche legate alla poesia e alla scrittura creativa. Ha lavorato per la casa editrice di poesia di Giampaolo Piccari Forum - Quinta generazione dalla fine degli anni Sessanta al 1994, curando, oltre alla rivista, testi e antologie poetiche. E’ consulente di Festivaletteratura. Ha pubblicato numerose raccolte di poesia tra cui Ci dev'essere un posto (Firenze 1967), Saranno gli altri a testimoniare (Forlì, 1968), I discorsi di sempre (1970) con cui ha ottenuto il Premio Cervia, Una carta di re a cavallo (1971) Premio Città di Vita, Di un'impossibile maturità (1975), Buffa sonagliera (1978), Pita pitela (1982), Pirata dentro (1985) Maree (1986), Soprav(v)ento (1996). Di pari passo con l’attività poetica, ha espresso i temi della memoria, degli affetti originari e della vita contadina nella sua produzione narrativa, tra cui ricordiamo: Dieci racconti - gente del fiume (1968), La casa grande (1975), L’ombra ripresa. Quest'anno è uscito presso Passigli Incauta solitudine, la sua ultima raccolta poetica.
I testi che ripropongo sono tratti da raccolte note e del tutto reperibili in rete. Non è quindi proporre il nuovo che mi interessava, quanto rammentare il lavoro di una autrice di gran rilievo e in piena attività, per quanto estremamente riservata, ed invitare ad andare a rileggersela. Quest'anno è uscito presso Passigli "Incauta solitudine", il suo ultimo lavoro che raccoglie le poesie del decennio 1999-2009, dopo una assenza editoriale di circa quattordici anni da "Soprav(v)ento", uscito presso Gazebo di Firenze nel 1996. Nell'attesa di poter pubblicare (spero) qualcosa dall'ultimo libro, ecco qui testi tratti sia dal citato "Soprav(v)ento", sia da "Pita Pitela", apparso per la prima volta nel 1982 per Forum/Quinta generazione e riproposto da Feaci Edizioni nel 2008. Due libri, aggiungerei, in cui è possibile trovare una rara concentrazione di testi di alto valore poetico, e più strutturati e organici di quanto possa sembrare da questa selezione.
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Domenica, 16 maggio 2010
Il terzo incontro (v. i precedenti al tag "parole in coincidenza") con i lavori prodotti dalla esperienza di interscambi poetici tra Francia (Scriptorium di Marsiglia) e Italia (Accademia del Ceppo di Pistoia, Rivista Semicerchio e altri) è in realtà un rimando a una anticipazione avvenuta su questo blog il 23 ottobre 2009, per gentile concessione del traduttore. Si tratta di testi di Martha Canfield, saggista, poetessa, traduttrice e docente universitaria fiorentina, che Olivier Bastide ha vòlto in francese. Tre liriche scritte in tempi diversi, in cui l'elemento onirico, la malinconica osservazione della natura o di una città come Venezia che della natura è parte, la ricerca di una musica insita nei semplici eventi, il tratto leggero, accompagnano un io periferico e nascosto in una sua lieve meditazione.
Giovedì, 13 maggio 2010
Quando si parla di Hart Crane (1899 - 1932) ci si deve riferire ad una della figure poetiche più eminenti del '900 americano. Rappresentante del Modernismo americano, influenzato da Eliot e Pound (e dall'Imagismo) e attraverso di loro anche dai simbolisti francesi, Crane ha continuato a sua volta ad influenzare poeti e artisti, da Edmund Wilson a William Carlos Williams, da Marianne Moore a Allen Ginsberg fino a John Berryman e Robert Lowell, e perfino un pittore come Jasper Johns e critici come Harold Bloom. I testi qui pubblicati, nella traduzione di Roberto Sanesi, appartengono alla sua prima raccolta, White buildings, apparsa nel 1926. Ma il suo capolavoro, a cui ci si deve rivolgere per avere una piena visione della sua arte, è il poema The Bridge (Il ponte), del 1930, in cui il Ponte di Brooklyn diventa simbolo quasi epico di slancio positivista verso il futuro, di elemento dinamico di congiunzione con il passato, di tensione - anche drammatica - tra natura e opera dell'uomo, tra America vecchia e nuova.
Per altre informazioni sull'autore v. Hart Crane: Biographical Sketch (in inglese)
Leggenda
A Waldo Frank
Silenti come si crede che sia silente uno specchio le realtà nel silenzio si tuffano, vicino...
Non sono ancora pronto al pentimento; né a accendere rimpianti. Poiché la falena altro non curva che la fiamma immobile implorante. E i baci tremolanti nei fiocchi bianchi che cadono, — sono le sole cose, fra tutte, che abbiano valore.
Si possono imparare — questa scissione, questo bruciare, ma solo da chi intenda di nuovo consumarsi.
Due volte e ancora due volte (ancora il fumante souvenir, eidolon sanguinante!) eppure ancora. Finché la logica splendente sia vinta senza sussurri, come si crede sia uno specchio.
Poi goccia a goccia caustica un perfetto pianto come da uno strumento a corda leverà un'armonia costante, — un salto inesorabile per tutti quelli che spingono la leggenda della loro giovinezza nel pieno del meriggio.
Legend
To Waldo Frank
As silent as a mirror is believed Realities plunge in silence by ...
I am not ready for repentance; Nor to match regrets. For the moth Bends no more than the still Imploring flame. And tremorous In the white falling flakes Kisses are,— The only worth all granting.
It is to be learned — This cleaving and this burning, But only by the one who Spends out himself again.
Twice and twice (Again the smoking souvenir, Bleeding eidolon!) and yet again. Until the bright logic is won Unwhispering as a mirror I believed.
