Giovedì, 13 settembre 2007
La Gru, mi dice l'amico Davide Nota, rinasce. Ne sono felice, meglio una rivista in più che una in meno, in questa palude che lui stesso e i suoi compagni denunciano. Una rivista con un programma impegnativo e con riferimenti culturali da far tremare i polsi, da Gramsci a Pasolini, da La Voce a Officina. Non so se La Gru corrisponda a quella linea locale, marchigiana o meno, di cui abbiamo già parlato con Davide su questo blog, ma spero vivamente (e ho ragione di credere) che corrisponda ad una linea editoriale. L'elenco dei redattori e dei collaboratori mi sembra offra ampie garanzie. La seguiremo con attenzione.
Ne approfitto per qualche piccola considerazione su nascita morte e risurrezione al tempo della rete.
Che ci sia un'araba fenice (che invece è una gru) risorgente dalla proprie ceneri è un fatto positivo, tanto più che le ceneri, da quel che è dato capire, erano più di tipo per così dire ambientale che ideologico e programmatico e culturale (e basta leggere sia la raccolta dei numeri usciti fino alla sospensione, sia l'antologia "Scorie contemporanee" per farsene una consistente idea)
La rete (è di questa che si parla) è un ambiente mutevole. Me ne accorgo quando faccio una revisione dei miei link. Ci sono anche sparizioni, più o meno dichiarate. Ciminiera, ad esempio, di Davoli, Del Sarto e altri, che pure aveva una sua poetica (trovo ancora interessante e niente affatto superato, ad esempio, un articolo/editoriale - se volete lo trovate qui - in cui si sosteneva la ricerca di un io non passivamente lirico, che parte dal vissuto e dall'esperienza per rivelare un senso del mondo più universale e quindi di tutti). Oppure Scritti inediti, sito davvero ben fatto, che dopo sei anni di attività, si è congedato con un malinconico "arrivederci ragazzi", e non sappiamo se questo arrivederci è l'annuncio di una nuova fenice. O anche Pseudolo, attento a linguaggi anche non verbali o di confine (l'ultimo "numero" era dedicato all'osceno), che dopo due anni di inattività non esiste più nemmeno come pagina fantasma. Oppure ancora L'Attenzione, iniziativa con una proposta forte e ideologicamente connotata nata intorno a un nucleo di poeti e intellettuali di rilievo, che ritiene di doversi dare, come nelle relazioni amorose, una pausa di riflessione a tempo, per ora, indeterminato. Ci sono poi blog che chiudono i battenti o chiudono i commenti, con scelte che vanno da "io non ritengo di dovermi più esprimere in questa forma" a "io mi esprimo, dico la mia, e non mi interessa il dibattito o la vostra opinione", con tutte le sfumature intermedie. Il che potrebbe testimoniare a favore della non necessità della critica, ma anche di un ripiegamento verso aree sempre più private del fare cultura, oppure ancora del bisogno di una "sospensione del flusso. o di (altre, e intermittenti) scritture, laterali rispetto al flusso" (M.Giovenale, v. qui)
Su un versante apparentemente opposto troviamo blog o siti che si collettivizzano, che sono pluriautoriali e che a volte accolgono alcuni di quelli che hanno chiuso la gestione in proprio. Gli effetti sono i più diversi: da un punto di vista informativo si riscontra una offerta diversificata, anche nello stesso giorno, di post: post di cui tuttavia si può dire che, all'interno del blog/contenitore, rappresentano posizioni poetiche, ideologiche, intellettuali spesso assai interessanti ma altrettanto spesso del tutto individuali e che raccolgono commenti sostanzialmente acritici. In questo niente di male, ma personalmente ho qualche dubbio sulla eventualità che ne esca una linea editoriale o una poetica, preventiva o successiva che sia. Non dico che questo sia necessario, ovviamente, e neanche voglio fare un discorso serioso sulla materia. Anzi riconosco in tante di queste esperienze una motivazione passionale, una visione forse un pò romantica della poesia come forza vitale che va comunque rispettata. Mi domando però se alcune aggregazioni rispondano più a certe affinità extraculturali, a certe ipotetiche comunità piuttosto che al bisogno di identificarsi in un progetto. E' altrettanto ovvio che ci sono invece realtà con una personalità evidente (Nazione indiana, Dissidenze i primi che mi vengono in mente, ma ce ne sono altri) non solo dal punto di vista culturale ma anche più in generale politico, di analisi non unicamente del letterario ma anche del sociale. Sono forse i siti che più si avvicinano a quella idea allargata di cultura come area di intervento dell'intellettuale "militante" (termine da rivedere) a cui mi pare alluda l'editoriale de La Gru.
Paradossalmente quelli che più possono permettersi una certa progettualità o almeno il perseguire un discorso sono coloro che fanno da sè o quasi, magari con un pò di appassionata fatica. Ce ne sono parecchi, e non vorrei dispiacere qualcuno, ma citerei Liberinversi, Universo Poesia, La costruzione del verso, Blanc de ta nuque, non solo per il panorama sulla poesia che hanno sempre offerto, ma anche per la riflessione che talvolta hanno rivolto alle dinamiche della rete e allo stesso blog come medium. E' certo però che ciascuno di questi solitari editori di sè stessi non può che portare avanti la sua "propria" poetica, la "sua" linea editoriale. In questo senso sono autori, ma in questo stesso senso non possono poi alla fine non confrontarsi con altri e, si spera, cercare di rinvenire con altri un moto di sviluppo o almeno di "resistenza" culturale. Da questo punto di vista un lavoro di mappatura delle voci e delle tendenze, come quello iniziato (ma non sviluppato) da Christian Sinicco mesi fa, può essere utile per superare almeno in parte l'handicap della frammentazione delle esperienze.
Perchè in fondo la questione mi sembra questa: questo nascere e morire, aggregarsi e disaggregarsi, disperdersi nel flusso concitato ma superficiale dei commenti che riproduce il frettoloso vivere quotidiano è un segno di vitalità? Non ne sono sicuro. O è l'espressione di un individualismo fortemente difeso anche nelle situazioni potenzialmente più produttive? Forse. Comunque sia credo che esista la necessità di rallentare, riflettere, meditare sui risultati, affinare i mezzi critici, selezionare i temi (e portarli fino in fondo). Perchè l'antagonista della capacità di progettare è il quotidiano, il rapsodico. Difficile, se non impossibile, inventare un movimento, imporre una poetica, nel rapsodico e nell'individuale. In essi, nella parcellizzazione del pensiero, nella chicca intellettuale, rischia di innestarsi quell'epigonismo che qualche critico paventa (e qualcun'altro addirittura addebita all'intera produzione poetica italiana degli ultimi decenni).
E alla fine, di cessare succederà a tutti, ma con la piccola aggravante che in rete non ci sarà, temo, nessuna Biblioteca Nazionale in cui reperire qualche fascicolo polveroso di Solaria o di Lacerba. Cerchiamo almeno di usare al meglio il mezzo, in tutte le sue potenzialità la maggiore delle quali è la capacità di accorciare le distanze, di permettere un lavoro asincrono su progetti condivisi e così via. Ricordandoci sempre comunque che è un mezzo.
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