Then, drop by caustic drop, a perfect cry Shall string some constant harmony,— Relentless caper for all those who step The legend of their youth into the noon.
Continua a leggere "Hart Crane - da Edifici bianchi (White buildings)"
Sabato, 8 maggio 2010
Secondo appuntamento con i lavori di traduzione scaturiti dall'incontro tra poeti francesi e italiani durante il gemellaggio avvenuto a Pistoia nella scorsa primavera. In questo caso un testo di André Ughetto reso in italiano da Paolo Fabrizio Iacuzzi, un brano di sapore romantico o elegiaco, giocato ancora sul tema di una malinconia sfumata, di una memoria del passato ricreata intellettualmente, di una distanza incolmabile. Per le note sugli autori rimando al post precedente
Promenade à la villa d’Hadrien
Nous étions vivants et nos plaisanteries fusaient parmi les ruines et sous les arbres par les siècles accrus.
Très patiemment Nature a modelé des monts sur la forme d’anciens palais.
Eaux vertes du Canope j’imagine la grandeur en ne fixant que des reflets
Ô yeux, combien fallut-il parcourir livres et chartes pour revêtir de leur chair de marbre les os du temps !
André UGHETTO
*** *** ***
Passeggiata a Villa Adriana
Eravamo vivi e le nostre battute sprizzavano fra le rovine e sotto gli alberi accresciuti dai secoli
Con gran pazienza la Natura ha modellato monti sopra la forma d’antichi palazzi
Verdi acque del Canopo mi figuro la grandezza mentre fisso appena dei riflessi
Occhi miei, quanti libri e carte doveste percorrere per rivestire della loro carne di marmo le ossa del tempo!
Trad. Paolo Fabrizio IACUZZInel prossimo appuntamento Dominique Sorrente traduce Maura Del Serra
Mercoledì, 5 maggio 2010
L'elevata temperatura che caratterizza questi primi versi editi di Dario Villa sembra porlo in una suggestiva zona d'incontro tra espressionismo tedesco, beat generation, Dylan Thomas e certe recenti e ormai diffuse esperienze neoromantiche del tipo di quelle ospitate sulle pagine della giovane rivista « Niebo ». Qualcosa, insomma, che spesso naviga con acume e intelligenza tra Stati Uniti e India, tra rock e Mahler. Niente di strano, dunque: un'atmosfera, un volto del presente, del nostro metallico presente, secondo il filtro, l'invenzione, l'ironia e l'autoironia di chi non ha difficoltà a dire « so di non essere in fondo / che un essere autobiografico ». Un humour che preserva Villa da ogni caduta, una vivacità controllata da una robusta cultura che gli permette di esprimersi sempre a un livello di europeo buon gusto. In altre parole, Villa si fa conoscere attraverso uno stile senza impacci e conosce le norme di un suo esatto codice retorico, senza disdegnare le tinte forti né quel tanto di simpatica gestualità che ravviva il gioco, con il minimo d'orrore che la scena impone.
(questa nota, posta in apertura alla prima uscita a stampa di questi versi di Dario Villa avvenuta nel 1980, è probabilmente attribuibile a Giovanni Raboni, uno dei suoi primi estimatori e autore di un appassionato necrologio alla morte di Villa, avvenuta nel 1996)
Continua a leggere "Dario Villa - Lapsus in fabula"
Lunedì, 3 maggio 2010
Ricevo da Fabiano Alborghetti e pubblico volentieri:
è nato LA VOCE DI GWEN, l’unico programma di diffusione della poesia (ma non solo) in una Web-radio svizzera.
Dagli studi di Radio Gwendalyn (o più familiarmente Radio Gwen) di Chiasso, ogni Lunedi dalle ore 20.00 un’ora è dedicata alla diffusione
della poesia in lingua italiana.
Il format prevede una prima parte, “La voce di Gwen”, dedicata ad una voce della poesia contemporanea con letture di testi alternati ad un percorso
esplicativo sulla poetica dell’autore affrontato.
Seguono le rubriche “A parer nostro”, consigli di libri di narrativa scelti dalla redazione e “A me gli occhi”, consigli di libri di poesia per voce di
svariate librerie del Cantone Ticino, interpellate appositamente.
Quando possibile, LA VOCE DI GWEN lascia lo studio e registra dal vivo, come è stato con Alberto Nessi o per la prima presentazione mondiale del nuovo
libro di Laura Pariani “Milano è una selva oscura” uscito nel 2010 per Einaudi.
Ogni puntata è poi riascoltabile nella sezione Podcast ed ascoltabile ovunque, con disponibile una breve scheda informativa dell’autore, tutti i libri
affrontati, la tracklist completa dei brani musicali che accompagnano l’emissione e con i link attivi per una immediata lettura o ascolto per andare
oltre oltre il confine della puntata.
Nota tecnica:
Radio Gwendalyn è una emittente con una programmazione settimanale (e con emissioni in diretta, differita o Podcast) e non è da confondere con
piattaforme di archivio sonoro come Radio.Sheherazade.ch
LA VOCE DI GWEN è la prima Web-radio della svizzera italiana entrata a far parte della associazione ASROC (Association Suisse des Radios Online et du Cable) ed è
l'unico programma di diffusione della poesia in una Web-radio svizzera
Ideatore e conduttore del format è Fabiano Alborghetti (www.fabianoalborghetti.ch), poeta,
critico e organizzatore di eventi culturali,
Co-conduttore è Raffaele Sanna che firma la scelta degli intermezzi musicali nonchè dei volumi di narrativa presentati.
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